mercredi 15 septembre 2021

 

Corsi e ricorsi storici

Ma si può sapere cosa sta passando per la testa della gente in questo periodo di covidianità?  Sembra che siamo giunti ad un punto in cui ognuno va dando numeri a modo suo, senza che nessuno si preoccupa di dare un giusto valore alle conseguenze delle sue asserzioni. Se ben ricordo, ad inizio pandemia i morti si contavano a migliaia: negli ospedali bisognava scegliere chi far morire e chi salvare, e le salme dei defunti non trovavano più posto nei cimiteri. Fortunatamente la ricerca medica trovò in tempi da record un rimedio al male e con dei vaccini più o meno validi va ancora prodigandosi a portare il genere umano fuori pericolo. Eppure proprio questo benedetto «ago salvifico» si vede ora il dito puntato contro e messo alla berlina: tanti i pro ed altrettanti i contro nei suoi confronti, e vari luminari della medicina, suoi sostenitori, si vedono addirittura minacciati di morte solo perché favorevoli a queste benefiche punture che -anche ammesso che abbiano un effetto temporaneo- hanno comunque ridotto al minimo i casi di contagio e quasi azzerato i rischi di morte.

Ed allora mi permetto di dire pure io la mia in questa ventilazione di pensieri e di idee personali. Premetto che 2000 e rotti anni fa ebbe luogo a Gerusalemme il fatidico processo, unico nella storia dell’umanità, che sentenziò la condanna alla morte in croce di Gesù, il figlio di Dio fatto uomo! Quale, intanto, il reato da Lui commesso? Ufficialmente essersi proclamato re; ma ufficiosamente perché aveva predicato bene e giustizia, pace ed amore: valori troppo scomodi in un mondo dove ciò che conta sono gli interessi personali, non importa se per raggiungerli bisogna mettere il prossimo sotto i piedi. Detto questo cercherò di dare una spiegazione a suddetti avvenimenti, inquadrandoli nella veduta filosofica del nostro Giambattista Vico, assertore dei corsi e ricorsi storici. A quel corso storico che ha lasciato testimonianza del più clamoroso processo della storia dell’uomo, sta facendo riscontro, nella presente pandemia, un ideologico ricorso storico: ancora una volta la mentalità della gente si vede spaccata in due, quella del pro e quella del contro. Come ben sappiamo alla nascita del Cristo il tempo si fermò e il conteggio degli anni riprese da quelli ante e da quelli post Cristum; 2021 anni dopo il tempo sembra essersi paralizzato di nuovo e, in un non lontano futuro, ci si riferirà di certo ad un prima e ad un dopo covid19.

Può sembrare paradossale, ma anche questi giorni bui di pandemia possono essere inseriti nel pensiero filosofico dei corsi e ricorsi storici del nostro grande Vico. Eccovi quel che ho letto su intertnet: «Ciò che si presenta di nuovo nella storia è solo paragonabile per analogia  a ciò che si è già manifestato. Proviamo ad applicare questo concetto ai nostri giorni scanditi dal numero dei contagiati da coronavirus; dinamiche già vissute in un passato recente e che ripropongono la scarsa preparazione e incapacità di programmazione dell’organizzazione sanitaria secondo schemi chiari e definiti nei confronti di minacce biologiche potenzialmente devastanti per la collettività». Intanto anche questa volta i camici bianchi sono stati all’altezza della situazione e sembra proprio avvicinarsi il sospirato momento del Te Deum di ringraziamento; ed anche questo si eleverà come ricorso storico di altri corsi analoghi avutisi in tempi passati e scomparsi lentamente, man mano che la memoria di essi si è lasciata alle spalle il tempo che aveva trovato. Non approfittiamo, però, di queste buone speranze per lasciarci andare a profusione di abbracci e di imprudenti ed eccessivi contatti umani, anche per scongiurare altre probabili ondate: il covid è ancora in mezzo a noi e va ancora combattuto con discrezione e con prudenza; la scienza ormai ha fatto la sua parte, ora tocca a noi fare la nostra con responsabilità e rispetto: sia per noi stessi che  per gli altri!      

jeudi 2 septembre 2021

             Covid 19: una lezione di vita

Seguendo la filosofia del pensare positivo mi faccio un onore di adattarmi alla teoria del bicchiere mezzo pieno, nonostante tutta questa pandemia che sembra essere ancora l’ago della bilancia della nostra quotidianità. Ciò premesso penso che sia cosa buona e giusta vivere la cividianità non come un castigo divino, bensì come un insegnamento che ha voluto impartirci il Signore attraverso  l’ancora attuale esperienza del covid 19. Ed allora, vediamo un po’ quali utili riflessioni fare per immettere su di un vantaggioso cammino pure i passi che sta dando l’umanità in questo momento alquanto buio della sua storia.

Sono quasi due anni che stiamo lottando contro un tanto invisibile quanto letale nemico ed è opportuno chiedersi pure cosa abbiamo imparato da questa involontaria convivenza con il sopraggiunto diversamente amico virus. Cosa pensammo di quest’essere abietto appena cominciò a serpeggiare tra noi e venne a posare la sua mano velenosa sulle nostre spalle? Un improvviso esame di coscienza ci portò a riflettere che la giustizia divina volesse punire il nostro orgoglio ed il nostro comportamento sfrontato e privo di ogni umano ritegno. Siamo semplici esseri umani, infatti, e non creature sovrumane: il nostro raggio di azione, quindi è limitato alle zolle terrestri e circoscritto nello spazio della sua atmosfera; noi intanto abbiamo oltrepassato i recinti dei nostri poteri erogandoci finanche l’ardire di creare la vita in vitro, di solcare lo spazio e scrutarne i suoi meandri ed i suoi segreti.

Un lodevole riflessivo ragionamento ci consigliò un indispensabile ritorno alla moderazione e alla parsimonia; ad accontentarci dell’utile e del mero necessario per rispettare anche la libertà del nostro prossimo e non appropriarsi indebitamente di ciò che va fraternamente condiviso con amore ed uguaglianza, senza rompere l’equilibrio di una umana convivenza. Questi ed altri ancora furono i proponimenti che ci impegnammo a rispettare in tutta coscienza allorché il coronavirus venne a scuotere il nostro cuore di peccatori: un afflato di contrizione e di bontà ci sconsigliò ogni agire sconsiderato; ci invogliò a dare una mano ai più bisognosi; ci chiese di essere più rispettosi della natura e del creato; e noi ci proponemmo di diventare più buoni perché, sotto il colpo improvviso, avevamo rivolto lo sguardo alla saggezza e alla rettitudine.

Ma, in conclusione, cosa abbiamo imparato da questa lezione di vita? Sfortunatamente troppo poco! Infatti alle soglie di una probabile quarta ondata di pandemia non ci siamo ancora resi conto di trovarci inginocchiati al confessionale come l’incallito lupo della favola.