mercredi 23 mars 2016


ANCHE  QUESTA  È  AMERICA ©

(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro Cuore)

LA DELUSIONE

       Correvano i tempi in cui l’economia del paese, seppure potesse considerarsi stabile, faceva registrare un’alternanza di alti e bassi, fortunatamente coi primi in leggero vantaggio sui secondi. Nella manifattura di Giuseppe, cioè in quella dove lavorava beninteso, i mesi di massima produzione erano quelli primaverili ed estivi. In autunno avanzato, infatti, già si avvertivano i sintomi delle vacche magre e, vuoi o non vuoi, aveva luogo pure l’increscioso compito di tagliare la monodopera col licenziamento delle pecore nere. In febbraio-marzo la musica cambiava tonalità e, con la ripresa del lavoro, si incrementava il personale con l’assunzione di nuovi elementi e si dava pure un aumento paga ai più meritevoli. Giuseppe, purtroppo, di questo privilegio extra, concesso dalla parte patronale, non ne aveva mai usufruito: si era sempre dovuto accontentare del solo aumento annuale previsto dalla convenzione sindacale.

       Quell’anno lì il lavoro aveva preso la via dell’ascesa addirittura nel mese di gennaio. A lui, intanto, a metà dicembre, quasi inaspettata strenna natalizia, era stato affidato l’incarico di magazziniere dell’azienda. Accettando l’impegno, a dire il vero, lo fece con una certa apprensione in quanto, prima di lui, già due altri prescelti lo avevano abbandonato senza che nessuno ne sapesse il perché. In realtà tenere sotto controllo ere ben sistemata tutta quella roba che entrava e usciva era qualcosa di impegnativo e stressante al tempo stesso. Non è che ci fosse molto da fare lì dentro; ma nelle ore di punta c’era veramente da scervellarsi e sapersi dimenare: dopo di che potevi anche farti un sonnellino…ma guai a te se te lo facevi per davvero! Lui, intanto, ne andava orgoglioso e fiero del posto affidatogli; l’avevano quasi pregato per farglielo accettare: gli avevano detto di aver bisogno di una persona coscienziosa e responsabile! Ne era tanto entusiasta che proprio non riusciva a capire come mai i suoi predecessori l’avessero abbandonato. Tanto per farla breve, lusingato da quell’avanzamento di grado e incoraggiato dal venticello benefico che era tornato in poppa al vascello industriale, fece un pensierino circa l’arrotondamento della sua busta paga. Fino ad allora nessuno aveva avuto qualcosa a ridire sul suo conto, ragion per cui congetturò di essere entrato anche lui nella distinta lista dei “meritevoli”.

       Ed ecco che un bel giorno, appena il manager entrò nel deposito, Giuseppe sparò il suo colpo sperando di centrare il bersaglio. L’alto dirigente intanto, senza farselo dire due volte, subito promise di andarne a parlare in ufficio. Ma, chissà come e chissà perché, erano passate due settimane e dell’aumento non si era visto neanche il colore. “Scusate, signor Alberto, -disse, chiedendo spiegazioni al manager- a proposito di quel mio aumento?!”. E l’altro ribattè: “Oh sta tranquillo! Tra giorni devo partire in viaggio d’affari col padrone: glie ne parlerò una volta fuori con lui!”. Partirono e tornarono, ma nel termometro remunerativo del nostro bravo magazziniere il mercurio non accennava a salire. Un po’ chiedendosi il perché di quella promessa non mantenuta e un po’ deluso al tempo stesso, non demorse. Anzi si propose di fare il tentativo con il padrone in persona. E che male c’era? Chi domanda non fa errori. E, poi, la faccia sarebbe stata mezza ciascuno! Così, appena gli venne fatto, risparò il colpo col proprietario dell’azienda e questi pure, lì per lì, gli diede buone speranze. Solo che qualche giorno dopo se lo vide entrare nel magazzino, lo vide guardare intorno e se lo sentì dire: “Fammi sentire, Joe; dove sono quei rotoli di materiale blu che dovevano partire…”; “Penso che dovrebbero essere -l’interruppe il magazziniere- laggiù in fondo, insieme…”; e l’altro subito lo apostrofò a sua volta: “Innanzitutto non ti pago per pensare! E, poi, come sarebbe a dire dovrebbero? Allora non hai le idee chiare tu qui dentro!”. E Giuseppe, toccato nell’intimo del suo orgoglio, restò lì annichilito senza essere capace di proferire parola. “Non si capisce più niente qui dentro!”, concluse il padrone ridando un’altra occhiata intorno e uscendo.

“Te l’avevo detto che la tua giobba non porta una grossa paga!”, commentò un amico che sapeva e aveva sentito tutto. Giuseppe intuì quale vento avesse scatenato la tempesta e si promise di non chiedere più aumento né a Caio, né a Sempronio; e come per incanto pure il magazzino si rimise magicamente in ordine perché più nessuno ebbe alcunché da obiettare. Quell’incidente gli fece realizzare pure, amara delusione, che la sua non era stata una promozione, bensì un diplomatico ripiego della ditta. Mica potevano mettere ad ammuffire lì dentro un giovanotto; né tantomeno potevano pagare, quasi per niente, un operaio provetto! Ragion per cui avevano optato per uno che, data la veneranda età, pensavano che potesse accontentarsi del minimo indispensabile e soddisfarsi del puro necessario!

mardi 8 mars 2016

ANCHE  QUESTA  È  AMERICA ©
(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro Cuore)
LA VACCA NON  DA PIÙ LATTE
       Da quando si sono ritrovati e abitano sulla stessa strada, Albano e Giuseppe non mancano mai, dopo cena, di fare la loro passeggiata serotina. Prendono una boccata d’aria, si tengono informati sull’andamento del circondario e vanno risfogliando il libro dei loro vecchi ricordi di operai. “Ti è mai rivenuta in mente -chiese Giuseppe ad Albano- la manifattura della vacca che non dava più latte?”. E l’amico rispose: “Eccome se me ne ricordo! Fu proprio per colpa di quella mia…bestia immaginaria che persi la giobba!”. Ma ecco come erano andati i fatti. I nostri due amici lavoravano insieme e, quando il lavoro scendeva in picchiata, il portoghese era solito dire ai compagni: “La vacca non da più latte. Preparatevi a partire!”. Infatti, se il calo del lavoro persisteva, c’era da aspettarselo qualche licenziamento. Comunque, anche per non farsi prendere dalla malinconia, ci si scherzava sopra e si cercava di sdrammatizzare il caso come meglio si poteva. Qualcuno se ne usciva dicendo che, secondo la teoria di suo nonno, se le vacche le sai mungere riesci a ricavare latte anche dopo l’ultima goccia. Qualche altro raccontava di quando, in casa, si macinava l’uva per fare il vino. Dopo che fermentava, si metteva a spremere la vinaccia nel torchio. La si toglieva e la si rimetteva a spremere varie volte per ricavarne quanto più vino si poteva. Dopo avercela messa l’ultima volta, la si lasciava riposare tutta la notte e l’indomani, date le ultime strette e recuperate le ultime gocce, con soddisfazione si commentava: “Hai visto? Abbiamo ottenenuto un altro mezzo bicchiere?”.
       Applicando anche detta similitudine alla manifattura in questione, quell’anno la vinaccia dovette essere stata passata al massimo sotto il torchio e la vacca dovette essere stata munta più del dovuto perché sotto la ramazza del repulisti passarono pure alcune teste di serie come Albano, per esempio; Giuseppe, fortunatamente, quella volta se la scampò per un pelo. Sotto cassa integrazione il primo, fedele portavoce il secondo, si telefonavano spesso e l’uno informava l’altro circa ogni mossa aziendale. Una volta Giuseppe comunicò ad Albano che, nonostante la penuria del lavoro, era stato comprato un nuovo macchinario per il reparto impacchettatura; una seconda volta portò a sua conoscenza che, nonostante l’indesiderata ristrettezza economica, nel reparto finizioni era stato rinnovato tutto il settore. Dette notizie erano incoraggianti in quanto lasciavano supporre che, se venivano fatte tutte quelle spese, una ripresa del lavoro non doveva tardare! Albano, dal canto suo, pur cullando in cuore una riassunzione, un colpo d’occhio qua e là lo andava gettando lo stesso, caso mai potesse trovare qualcosa di meglio. Intanto nella manifattura della vacca magra il lavoro si rimise; anzi, riprese con una marcia in più e si registrarono pure nuove assunzioni. E vi sembra che Giuseppe non facesse squillare il telefono in casa di Albano? “Ehi, tieniti pronto che presto ti richiamano: il lavoro si è rimesso e in fabbrica si vedono parecchie facce nuove!”. “E scommetto -commentò Albano a sua volta- che tutte queste facce nuove le retribuiscono pure con giusta mercede: la dovuta minima paga! E no, mio caro. Si dà il caso che abbia trovato anch’io un lavoro più rimunerativo. Che mi chiamino se vogliono: cercherò io pure di mungere la vacca come si deve!”.

       Ma ciò non avvenne mai e fu così che i due compagnoni si persero di vista, fino a dimenticarsi quasi l’uno dell’altro. Ora intanto, vecchierelli di fresco in pensione, si sono ritrovati e sono tornati ad essere i grandi compagnoni per la pelle di una volta. Anzi, dire che sono solo amici è poco. Ecco, infatti, cosa disse Angela a Flavia, la moglie del portoghese con cui stava chiacchierando sul balconato di casa, vedendo i mariti di ritorno da una loro passeggiata serale: “Arrivano, arrivano i due fidanzatini. Ci manca solo che si prendano sotto braccio…i piccioncini!”.