In lavorativa covidianità
Scongiuri di rito ed amuleti di buona fortuna
alla mano onde evitare un’eventuale seconda ondata del covid 19, sembra quasi
che le lancette dell’orologio stiano pian pianino riprendendo il loro
quotidiano ticchettìo intorno al mondo. Intanto bene o male già ci siamo quasi
adattati a quelle nuove modalità di vita che il virus ci va imponendo; ed
infatti sono già parecchie le nuove normalità a cui ci stiamo assuefacendo per
camminare sottobraccio alla covidianità.
Naturalmente uno scossone di vasta portata lo sta subendo di
certo il settore lavorativo: manuale, di concetto o digitale che sia. Le
fabbriche ancora non si riprendono, il mondo dello spettacolo è ridotto al
minimo e in tutti gli altri settori o ci si arrangia o si arranga. Comunque in
nessun posto di lavoro il buon giorno del mattino, il saluto della chiusura, le
pause caffè o la sosta pranzo sono come quelli, lieti e spensierati, dell’anti
covid. Si fa di tutto per rimettersi in sesto, ma l’umore collaborativo e il
contatto fisico di una volta sembrano quasi essere stati messi sotto gamba dal
lavoro a distanza. Si lavora per la stessa impresa, ma non ci si può guardare
in faccia, non ci si può scambiare sguardi di complice sostegno né, tantomeno,
sentirsi uniti dalla soddisfazione di collaborare tutti insieme lì, presenti in loco. In poche parole va sempre più prendendo
piede il telelavoro, che prima della pandemia era appannaggio di pochi eletti
privilegiati. Ma quello che è più preoccupante è come gestire in sanitaria
sicurezza quei lavori prettamente manuali che, magari, richiedono anche una
collaborazione gomito a gomito. Il virus si è già messo alle spalle la prima
metà di questo sconcertante 2020 e intanto l’uomo si chiede ancora che ne sarà
del nostro immediato domani ed anche di quello più lontano: che scia lascerà
nel futuro questo drammatico presente? C’è all’ordine del giorno una nuova
normalità, una diversa maniera di agire a cui adattarsi per poter sopravvivere:
saprà, l’uomo, travare la giusta via per continuare il cammino? È preparato ad
affrontare questo differente modus vivendi?
Ma vogliamo ritornare per un momento indietro nel tempo? Anche
in passato ci sono stati dei momenti che ci hanno dato delle preoccupazioni
economiche. Ricordo, negli anni 70, lo sbarco in fabbriche ed aziende di robot
e mezzi computerizzati: erano macchinari che potevano rimpiazzare la manodopera
di più lavoratori e, quindi, avevano la capacità di aumentare gli introiti
diminuendo le paghe e di mettere, di conseguenza, gente sul lastrico! E quale
gente finiva sul lastrico? Le vecchie manovalanze che,
sebbene esperte e competenti, non erano pertanto in grado di familiarizzare con
i nuovi congegni della tecnica moderna. Intanto, col tempo, quegli allarmi di
allora si sono andati man mano attutendo ed ognuno si è automaticamente assuefatto
a quel nuovo fare che, ormai oggi giorno, è anch’esso invecchiato. In quel
frangente ebbi a scrivere in qualche mio componimento che, forse, l’uomo «per
suo danno il suo progresso impasta» ed in un altro punto che «avvantaggiando il
futuro dell’umanità, spesso il progresso rovina il presente dell’uomo». Cabala
o non cabala, corsi e ricorsi storici che dir si voglia, mi sembra che si tenta
spesso di assestare l’economia mondiale favorendo le fulve chiome giovanili e
quelle dorate delle genti mature a scapito di quelle argentate della canizie
senile. Non è giunta anche al vostro orecchio la teoria del ringiovanimento
della specie umana per ristabilire un giusto equilibrio nell’economia sociale?
A tale proposito un bel
bravo a te, uomo: quanto sei grande! Dopo essere riuscito a creare la vita in
vitro, adesso vai anche rimproverando Iddio per aver messo troppa gente sulla
faccia della terra!