mardi 19 novembre 2013


LUCIO: UN TESORO D’ALTRI TEMPI





In via di massima quasi tutti pensiamo che, per essere felici, dobbiamo avere il molto, il meglio, il tanto, il non plus ultra…spesso e volentieri andiamo cercando anche il «nuovo» perché il «vecchio» non dà più soddisfazione. A ben pensarci, per essere veramente felici basterebbe sa-per-si accontentare del poco e, magari, anche del «vecchio». Ma  una  simile sag-gez-za, purtroppo, non è alla portata di tutti!

          Annetti fa, dopo una trentina d’anni sposati, mia moglie ed io trovammo quasi «passata di moda» quella mobilia, in vero legno italiano di zecca, comprata allorché convolammo a giuste nozze. Intanto, riflettendoci su, pensammo: «Ma perché cambiarla con una moderna: più vistosa sì, ma forse pure meno sostanziosa?». E fu così che decidemmo di mettere a nuovo il vecchio che…ancora oggi chiunque viene a farci visita ci apprezza e ci invidia. In un mondo sempre all’avanguardia, con l’occhio sempre volto alla firma di grido -non importa se ottimo o scadente il prodotto- fortunatamente c’è ancora chi nutre e coltiva il gusto del…passato di moda o delle cose di una volta. Infatti, in ogni centro d’acquisti che si rispetti, non manca mai la caratteristica boutique dell’antiquario tutta piena zeppa di cianfrusaglie dei tempi andati. Magari quante volte, andando in vacanza in Italia, la gente emigrante se ne torna qui con qualche «vecchio ricordo» di famiglia? Forse lì quell’oggetto non è nemmeno calcolato; ma qui invece, ripulito e rinnovato, fa ancora la sua magnifica figura…oltre a tenerci nostalgicamente legati a tanti affetti dei giorni andati. A parte questo anche qui, gironzolando per le strade soprattutto in centro città, abbastanza spesso il tuo sguardo viene attratto da qualche vetrina di un sottoscala dove il vecchio la fa da padrone. E a volte la curiosità si impossessa di te e magari ti spinge a visitare quello scandinato pieno di singolari cimeli rimessi a nuovo con grande esperienza e tanta pazienza.

          Qui a Montreal c’è qualcuno che di quest’arte della «restaurazione» se ne è fatta quasi una ragione di vita. É Lucio Visconti, collezionista e restauratore di oggetti antichi. Uno di quelli che conoscono «l’arte di apprezzare le cose»; uno di quelli che con la loro arte sanno stabilire un giusto rapporto tra il passato e il presente; uno di quelli che sono capaci di «dar vita alle nature morte» rendendo prezioso, con un semplice ritocco, un oggetto di ieri; uno di quelli dotati di idee tanto geniali che, partendo dal poco, riescono a dare molto, riempiono lo sguardo, saziano lo spirito, creano quella contentezza che rende veramente felici! Tutto questo Lucio l’ha realizzato sulla rue Sint-Denis, in un piccolo locale, ora chiuso, che portava il nome di «Trésors d’Autrefois». Un locale piccolo sì, ma pure ricco, come recita la sua insegna, di grandi tesori; uno di quei piccoli locali che, pur ricchi di tanti tesori, non sempre attirano l’attenzione dei tanti passanti che abitualmente tirano innanzi senza prestare ad essi la dovuta attenzione. Ma non tutti comunque, perché fra quelli, molti o pochi che si voglia, che lo hanno preso in considerazione, qualcuno si è soffermato passandogli davanti, si è incuriosito, è entrato dentro ed è rimasto ammirato da quella miriade di, è proprio il caso di dire, tesori nascosti! Questo qualcuno è Rocco Simone che, rimanendo impressionato da quello stile di vita, lo ha voluto immortalare in un documentario intitolato appunto «Lucio, un tesoro d’altri tempi». Geniale, allora al pari di quella di Lucio, pure questa stupenda idea di Rocco: partendo da quel semplice tenore di vita di un artigiano restauratore, ne ha fatto un lavoro cinematografico gratificante pure tanta gente emigrante che, accontentandosi delle cose semplici e costruttive, è riuscita a dare una luminosità tutta particolare all’immagine italiana in terra canadese. Come suol dirsi, non c’è due senza tre. Ed allora mi permetto di portare alla vostra attenzione una terza idea geniale degna di encomio. L’idea in questione, questa volta, è quella che hanno avuto congiuntamente il Comites e la Dante Alighieri di Montreal. Una bella iniziativa che è venuta a rallegrare alcune ore della nostra giornata proponendoci il lancio del film di Rocco Simone sulla vita di Lucio Visconti al Centro Leonardo da Vinci, mercoledì 13 novembre 2013. Alcune ore dense di riflessioni e buon umore durante le quali Lucio, più di una volta, mi ha riportato alla mente Roberto Benigni.















Rocco Simone e Lucio Visconti, in un momento della serata al centro Leonardo da Vinci

Procedendo con ordine, Rocco Simone in un documentario ci narra assieme al protagonista la giornata di un esperto e geniale restauratore di vecchi oggetti a cui, del continuo rinnovamento sociale,…poco gli cale! Nemmeno il giovane amico Martin riesce a convincerlo che, se vuol fare affari, deve cambiare sistema…deve adeguarsi ai tempi! Niente da fare: Lucio a quel «posto al sole», pieno zeppo di cimeli e di vecchie cose, non darà mai un nuovo aspetto. Detto per inciso, sapete chi tiene compagnia a Lucio in quel suo regno surreale? Un canarino tutto giallo che, forse, gli riporta alla mente i voli degli uccelli della torre medioevale di Riccia, un paesino in provincia di Campobasso, da cui il nostro ex professore universitario, ora in pensione, proviene. E, a ricordargli la Patria lontana, nel negozio di Lucio non vi hanno fatto capolino pure due turisti italiani? Lo hanno scoperto e gli vengono a fare visita ogni volta che tornano a Montreal perché per essi “Montreal è Lucio”; e tornando  non se ne vanno mai senza un aggeggio restaurato dal loro amico montrealese: emigrazione di ritorno anche questa! Intanto nella vita di Lucio nasce una nuova amicizia: è il giovane  Rocco che viene quotidianamente a trovarlo e a dargli un colpo di mano sia per portar fuori dal buggigattolo gli articoli da mettere in vista sulla strada e sia per aiutarlo a prendere qualche oggetto posto in alto sulle pareti del negozio; vedendolo fare acrobazie in cerca di uno di questi oggetti, “Mò va a finire che cade!”…mi sono detto, a volte, durante la proiezione. Lucio non l’ho visto cadere, ma i suoi sogni hanno dovuto fare i conti con la dura realtà del commercio e sono stati tristemente inghiottiti dalle esigenze del progresso. Fattore questo che ha dato spunto a Lucio di creare, con ironica rassegnazione, pure una canzone: «Good bye, au revoir, ciao-ciao».  In un mondo che avanza a passi sempre più da giganti verso il succeso, cosa può un uomo, sia pure positivamente fuori dall’ordinario…dal comune…dalla norma, se qualche sua idea resta fissa al passato? Cosa può aspettarsi dalla vita, uno di questi saggi incompresi? Nulla…meno male che ci ha pensato Rocco Simone a rendere immortalare Lucio Visconti, visitando e prendendo appunti a mò di diario nella sua bottega!

Nei commenti del dopo-filmato il dito nella «piaga» lo ha messo l’amico e invitato d’onore Eduardo Roda, facendo notare che Lucio ha operato in un quartiere popolare, dove il negozio dell’antiquariato non serve una clientela raffinata; ragion per cui si è dovuto accontentare delle visite di giovani coppie e di gente non troppo facoltosa. Un’altra invitata d’onore, suor Angèle, la nota «restauratrice» di tanti sapori della buona cucina italiana, ha posto l’accento sull’attaccamento di Lucio alle sue radici; nostalgico sentimento che ha dato soddisfazione a lui e onore alla sua terra di origine. Mi unisco a lei negli  elogi a Lucio e nell’augurio a Rocco: che questo suo documentario faccia veramente il giro del globo! Peccato che, per   impegni sociali già presi in precedenza, son dovuto salire in fretta e furia al terzo piano del Centro Leonardo da Vinci quella sera lì…avrei proprio voluto conoscere più da vicino sia  Lucio che  Rocco.