vendredi 3 octobre 2014


GENTE NOSTRA

La testimonianza pro italianità che vi ho dato in lettura nel mio ultimo articolo potrebbe anche essere data per scontata in quanto  il suo protagonista era un emigrante di prima generazione; ragion per cui è normale che il suo sentirsi italiano è una questione di dna. La testimonianza della mia presente chiacchierata, invece, ha come attori principali una giovane coppia di terza generazione che, incredibile ma vero, vivono in famiglia una italianità da non credere; e se ve ne parlo è proprio perché li ritengo un esempio da seguire! Abito in un quartiere centrale di Rivière des Prairies su di una strada alquanto movimentata; sul retro fino a sei o sette anni fa c’era un vasto terreno  incolto dove ora invece si può godere la vista di un bel quartiere residenziale, con al centro un vasto parco da giochi per bambini. Eh sì, quest’area ricreativa per i piccini ci voleva proprio perché i neo residenti della zona sono, per lo più,  giovani coppie che vanno mettendo su famiglia. Abito al terzo piano di un condomio e dalla mia spaziosa terrazza ho potuto seguire passo dopo passo le varie fasi della costruzione e la successiva presa di possesso delle abitazioni da parte dei proprietari.  Le case confinanti col terreno del condomio sono state le prime ad essere abitate e sin dai primi giorni sono rimasto ammirato dal fare spigliato e socievole di una giovane ragazza nostra nuova dirimpettaia. “Quella coppia deve essere di origine italiana” dissi con mia moglie a quei tempi e…non mi sbagliavo perché, infatti, anche lì di fronte a noi  l’italianità la fa da padrona! Un pomeriggio, tornando dal lavoro, trovai mia moglie che parlava confidenzialmente  con la nuova vicina. “Già hai fatto breccia tra i nuovi arrivati!” le feci ironicamente; «È lei che mi ha salutato per prima ed io ho risposto. È figlia di italiani ed è una brava ragazza!»…e, quindi, rifiutare una simile amicizia sarebbe stato un vero e proprio peccato.

Intanto, stando anche ad una vecchia canzone, gli anni son passati, i bimbi son cresciuti e pure noi siamo tutti un pò invecchiati. Quello che è più bello però è che la zona si è arricchita di armonia infantile e pure il parco al centro del caseggiato adesso ha gli assidui frequentatori dei suoi giochi. Ed anche noi, dulcis in fundo, se prima parlavamo solo con Caterina e col marito, ora abbiamo pure i loro radiosi figlioletti Alessandro e Roberto, a mandarci il loro: «Ciao Lina, come stai? Dove sta Peppino?»…e tutto e sempre in perfetta lingua italiana, perché è questo il sine qua non di questa mia chiacchierata. La nostra giovane vicina con i figli e col marito non l’ho mai sentita parlare in francese o in inglese, ma soltanto in italiano: un’italiano così perfetto che non ho mai avuto il coraggio di parlarle dei corsi del Picai; spesso tra me e me penso e rifletto che, se io sono un semplice insegnante di italiano, lei può essere considerata addiritura una maestra di italianità!  Con i  vicini italiani comunque lo parlano l’inglese; ma pure con loro spesso e volentieri li sento utilizzare la madre lingua dei genitori. Un giorno mia moglie le chiese con soddisfatta ammirazione il perché parlasse solo in italiano con i suoi figli; e lei rispose che il francese e l’inglese avevano modo di impararlo a scuola e che intanto era suo dovere impartire loro, almeno in casa, un’educazione tutta all’italiana. Ho sentito un giorno alla radio che già nella scelta dei nostri nomi di battesimo c’è qualcosa del nostro carattere e delle nostre inclinazioni. Ebbene, questa giovane mamma, che in famiglia prova gusto ad esprimersi in italiano, non si chiama Caterina? E santa Caterina non è, guarda caso, la patrona d’Italia? Voglio anche aggiungere che mi sento particolarmente orgoglioso quando in quelle nuove abitazioni lì di fronte al mio condominio  arrivano i nonnini di questi italo fanciulletti a valorizzare ancor più la nostra cultura e le nostre tradizioni. Prima di pubblicare quest’articolo ho telefonato a Caterina per chiederle il permesso di parlare di lei nel mio blog. E, parlando parlando, sapete cosa sono venuto a sapere? Che il nome di suo marito è Ricardo, con una sola «c» perché è nato in Argentina da papà spagnolo e mamma italiana: un altro punto a vantaggio della sua e nostra accattivante italianità, dunque. Non penso, tutto sommato, che questa giovane coppia sia la rara mosca bianca, né l’unica rondine che non fa primavera; ce ne saranno eccome sull’isola di Montreal altri italiani di terza e quarta generazione a sentirsi fieri di dare atto del loro spirito di appartenenza applicandolo con convinzione alla loro duplice identità di italocanadesi.

Detto questo mi sento quasi in dovere di affermare con certezza che il nostro idioma avrà ancora lunga vita: tanti passi ancora da muovere e tanta strada ancora da fare. Se qualcuno non è d’accordo con me, non me lo dica aggi che non condivide le mie idee; venga a dirmelo fra un migliaio d’anni…tutti quegli stessi anni che ci son voluti alla madre lingua latina per trasformarsi in francese, spagnolo, italiano ed altro ancora; perché il cammino del tempo e delle cose non è nel restare quelle che sono, ma nel loro trasformarsi lento e continuo!