samedi 23 avril 2016

ANCHE  QUESTA  È  AMERICA ©
(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro Cuore)
L’ABITO DA SPOSA
       Stava finalmente arrivando anche per lei il momento di coronare il suo sogno d’amore con Giuseppe. Mancavano solo alcuni mesi ed era tutta presa dai preparativi necessari affinché quello restasse veramante, nei ricordi del tempo, il giorno più bello della sua vita. E lei, Angela, non pensava ad altro che al suo vestito da sposa…lo conserva ancora adesso, dopo quasi mezzo secolo di vita in due; è un po’ ingiallito, ma nel suo cuore serba ancora  tutto il candore di quel lontano giorno.
       In manifattura, in quell’inizio anni  70, le amiche di lavoro le avevano parlato di una delle sarte di più vasto grido in città: era un po’ caruccia si, ma come cuciva lei non cuciva nessun’altra. Invogliata da quelle disinteressate referenze, la futura sposina si recò nella decantata sartoria e venne accolta con tanto di sorriso e garbatezze di circostanza: fu trattata proprio a guanti bianchi e come nemmeno una principessa poteva essere accolta meglio! Fu la titolare stessa del negozio a mostrarle i vari modelli e le differenti qualità di stoffe a disposizione. Guarda questo e guarda quello, pensa e ripensa, vedi e rivedi, tra tentennamenti, riflesioni e consigli…la scelta dell’abito fu fatta. La sarta le prese le misure e le si fece riempire un formulario di vendita che, naturalmente, le fu fatto pure firmare; nello specifico, Angela avrebbe dato un acconto quello stesso giorno e lasciato un assegno postdatato riscuotibile alcuni giorni prima della consegna, che sarebbe avvenuta qualche settimana prima del grande evento. Intanto dopo una diecina di giorni sarebbe passata per la prima prova e in appresso per altre ancora che sarebbero state fissate di volta in volta. Era stato Giuseppe stesso ad accompagnarla nella Piccola Italia quel giorno lì che le furono prese le misure e fatto firmare il contratto; anzi si era offerto a lasciare un suo assegno personale per pagare il vestito tramite il  proprio conto in banca; ma Angela non glie lo permise perché preferiva farlo con quel gruzzoletto che anch’ella aveva nella sua banca…ed in effetti sarebbe stato anche più giusto così!
       I giorni passavano e con essi  anche la creazione dell’abito andava prendendo sempre più forma e concretezza…visibili naturalmente soltanto ad Angela perché, come risaputo, porta male se lo sposo vede il vestito prima del fatidico giorno dello sposalizio; ed in effetti ad ognuna delle prove di routine la futura sposina si era recata nella boutique accompagnata da Clara, la sua migliore amica che, assieme al marito, le avrebbe fatto pure da testimone di nozze. Qualche settimana prima del grande evento, quando il vestito ormai era già bell’e pronto per la consegna, Angela ricevette una telefonata; ebbe appena il tempo di dire «hello» che subito dall’altra parte del filo le dissero secco: «Ehi, la mia bella sposina, sai una cosa? La cecca che ci hai lasciata non è passata! Se vuoi il vestito, portaci i soldi cash e te lo prendi!», e subito abbassarono la cornetta senza che la poverina potesse chiedere la minima spiegazione a riguardo; e, come si può bene immaginare, tutta sconcertata e mortificata si affrettò a fare presente il sopraggiunto inconveniete al fidanzato. Questi, dal canto suo, cercò di tranquillizzarla dicendole che l’indomani stesso avrebbe fatto un salto in banca per farsi spiegare cosa stesse succedendo. Ed in effetti il giorno dopo appena esposto l’increscioso caso al direttore della succursale, questi subito fece luce sull’accaduto spegandogli: «La tua fidanzata ha sì un conto aperto qui con noi, però non può fare assegni perché è un conto di risparmio!»…adesso sì che la matassa era sbrogliata! Era un giovedì pomeriggio e, siccome i negozi chiudevano alle nove di sera, decise di andare alla sua banca, prendere la somma dovuta e recarsi in sartoria a pagare e chiarire il tutto. E così fece: soldi in tasca ed animo sereno per l’equivoco risolto, vi ci si recò, entrò e gli dissero di passare per l’ufficio; fece come gli era stato detto e si trovò dinanzi a un tipo alto, robusto, dallo sguardo tra lo stupefatto e il minaccioso. «Buona se…» cercò di dire gentilmente; ma subito l’altro gli impedì di continuare: «Ha portato i soldi?»; Giuseppe, mentre li estraeva dalla busta ancora chiusa, provò a spiegare il motivo per cui l’assegno non era passato; ma l’altro si era più concentrato a contare i soldi anziché a prendere in considerazione la sua giustificazione. «Bene, passi in sartoria che le consegnano il vestito!» ingiunse al futuro sposino indicandogli la porta; e mentre Giuseppe stava per varcarla sentenziò: «Attento a fare scherzi la prossima volta, perché non può mai sapere in chi si imbatte!». Sorpreso e quasi incredulo di quella imprevedibile e così umiliante scenata, Giuseppe passò per la sartoria, si fece impacchettare il vestito in modo da non poterlo vedere, perché come già  detto porta male, uscì …e in quella sartoria né vi mise più piede, né la consigliò ad altre persone.

       Angela, che intanto di questa storia non ha mai saputo nulla, il suo abito da sposa lo conserva ancora oggi ed ogni tanto se lo guarda e se lo riguarda, e se lo accarezza e se lo riaccarezza. Ed ogni volta che lei riculla a quel modo i sogni di quei giorni lontani, Giuseppe non può fare a meno di rispolverare in cuor suo il rospo che ha in corpo e si domanda: «Se quel Tizio e Caio ha agito in modo così sconsiderato pure con persone di altre etnie, quale immagine di buona italianità ha potuto lasciare dietro di sé!?». Meno male, comunque, che una rondine non ha mai fatto primavera!