vendredi 29 janvier 2016

ANCHE  QUESTA  È  AMERICA ©
(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro Cuore
DALLO CHALET DI FRONTE
       Giuseppe lo sapeva già da qualche mese che la sua fabbrica, quel venerdì, sarebbe rimasta chiusa. Alcuni giorni prima pure sua moglie si trovò, strano ma vero, ad avere la giornata libera. Fu più che logico e prevedibile, allora, progettare per quell’inatteso e lungo fine settimana una capatina in campagna, al loro chalet sul lago.  Fu gioia grande soprattutto per i loro due figli: dieci anni lei, la femminuccia e otto lui, il maschietto. A mettere la ciliegina sulla torta intervennero radio e televisione che annunziavano bel tempo sulla bella provincia per tutta la settimana, week-end compreso. Il giovedì sera, però, tornando dal lavoro mezza moscia e avvilita, mamma Angela comunicò al marito che l’indomani, purtroppo, avrebbe dovuto lavorare come di consuetudine. “Per questa sera –suggerì Giuseppe- non diciamo niente ai ragazzi. Ci penserò io domani mattina a inventarmi una buona scusa!”.
       Tempo addietro un suo vecchio amico di nome Franco gli aveva detto di possedere uno chalet in montagna. Un posto fantastico tra il verde della natura da cui potevi dominare tutta la vallata sottostante. La veduta del laghetto laggiù, poi, era meravigliosa con tutte quelle casette di campagna che, costeggiando la riva, rendevano più caratteristico il panorama. E i tramonti? Erano incantevoli! Il sole rosseggiante si specchiava nell’acqua mentre l’avanzare cadenzato di qualche pedalò ti accompagnava nella calma della sera. Anche se alle pendici del monte aveva un accesso privato per portarsi alla spiaggetta tutta sua in riva al lago, Franco si era munito di una grande piscina sul retro della casa su in montagna per non scendere e salire troppo sovente per andarsi a bagnare nel lago.
       Così quel venerdì mattina, quando i ragazzi si alzarono, il padre disse loro: “Adesso papà telefona a quel suo amico che ha uno chelet in campagna e, se lui è disposto, andiamo a trascorrere la giornata lì. Voi potrete giocare con i  suoi figli che hanno la vostra stessa età!”. “E la mamma?”, chiese il figlio non vedendola. Ed egli spiegò: “Visto che è dovuta andare a lavorare, la chiameremo più tardi e le diremo dove siamo!”. Detto questo chiamò subito l’amico, che accettò di buon grado la sua proposta. Una volta sull’autostrada, seguendo l’amico in macchina, Giuseppe più andavano avanti e più si rendeva conto che stavano percorrendo la stessa via che
faceva lui per recarsi alla sua casetta sul lago. Infatti solo l’ultimo tratto, quello che porta alla sommità del monte, non era lo stesso. Appena uscirono dalle macchine, la prima cosa che fece Giuseppe fu quella di andare a dare un’occhiata da quell’altura. “Ehi ragazzi, venite a vedere!” esclamò chiamando i figli. “Ehi pa’, ma quello è il nostro chalet!” proruppe il maschieto, mentre la sorella confermava: “Ma sì è vero; è la nostra casetta sul lago quella lì!”. Al che Franco soggiunse: “Ma senti un po’ quelli. E chi l’avrebbe mai detto? Tutti e due uno chalet da queste parti!”.
       Mentre erano tutti nella piscina, papà Joe non resistette alla tentazione di andarsi a godere la panoramica sottostante. Anzi andò a prendere il binocolo in macchina per scandagliare anche i punti più lontani. Spaziando qua e là lo puntò pure sullo spiazzale antistante il suo chalet…e lo focalizzò a distanza ravvicinata perché voleva essere certo di non stare sognando, ma di vederci ben chiaro. Staccò lo sgardo dall’inaspettata scena, si diede una scrollatina di testa per riprendersi dallo choc e…ritornò a guardare giù per accertarsi meglio di quanto stava accadendo. Sì, era proprio lei, Angela; e quello sulla sdraio appiccicata alla sua era proprio lui, il proprietario dello chalet vicino. “Altro che lavoro!”, pensò tra sé e sé. Cercò di riprendersi dallo stordimento per non destare sospetti e, come se niente fosse, raggiunse i bagnanti in piscina. A pomeriggio fatto la moglie di Franco propose di andare a “farsi belli” per la serata. Infatti sarebbero scesi tutti giù per un BBQ da Giuseppe, quasi come ringraziamento per l’ospitalità ricevuta. Prima dell’ora di chiusura delle fabbriche la figlia chiamò mamma Angela al cellulare e, tutta felice e contenta le comunicò: “Mamma, quando stacchi dal lavoro vienici a raggiungere subito qui in campagna. Siamo nelle vicinanze con degli amici di papà. Chi prima arriva comincia a preparare: facciamo il BBQ stasera!”. A quel punto, per previggenza, Giuseppe propose: “Facciamo una cosa. Io me ne scendo adesso e comincio ad approntare in attesa che arrivi la mamma. Voi ve ne venite giù tutti insieme più tardi!”. E detto questo partì. Dopo aver parcheggiato scese dalla macchina sbattendo la portiera, quasi per avvertire del suo arrivo; infatti non aveva nessuna intenzione di sorprendere la moglie col vicino. E ci riuscì perché, mentre attraversava il viottolo che dalla strada porta allo chalet, avvertì un certo trambusto e un frettoloso darsi da fare, quasi a cancellare ogni “traccia di delitto”. Sbucando all’angolo della casa scorse ugualmente il dileguarsi del vicino oltre la siepe che separa i due terreni. Angela intanto, fingendo di uscire proprio in quel momento, gli  sorrise dolcemente e gli corse incontro per ricevere il suo bacio in fronte come faceva sin dal primo giorno della loro vita in due.
       Fu una volta entrati dentro che lui le chiese: “Cosa aveva l’amico accanto da scappar via come un ladro?  Mica me lo mangiavo io se lo trovavo qui!”. E mentre lei leggermente arrossiva continuò: “La vedi quella casetta lassù? È lo chalet dei miei amici dove siamo stati oggi!”. Intuendo di essere stata scoperta, prendendogli le mani e guardandolo fisso negli occhi, candidamente confessò: “Se ti dicessi che non abbiamo fatto nulla di male, mi crederesti? È stata una piccola debolezza senza conseguenze. Ti prometto che non succederà più!”. Per tutta risposta, lui le cinse la vita, la tirò forte forte a sé e le diede un bacio sulla bocca in segno di perdono.

Allorché tutti stavano ormai prendendo posto per la cena, Giuseppe sussurrò a mezza voce ad Angela: “Perché non chiamare anche loro, i vicini? pare che pure l’amicizia, al pari della fedeltà coniugale, va rispettata e coltivata?”.

vendredi 8 janvier 2016

ANCHE  QUESTA  È  AMERICA ©
(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro Cuore)
IL SOGNO PROIBITO
       Dalla caffettiera, ancora sborbottante sul fornello appena spento, si versò una tazzina di caffè e la sorseggiò lentamente, come per assaporarne il gusto fino all’ultima goccia. Era un lunedì di festa, ma Angela, sua moglie, per un imprevisto contrattempo si era dovuta recare al lavoro pure quel giorno. Cosa avrebbe fatto Giuseppe, solo soletto, tutta la santa giornata in casa ? Uscì, prese l’auto e partì senza sapere nemmeno lui dove andare. Ad una fermata d’autobus, poco lontano, la sua attenzione fu attratta da una sagoma di donna. Più si avvicinava, più si rendeva conto che era proprio lei, Clara la moglie del suo migliore amico. Lei pure lo riconobbe e non ci fu bisogno né di invito, né di richiesta per un passaggio in macchina. Dopo i convenevoli, fu lui a rompere il ghiaccio: “E allora, come stai, Clara? Non mi dire che stai andando a lavorare!”. E lei: “Oh no, oggi lavora solo Franco. Per non restarmene tutta sola in casa, ho pensato di andare a curiosare un po’ a Place Versailles!”. Al che lui soggiunse: “Bene, allora ti accompagno. Anche mia moglie lavora e io pure me ne sono uscito per non annoiarmi in casa!”.
       A dire il vero, quell’imprevisto incontro mattutino aveva fatto piacere a entrambi. Nutrivano dentro, infatti, una reciproca simpatia che erano sempre riusciti a tenere ognuno per sé, senza mai lasciarla trapelare a nessuno. Tutto sommato, tra le loro famiglie ogni cosa era sempre andata liscio come l’olio. I mariti erano amici per la pelle, le mogli sembravano più che sorelle; perché dunque incrinare quel limpido specchio di rara amicizia familiare? Quel giorno più che mai, entrando e uscendo dalle buotiques, girovagando di qua e gironzolando di là, il tarlo della loro segreta attrazione dovette avere un bel daffare per starsene rintanato nei loro cuori e non uscire allo scoperto. Così vicini l’uno all’altra come non lo erano mai stati prima, tanto uniti che solo la mancata mano nella mano poteva far pensare che non erano marito e moglie, dovette di sicuro essere passato più di qualche volta nella loro mente lo stesso pensiero: “Ma perché non ci siamo conosciuti prima?”.
       Fu verso mezzogiorno, quando erano seduti a uno snak bar, che decisero di fare un salto allo chalet di campagna dove lui aveva qualcosa da sistemare. Un lavoretto da poco che avrebbe permesso loro di essere nuovamente in città prima dell’ora di chiusura delle fabbriche. E così, regolato il conto, eccoli subito in macchina per andarsi a prendere una boccata d’aria pura in piena campagna; e la giornata era proprio una di quelle ideali per trascorrere qualche oretta all’aperto. Imboccando l’autostrada verso il nord lui disse: “Ecco, mentre io eseguo le mie riparazioni, tu puoi approfittare del bel tempo per fare bicicletta!”. Poiché non c’era troppo traffico in una mezz’oretta, a velocità sostenuta, avrebbero raggiunto la meta. A tratti fischiettando, a tratti discorrendo con lei era quasi giunto in fondo al rettilineo che porta alla curva prima dell’uscita da prendere; sul contromano, proprio da quella curva, sbucò una macchina rossa che attirò subito la loro attenzione. Era appena sfrecciata al di là dello spartitraffico che lei esclamò: “Ma quella non era la macchina di tua moglie?”. E lui: “Ma non era tuo marito quello accanto a lei?”.  “Hai capito i due? -commentò lei a mezza voce- Stupidia io che ho represso i miei sentimenti per sensi di scrupolo!”. Al che lui, rallentando, sussurrò: “Cosa hai detto? Allora anche tu…?”. E, guardandola negli occhi, vi lesse  il suo stesso desiderio! Le poggiò una mano sulla spalla e la lasciò scivolare giù dal suo braccio fino a prenderne la sua. Se le strinsero e se le tennero serrate sin quando lui non parcheggiò la macchina dinanzi alla porta dello chalet. Ansiosi, quasi tremanti, aprirono ed entrarono. Cingendosi l’un l’altra i fianchi, si avviarono direttamente verso la camera da letto. Ma sì, a quel punto lì era più che giusto realizzare quel sogno custodito da anni in fondo ai loro cuori. Lui aveva già iniziato a sbottonarle la blusa quando lei, respingendolo con scrupolosa delicatezza fuori dalla stanza, quasi parlando a sé stessa disse: “E se per caso non erano loro? E se, pur essendolo, fossero venuti qui così come lo stiamo facendo noi…in tutta amicizia?”.
       Allorché Giuseppe rientrò in casa, Angela stava già apparecchiando per la cena. “E la macchina?” chiese lui dopo averle dato un bacio sulla fronte, come era solito fare rincasando. E lei spiegò: “Ti ho telefonato tutta la giornata per dirti che stamattina, recandomi al lavoro ho avuto un incidente, ma non ti ho mai trovato. Stasera mi ha riaccompagnata il marito di Clara. E dire che pure lei oggi era introvabile. Ma tu, a proposito, dove sei stato?”.  “Proprio assieme a lei; -rispose lui sinceramente- l’ho incontrata per caso e siamo andati in campagna. Mentre lei faceva bicicletta, io ne ho approfittato per aggiustare la porta del salotto.”…e, fortunatamente, continuarono a vivere  tutti  felici e contenti!

P.S. Al tempo in cui avvennero i fatti il cellulare non era tanto in voga così come oggi.