mercredi 3 mai 2023

 

Saper convivere   

Correva l’anno 33 d.C. allorché nella caput mundi imperava Tiberio che non diede troppa importanza, o forse non seppe nemmeno, ciò che succedeva nel sinedrio di Gerusalemme quel fatidico «venerdì santo» in cui fu eseguita la condanna alla morte in croce di Gesù Cristo, il figlio di Dio fattosi uomo per redimere il genere umano: e se così non fosse avvenuto noi uomini non saremmo mai stati liberati dal peccato originale dei nostri progenitori. Una sentenza ignominiosa ed ingiusta per una morte redentrice; un verdetto insensato tanto inaccettabile quanto, pertanto, benefico.

E quel crocifisso lì per anni e secoli è stato simbolo di fede, di pace e di giustizia; e quel crocifisso  lì per anni e secoli è stato un invito al perdono, al volersi bene, a rispettarsi, a saper convivere; e quel crocifisso lì per anni e secoli è rimasto appeso alle pareti di scuole ed aule magne, di uffici comunali e luoghi pubblici, di chiese e di edifici sacri per «predicarci» silenziosamente la collaborazione, il rispetto reciproco, il darsi la mano, il sentirsi fratelli, il comportarsi per bene. E sì, quel crocifisso lì tutto questo lo insegna ancora finché noi uomini non ci mettiamo una mano sulla coscienza e non ci riscontriamo anche noi in quella marea di gente che la domenica prima lo osannò e il venerdì seguente, abilmente  manipolata, lo mise in croce.  

Intanto è rimasto lì appeso a pareti e muri di somma importanza sociale per duemila e rotti anni senza mai dare fastidio a nessuno. Neanche gli ebrei hanno portato il muso a credenti e cattolici a causa di quella sua presenza lì; né mai nessuno ha avanzato l’assurda pretesa di staccarne il chiodo e far cadere per terra quel pezzo di storia universale, appannaggio di tante ideologie religiose e del retaggio di svariate genti sul globo.

Inaudita e vergognosa la condanna a morte dell’uomo giusto là sul Golgota; preziosa ed edificante la presenza di quel crocifisso appeso, per anni e secoli, nelle sale di Enti pubblici e luoghi di culto: un invito silenzioso al perdono, alla fratellanza, all’umanità. Poiché omne trinum est perfectum, eccoti arrivato l’uomo del terzo millennio a far cadere giù, in un solo istante, anni di storia, di fede, di valori umani densi di tanta spiritualità redentrice!