samedi 20 mai 2023

 Respirare

Su nel tempo al mio paese c’era un simpatico vecchietto che, quando gli chiedevano cosa facesse, rispondeva: «Rifiato per non morire!»…e non penso affatto che volesse parafrasare il cogito ergo sum di Cartesio. Respiro per non morire: quanta saggezza in detta risposta e a  quanta meditazione ci potrebbe invitare e quante riflessioni si potrebbero sviscerare da queste semplici parole del tutto normali, quasi banali, ma anche tanto profonde e dense di significato.

Ed allora, come prima considerazione, il caro nonnino con un pizzico di ironico sarcasmo voleva spiattellarci in faccia il più puro e limpido principio di vita: la cosa più essenziale di cui si ha bisogno per vivere è il respiro e nient’altro di più! E difatti dentro cosa ci aggiriamo qui su terra per campare? Ci spostiamo dentro l’aria «nutrendoci» di ossigeno: senza aria e senza ossigeno soffocoremmo! Il busillis vitale del nostro anzionotto era, quindi, il respiro, prima ancora della salute, del lavoro, del cibo e di quant’altro di utile e necessario alla nostra esistenza.

Praticamente voleva quasi dire che per realizzarci come  esseri viventi dobbiamo rimetterci nelle mani della natura nuda e cruda, senza scervellarci più di tanto ad andare in cerca di cose superflue e magari anche costose, ma che a conti fatti non ci rendono affatto più felici e soddisfatti così come le esigenze sociali sempre più all’avanguardia vorrebbero farci credere. Soffermiamoci seriamente sull’utile  necessità del respiro come fulcro essemziale della nostra esistenza, dando ad ogni altro nostro bisogno solo il valore e l’importanza che meritano affinché la nostra routine quotidiana non ci venga intasata da fatue  priorità che, magari, potrebbero nuocere alla tranquillità e alla serenità del nostro vivere.

Ma la parola fiato non richiama pure alla vostra mente delle espressioni come «alito divino» e «soffio di vita»? Comunque considerando che essa, la vita, è meravigliosamente semplice così com’è, perché mai, di tanto in tanto, ci facciamo prendere dall’estro del progresso…per complicarla?!

mercredi 3 mai 2023

 

Saper convivere   

Correva l’anno 33 d.C. allorché nella caput mundi imperava Tiberio che non diede troppa importanza, o forse non seppe nemmeno, ciò che succedeva nel sinedrio di Gerusalemme quel fatidico «venerdì santo» in cui fu eseguita la condanna alla morte in croce di Gesù Cristo, il figlio di Dio fattosi uomo per redimere il genere umano: e se così non fosse avvenuto noi uomini non saremmo mai stati liberati dal peccato originale dei nostri progenitori. Una sentenza ignominiosa ed ingiusta per una morte redentrice; un verdetto insensato tanto inaccettabile quanto, pertanto, benefico.

E quel crocifisso lì per anni e secoli è stato simbolo di fede, di pace e di giustizia; e quel crocifisso  lì per anni e secoli è stato un invito al perdono, al volersi bene, a rispettarsi, a saper convivere; e quel crocifisso lì per anni e secoli è rimasto appeso alle pareti di scuole ed aule magne, di uffici comunali e luoghi pubblici, di chiese e di edifici sacri per «predicarci» silenziosamente la collaborazione, il rispetto reciproco, il darsi la mano, il sentirsi fratelli, il comportarsi per bene. E sì, quel crocifisso lì tutto questo lo insegna ancora finché noi uomini non ci mettiamo una mano sulla coscienza e non ci riscontriamo anche noi in quella marea di gente che la domenica prima lo osannò e il venerdì seguente, abilmente  manipolata, lo mise in croce.  

Intanto è rimasto lì appeso a pareti e muri di somma importanza sociale per duemila e rotti anni senza mai dare fastidio a nessuno. Neanche gli ebrei hanno portato il muso a credenti e cattolici a causa di quella sua presenza lì; né mai nessuno ha avanzato l’assurda pretesa di staccarne il chiodo e far cadere per terra quel pezzo di storia universale, appannaggio di tante ideologie religiose e del retaggio di svariate genti sul globo.

Inaudita e vergognosa la condanna a morte dell’uomo giusto là sul Golgota; preziosa ed edificante la presenza di quel crocifisso appeso, per anni e secoli, nelle sale di Enti pubblici e luoghi di culto: un invito silenzioso al perdono, alla fratellanza, all’umanità. Poiché omne trinum est perfectum, eccoti arrivato l’uomo del terzo millennio a far cadere giù, in un solo istante, anni di storia, di fede, di valori umani densi di tanta spiritualità redentrice!