lundi 15 mars 2021

 Luci in fondo al tunnel: la speranza 

          Dal vagito al rantolo è la speranza a fare da colonna sonora alla nostra esistenza. Lieto di vederci nascere ognuno spera per noi una miriade di cose belle; al momento in cui due giovani sposi salgono l’altare ognuno augura loro una famiglia serena e ricca di prole; quando si ode nell’aria un triste rintocco di campana ognuno prega Iddio di accogliere il trapassato nei regni della pace eterna. E mille e mille altre sono le rosee speranze che accompagnano i passi del nostro cammino terreno e ci incoraggiano ad andare avanti anche a costo di inciampi ed ostacoli da superare. Cosa dire mai della speranza in questo sconfortante periodo di covidianità? È da quando è apparso il virus che essa è divenuta la nota di sottofondo di ogni nostro pensiero e il ritornello di rito in attesa dell’accorato «ritornerà il sereno». Segregati in quarantena, isolati in zone rosse, chiusi in casa per il coprifuoco è stata solo la speranza a consolare la mancanza di abbracci e a riempire il vuoto di esseri cari; e, purtroppo, è ancora essa a dare ossigeno ai nostri respiri soffocati dalle mascherine e a farci intravedere ancora sogni da cullare e desideri da realizzare in attesa del Te Deum da intonare allorché raggiungeremo la fatidica luce in fondo al tunnel.

          Sembra che dal vaso di Pandora sia saltato fuori un estremo malanno ad affliggere il genere umano; fortunatamente la speranza, ultima dea, era lì anch’essa a dare un senso al nostro futuro. Intanto, noi uomini, come lo abbiamo gestito questo sentimento che ci sprona ad affrontare l’avvenire? La speranza, purtroppo, è pur sempre un termine astratto e a mio avviso è il rovescio della medaglia del destino perché siamo noi gli unici artefici del nostro domani. La speranza, al pari del destino, non cammina al posto nostro; essa si limita ad affiancare i nostri passi lungo i sentieri della vita. Nel caso specifico dell’attuale pandemia ci sono stati suggeriti dei punti da rispettare onde evitare il peggio: uso della mascherina, igiene personale, isolamento, coprifuoco ed altro ancora. Laddove queste regole sono state rispettate abbiamo dato anche noi un colpo di mano alla speranza per farci intravedere un sereno futuro all’orizzonte; laddove, invece, queste prescrizioni sono state prese sotto gamba siamo stati ugualmente noi ad ostacolare il compito della speranza, liberata dal vaso per prospettarci tempi migliori…ma sempre grazie alla nostra collaborazione! Anche nel caso di una normale malattia, se il medico curante ci prescrive delle cure e noi  non le rispettiamo, possiamo mai nutrire la «speranza» di guarire? Ugualmente in questo tempo di pandemia, se vogliamo realmente far tornare il sereno sul nostro capo affidiamoci e rispettiamo i suggerimenti di chi si prodiga per la salute del genere umano. In questo tempo di meditativa covidianità mi è passato spesso per la testa il pensiero che quando Dio creò il mondo non gli diede una data di scadenza; gli prescrisse soltanto dei ricostituenti geologici per potersi rigenerare. E questo covid 19 è appunto una ulteriore «ricetta» medica che permetterà all’uomo di continuare il suo cammino sulla terra!

mardi 2 mars 2021

 

Luci, poco chiare, in fondo al tunnel   

          Circa un annetto fa, quando il coronavirus venne a punzecchiare l’orgoglio dell’uomo e a raccomandargli un serio esame di coscienza, onorammo di buon grado i camici bianchi dell’aureola di santità: li definimmo angeli, eroi, buon samaritani del genere umano avvilito ed annientato da un invisibile, letale nemico; ancora adesso stanno facendo miracoli per salvare vite umane insidiate dal covid 19. Nell’omonima parabola raccontata da San Luca, sul cammino del buon samaritano da Gerusalemme a Gerico erano già passati un sacerdote e un levita: due ministri del tempio addetti al servizio dei sacrifici offerti a Dio; due pie personalità di allora che, intanto, si erano limitate entrambe a spostarsi sull’altro lato della strada incuranti, se non proprio infastiditi, dal povero malcapitato ridotto in fin di vita dai briganti. Possiamo quasi affermare che si verificò la stessa cosa che, in questo periodo di covidianità, facciamo spesso anche noi allorché per strada incrociamo qualche nostro simile senza mascherina. È da un anno che stiamo combattendo il nostro comune nemico ed oltre ai camici bianchi, impegnati «sui campi di bataglia», i loro colleghi ricercatori, pazientemente chiusi nei loro laboratori, hanno scoperto per noi un vaccino adatto all’uopo in tempi da record: la scienza medica sembra essersi data amichevolmente la mano per venire incontro all’umanità in modo tempestivo ed altamente professionale, lavorando universalmente uniti e compatti, con lo sguardo fisso verso lo stesso obiettivo e con la generosità disinteressata di chi si mette al servizio dei bisognosi sacrificando gli stessi interessi personali, senza pretendere nulla in cambio, ma solo dando incondizionatamente e senza scopi di lucro…guadagnandosi in tal modo tutta la nostra stima e tutta la nostra riconoscenza. 

          Ben per noi sulla buia strada in cui ci ha incamminati il covid è venuta subito a splendere la luce della solidarietà e della fratellanza umana del buon samaritano che continua impassibile e risoluta a dare coraggio e speranza a chi soffre e a chi combatte con la morte. In appresso, sfortunatamente, sono giunti pure dei «sacerdoti» a fuorviare i soccorsi di cui medici ed infermieri hanno necessitato di avere a quotidiana portata di mano per accomplire alla loro misericordiosa opera di beneficenza. Multinazionali farmaceutiche ed aziende produttrici di vaccini sono  scese sì prontamente in campo per soddisfare il fabbisogno necessario a risolvere la situazione; ma intanto si è verificato pure che la parola da loro data è venuta spesso a cozzare con la tempistica delle promesse da mantenere; né si sa perché non sia stata data libertà di azione anche ad altri competenti in materia onde garantire la necessaria quantità di vaccini, sia per produzione che per distribuzione! Mi sa che il gusto dell’esclusività li abbia invogliati a dare una gomitata alla generosità e un calcio alla carità fraterna, sia dimenticando che ogni ritardo in tal senso è stato sinonimo di morte e sia infischiandosene del sublime gesto di quel gran signore di Albert Sabin. E quel che è peggio è che, nel contesto della nostra malcapitata umanità, non sono mancati nemmeno i «leviti», quegli uomini di poca fede scientifica che, rifiutando il vaccino ne hanno addirittura fatto una scarsa propaganda: hanno osato mettere in dubbio l’efficienza della scienza umana ed incrinare l’iniziale spirito di universale solidarietà. Se il virus scatena i suoi attacchi di massa, perché mai l’uomo non si concentra su di una vaccinazione di gregge? Sembra che gente di  «poca coscienza» manipoli il vaccino per giocare a nascondino col covid sulla pelle del genere umano!

Certo che ad inizio covid l’uomo sembrava essersi quasi rigenerato in Abele; ma ora, nemmeno a distanza di un anno, è tornato a reincarnarsi in Caino. Ma quand’è che «quest’atomo opaco del male» cercherà di divenire un «luminoso gene del bene»…visto che è giunto a non aver più paura nemmeno della morte che lo sta ancora fissando dritto negli occhi?