mardi 8 mars 2016

ANCHE  QUESTA  È  AMERICA ©
(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro Cuore)
LA VACCA NON  DA PIÙ LATTE
       Da quando si sono ritrovati e abitano sulla stessa strada, Albano e Giuseppe non mancano mai, dopo cena, di fare la loro passeggiata serotina. Prendono una boccata d’aria, si tengono informati sull’andamento del circondario e vanno risfogliando il libro dei loro vecchi ricordi di operai. “Ti è mai rivenuta in mente -chiese Giuseppe ad Albano- la manifattura della vacca che non dava più latte?”. E l’amico rispose: “Eccome se me ne ricordo! Fu proprio per colpa di quella mia…bestia immaginaria che persi la giobba!”. Ma ecco come erano andati i fatti. I nostri due amici lavoravano insieme e, quando il lavoro scendeva in picchiata, il portoghese era solito dire ai compagni: “La vacca non da più latte. Preparatevi a partire!”. Infatti, se il calo del lavoro persisteva, c’era da aspettarselo qualche licenziamento. Comunque, anche per non farsi prendere dalla malinconia, ci si scherzava sopra e si cercava di sdrammatizzare il caso come meglio si poteva. Qualcuno se ne usciva dicendo che, secondo la teoria di suo nonno, se le vacche le sai mungere riesci a ricavare latte anche dopo l’ultima goccia. Qualche altro raccontava di quando, in casa, si macinava l’uva per fare il vino. Dopo che fermentava, si metteva a spremere la vinaccia nel torchio. La si toglieva e la si rimetteva a spremere varie volte per ricavarne quanto più vino si poteva. Dopo avercela messa l’ultima volta, la si lasciava riposare tutta la notte e l’indomani, date le ultime strette e recuperate le ultime gocce, con soddisfazione si commentava: “Hai visto? Abbiamo ottenenuto un altro mezzo bicchiere?”.
       Applicando anche detta similitudine alla manifattura in questione, quell’anno la vinaccia dovette essere stata passata al massimo sotto il torchio e la vacca dovette essere stata munta più del dovuto perché sotto la ramazza del repulisti passarono pure alcune teste di serie come Albano, per esempio; Giuseppe, fortunatamente, quella volta se la scampò per un pelo. Sotto cassa integrazione il primo, fedele portavoce il secondo, si telefonavano spesso e l’uno informava l’altro circa ogni mossa aziendale. Una volta Giuseppe comunicò ad Albano che, nonostante la penuria del lavoro, era stato comprato un nuovo macchinario per il reparto impacchettatura; una seconda volta portò a sua conoscenza che, nonostante l’indesiderata ristrettezza economica, nel reparto finizioni era stato rinnovato tutto il settore. Dette notizie erano incoraggianti in quanto lasciavano supporre che, se venivano fatte tutte quelle spese, una ripresa del lavoro non doveva tardare! Albano, dal canto suo, pur cullando in cuore una riassunzione, un colpo d’occhio qua e là lo andava gettando lo stesso, caso mai potesse trovare qualcosa di meglio. Intanto nella manifattura della vacca magra il lavoro si rimise; anzi, riprese con una marcia in più e si registrarono pure nuove assunzioni. E vi sembra che Giuseppe non facesse squillare il telefono in casa di Albano? “Ehi, tieniti pronto che presto ti richiamano: il lavoro si è rimesso e in fabbrica si vedono parecchie facce nuove!”. “E scommetto -commentò Albano a sua volta- che tutte queste facce nuove le retribuiscono pure con giusta mercede: la dovuta minima paga! E no, mio caro. Si dà il caso che abbia trovato anch’io un lavoro più rimunerativo. Che mi chiamino se vogliono: cercherò io pure di mungere la vacca come si deve!”.

       Ma ciò non avvenne mai e fu così che i due compagnoni si persero di vista, fino a dimenticarsi quasi l’uno dell’altro. Ora intanto, vecchierelli di fresco in pensione, si sono ritrovati e sono tornati ad essere i grandi compagnoni per la pelle di una volta. Anzi, dire che sono solo amici è poco. Ecco, infatti, cosa disse Angela a Flavia, la moglie del portoghese con cui stava chiacchierando sul balconato di casa, vedendo i mariti di ritorno da una loro passeggiata serale: “Arrivano, arrivano i due fidanzatini. Ci manca solo che si prendano sotto braccio…i piccioncini!”.