samedi 19 septembre 2020

 

In lavorativa covidianità      

        Scongiuri di rito ed amuleti di buona fortuna alla mano onde evitare un’eventuale seconda ondata del covid 19, sembra quasi che le lancette dell’orologio stiano pian pianino riprendendo il loro quotidiano ticchettìo intorno al mondo. Intanto bene o male già ci siamo quasi adattati a quelle nuove modalità di vita che il virus ci va imponendo; ed infatti sono già parecchie le nuove normalità a cui ci stiamo assuefacendo per camminare sottobraccio alla covidianità.

       Naturalmente uno scossone di vasta portata lo sta subendo di certo il settore lavorativo: manuale, di concetto o digitale che sia. Le fabbriche ancora non si riprendono, il mondo dello spettacolo è ridotto al minimo e in tutti gli altri settori o ci si arrangia o si arranga. Comunque in nessun posto di lavoro il buon giorno del mattino, il saluto della chiusura, le pause caffè o la sosta pranzo sono come quelli, lieti e spensierati, dell’anti covid. Si fa di tutto per rimettersi in sesto, ma l’umore collaborativo e il contatto fisico di una volta sembrano quasi essere stati messi sotto gamba dal lavoro a distanza. Si lavora per la stessa impresa, ma non ci si può guardare in faccia, non ci si può scambiare sguardi di complice sostegno né, tantomeno, sentirsi uniti dalla soddisfazione di collaborare tutti insieme lì, presenti in loco. In poche parole va sempre più prendendo piede il telelavoro, che prima della pandemia era appannaggio di pochi eletti privilegiati. Ma quello che è più preoccupante è come gestire in sanitaria sicurezza quei lavori prettamente manuali che, magari, richiedono anche una collaborazione gomito a gomito. Il virus si è già messo alle spalle la prima metà di questo sconcertante 2020 e intanto l’uomo si chiede ancora che ne sarà del nostro immediato domani ed anche di quello più lontano: che scia lascerà nel futuro questo drammatico presente? C’è all’ordine del giorno una nuova normalità, una diversa maniera di agire a cui adattarsi per poter sopravvivere: saprà, l’uomo, travare la giusta via per continuare il cammino? È preparato ad affrontare questo differente modus vivendi?

       Ma vogliamo ritornare per un momento indietro nel tempo? Anche in passato ci sono stati dei momenti che ci hanno dato delle preoccupazioni economiche. Ricordo, negli anni 70, lo sbarco in fabbriche ed aziende di robot e mezzi computerizzati: erano macchinari che potevano rimpiazzare la manodopera di più lavoratori e, quindi, avevano la capacità di aumentare gli introiti diminuendo le paghe e di mettere, di conseguenza, gente sul lastrico! E quale gente finiva sul lastrico? Le vecchie manovalanze che, sebbene esperte e competenti, non erano pertanto in grado di familiarizzare con i nuovi congegni della tecnica moderna. Intanto, col tempo, quegli allarmi di allora si sono andati man mano attutendo ed ognuno si è automaticamente assuefatto a quel nuovo fare che, ormai oggi giorno, è anch’esso invecchiato. In quel frangente ebbi a scrivere in qualche mio componimento che, forse, l’uomo «per suo danno il suo progresso impasta» ed in un altro punto che «avvantaggiando il futuro dell’umanità, spesso il progresso rovina il presente dell’uomo». Cabala o non cabala, corsi e ricorsi storici che dir si voglia, mi sembra che si tenta spesso di assestare l’economia mondiale favorendo le fulve chiome giovanili e quelle dorate delle genti mature a scapito di quelle argentate della canizie senile. Non è giunta anche al vostro orecchio la teoria del ringiovanimento della specie umana per ristabilire un giusto equilibrio nell’economia sociale?

        A tale proposito un bel bravo a te, uomo: quanto sei grande! Dopo essere riuscito a creare la vita in vitro, adesso vai anche rimproverando Iddio per aver messo troppa gente sulla faccia della terra!