jeudi 29 février 2024

 

Luci in fondo al tunnel: un volto nuovo  marzo 2021

         Assieme a quello della prima comunione, il primo giorno di scuola è un atto solenne per ogni bimbo che si rispetti: segna il suo primo passo in società! Da piccolo ometto fa le prime amicizie, si confronta con i coetanei, fraternizza con essi e, a volte, torna a casa con qualche occhio livido perché, magari, ha cercato di «correggere» qualche punto di vista diverso dal suo: già sogna, per caso, di divenire un uomo politico? A tu per tu con i compagni diventa a poco a poco cittadino del mondo: in perfetta sintonia di contatti umani e nella bellezza di quella comunicativa armonia con cui si sono andate formando le varie società…almeno fino a qualche anno fa.

         Il coronavirus, purtroppo, è venuto a scombussolare pure questo sereno cammino che ha permesso all’umanità di educarsi nel tempo: la pandemia ad esso dovuta è divenuta, tra l’altro, la mamma della didattica a distanza. Un nuovo insegnamento questo che ha portato di certo un qualche sbandamento nell’equilibrio mentale dei nostri adolescenti e dei nostri giovani. Niente più contatti fisici, niente più sguardi complici, niente più combriccole amichevoli, niente più socializzazioni per stare insieme ed acquisire nuove esperienze di vita, niente più lezioni in classe per nutrire la mente ed educare il loro animo di futuri cittadini; addio innocenti flirt d’amore, addio romantica pansè affidata alle pagine di un vecchio libro di latino. Il covid 19 è venuto a sgretolare i gruppi scolastici e a distanziare i giovani sempre più assetati di compagnia e di costruttiva collaborazione; è giunto a dare una svolta alla crescita della stessa società e a prospettare una nuova visuale all’assestamento stesso dell’indomani dell’uomo. L’interagire scolastico si vede relegato nello schermo di uno strumento telematico, l’apprendimento collettivo si è ridotto ad arricchirsi di nozioni in solitaria calma e silenziosa tranquillità. Lo studente ormai è costretto a rinunziare al pratico e al tangibile; d’ora in poi deve rifugiarsi nell’intimità del virtuale: usanza, questa, alquanto inusuale…almeno fino a qualche anno fa!

         La scuola prepara alla vita, anzi è sempre stata maestra di vita e continuerà ad esserlo anche in appresso. Ciò premesso, e soprattutto visto i tempi che corrono, mi faccio una domanda: «Una volta che sconfiggeremo il nemico -e lo faremo senz’altro- e i nostri visi si sbarazzeranno una volta per tutte di questa soffocante mascherina, quale sarà il volto della nuova società allorché si rimirerà nello specchio delle nuove abitudini, anche in conseguenza di questo imprevisto e nuovo metodo di insegnamento e alla luce di questa rinnovata modalità di preparazione alla vita»?  

Luci in fondo al tunnel: la speranza   marzo 2021

         Dal vagito al rantolo è la speranza a fare da colonna sonora alla nostra esistenza. Lieto di vederci nascere ognuno spera per noi una miriade di cose belle; al momento in cui due giovani sposi salgono l’altare ognuno augura loro una famiglia serena e ricca di prole; quando si ode nell’aria un triste rintocco di campana ognuno prega Iddio di accogliere il trapassato nei regni della pace eterna. E mille e mille altre sono le rosee speranze che accompagnano i passi del nostro cammino terreno e ci incoraggiano ad andare avanti anche a costo di inciampi ed ostacoli da superare. Cosa dire mai della speranza in questo sconfortante periodo di covidianità? È da quando è apparso il virus che essa è divenuta la nota di sottofondo di ogni nostro pensiero e il ritornello di rito in attesa dell’accorato «ritornerà il sereno». Segregati in quarantena, isolati in zone rosse, chiusi in casa per il coprifuoco è stata solo la speranza a consolare la mancanza di abbracci e a riempire il vuoto di esseri cari; e, purtroppo, è ancora essa a dare ossigeno ai nostri respiri soffocati dalle mascherine e a farci intravedere ancora sogni da cullare e desideri da realizzare in attesa del Te Deum da intonare allorché raggiungeremo la fatidica luce in fondo al tunnel.

         Sembra che dal vaso di Pandora sia saltato fuori un estremo malanno ad affliggere il genere umano; fortunatamente la speranza, ultima dea, era lì anch’essa a dare un senso al nostro futuro. Intanto, noi uomini, come lo abbiamo gestito questo sentimento che ci sprona ad affrontare l’avvenire? La speranza, purtroppo, è pur sempre un termine astratto e a mio avviso è il rovescio della medaglia del destino perché siamo noi gli unici artefici del nostro domani. La speranza, al pari del destino, non cammina al posto nostro; essa si limita ad affiancare i nostri passi lungo i sentieri della vita. Nel caso specifico dell’attuale pandemia ci sono stati suggeriti dei punti da rispettare onde evitare il peggio: uso della mascherina, igiene personale, isolamento, coprifuoco ed altro ancora. Laddove queste regole sono state rispettate abbiamo dato anche noi un colpo di mano alla speranza per farci intravedere un sereno futuro all’orizzonte; laddove, invece, queste prescrizioni sono state prese sotto gamba siamo stati ugualmente noi ad ostacolare il compito della speranza, liberata dal vaso per prospettarci tempi migliori…ma sempre grazie alla nostra collaborazione! Anche nel caso di una normale malattia, se il medico curante ci prescrive delle cure e noi  non le rispettiamo, possiamo mai nutrire la «speranza» di guarire? Ugualmente in questo tempo di pandemia, se vogliamo realmente far tornare il sereno sul nostro capo affidiamoci e rispettiamo i suggerimenti di chi si prodiga per la salute del genere umano. In questo tempo di meditativa covidianità mi è passato spesso per la testa il pensiero che quando Dio creò il mondo non gli diede una data di scadenza; gli prescrisse soltanto dei ricostituenti geologici per potersi rigenerare. E questo covid 19 è appunto una ulteriore «divina ricetta» medica che permetterà all’uomo di continuare il suo cammino sulla terra!


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