jeudi 19 mars 2015


Gente nostra

Ripensando alle mie esperienze di insegnante, spesso mi soffermo a rivivere quei momenti in cui alcuni miei alunni sono stati premiati in concorsi vari a cui io li ho sempre premurosamente invogliati a partecipare. Ce n’è uno in particolare che mi piace raccontarvi anche perché mi da la possibilità di meditare su quanto onesto sudore della nostra gente sono impregnate le pietre e i mattoni di tanti edifici  e costruzioni della grande Montreal.

Non ricordo più in che anno, ma una volta l’Università di Montreal bandì un concorso per giovani studenti multietnici. Il tema da svolgere era «Incontro ai nonni», ed eccovi qui di seguito lo svolgimento dell’allora mio alunno Anthony Franceschini. «Un sabato mattina a scuola si parlava di storia. Il maestro raccontava dei gruppi etnici che venivano a stabilirsi in Canada.  Ad un tratto…ho preso il volo con la fantasia, cosa che mi capita spesso! Mi sono immaginato pure io su di una nave, che si dirigeva verso il Nuovo Mondo, assieme a tutta quella gente che tanti anni fa lasciava l’Italia per venire a vivere in Canada. Stavo camminando sul ponte dell’immenso bastimento quando il capitano dava l’annunzio che in poche ore saremmo giunti ad Halifax. Erano tutti ottimisti quegli italiani sulla nave; tutti volevano cominciare una nuova vita lontani dalla guerra! Quegli emigranti erano sarti, falegnami, barbieri, muratori, ristoratori, calzolai, meccanici…tutta gente che portava usanze e tradizioni nuove da radicare in America! Col tempo si sarebbero comprata una casa e poi, con l’aiuto di Dio, si sarebbero formata una famiglia. Erano queste le speranze di quegli emigranti: una casa dove abitare con la famiglia che è la base di ogni buona società. In questa nuova terra la nostra gente si è andata scambiando abitudini e costumi con altre genti e ha pensato pure all’istruzione all’italiana dei propri figli. Ha praticato la sua fede e ha fatto conoscere la sua cultura. A Montreal, infatti, strade, parchi, edifici, monumenti, interi rioni cittadini parlano italiano. Ecco: nella mia fantasia osservo un quartiere tutto italiano…si chiama Riviere des Prairies; l’odore dei piatti casalinghi, il sapore del buon vino, le liete cene con familiari e amici, le feste patronali. Come sono stati grandi i nostri antenati per creare tutte queste cose in questa terra qui!  «Signor Franceschini, potrebbe stare attento alla lezione invece di pensare a chissà che cosa?». Uops!, mi sono fatto sorprendere a fantasticare. «Allora, dice il maestro, avete capito gli effetti dell’emigrazione italiana nella nostra società canadese?». E ci invoglia a pensare a tutti quegli italiani che si sono distinti nei vari campi delle attività sociali. Non si possono più contare: politici, industriali, commercianti, professionisti, ingegneri, imprenditori e via di seguito. Tutta gente che ha dato una grande importanza al popolo italiano all’estero. Mentre lui parla la mia fantasia riprende di nuovo il volo; ma questa volta mi porta nel futuro e mi fa vedere già grande. Emigrante del terzo millennio sto portando per mano i miei figli. Sto insegnando loro a camminare sui passi dei nonni perché, anche se la strada sembra vecchia, è ancora ricca di avvenire e di futuro. Andare incontro ai nonni, infatti, vuol dire farli continuare a vivere nelle nostre opere e nelle nostre azioni!».

Su 600 e rotti studenti provenienti da ogni dove il Franceschini vinse il primo premio! Come potete bene immaginare partecipai anch’io alla premiazione e mi recai all’università assieme al nonno del mio studente. Riaccompagnandomi a casa dopo la cerimonia mi fece il seguente discorsetto che vi riporto quasi testualmente: «Tu non puoi mai immaginare, mio caro Giuseppe, che soddisfazione e quanta emozione ho provato quest’oggi fra le mura di questa università. Oh no, non puoi mai capire cosa ho provato nel vedere un mio nipote essere premiato proprio in questo padiglione dell’università dove io ho lavorato da giovane…appena arrivato dall’Italia. Avevo solo 19 anni e ne ho portati e ne ho portati di mattoni e di secchi di calce ai mastri con cui lavoravo a quei tempi. E come mi voleva bene il capo cantiere; quasi ogni fine settimana mi regalava un cartone di sigarette!». Ed io da quel giorno là ricordandomi di quelle parole, dovunque vado e dovunque poso il mio sguardo, mi domado se le strutture che vedo intorno a me non siano anch’esse, tutte quante frutto dell’onesto lavoro di questa lodevole gente nostra che mi onoro di andare descrivendo di tanto in tanto con questa mia penna per l’italianità; rifletteteci anche voi andando in giro per Montreal: la nostra già bella città vi diventerà ancora più bella, la sua gente sempre più accogliente e la nostra stessa italianità vi apparirà più limpida e trasparente…perché ci siamo anche noi ad averla resa e a renderla tale ancora adesso!