samedi 8 août 2015


ANCHE  QUESTA  È  AMERICA ©

(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro Cuore)           

LE COMARI                                  

      “Hai capito la bionda che è arrivata solo qualche settimana fa?”, fece Fulvia all’amica Elvira che  chiese a sua volta: “Quale, quella che ha portato lui?”. “Esatto, proprio lei. Già prende cinque soldi in più di noi!”. “E a te chi l’ha detto? Come fai a saperlo?”. “Giovedì scorso le è caduta la slippa paga per terra e io sono riuscita a vedere quanto prende!”. “E bravo il nordico! –continuò commentando Elvira- Sembra un tedesco con i suoi modi di fare, eppure…”. “Eh no, -l’interruppe Fulvia- tra quei due deve esserci del tenero. Secondo me qui gatta ci cova!”.

      Lui intanto era Volfango, il manager della manifattura di vestiti da uomo dove lavoravano Fulvia ed Elvira, meglio conosciute come “le comari” a causa dei loro continui pettegolezzi. Era originario del nord Europa ed era un tipo rigido e severo, giusto e imparziale, amato e temuto al tempo stesso. Lei invece, la bionda, era una sua compaesana ed era stato proprio lui a portarla a lavorare lì da loro. Serio ed equibrato com’era, intanto, si era concesso il lusso di assumere la bionda a cinque soldi in più delle comari che, avendo scoperto ciò, non si davano pace per la gelosia e minacciavano lo scandalo. Elvira: “Ah no, bisogna tenerli d’occhio i piccioncini!”. E Fulvia: “E poi, mica lavora meglio di noi per prendere di più!”. Poco lontano da loro lavorava Angela, la moglie di Giuseppe che, però, svolgeva tutt’altra attività altrove. Sentendole bussare ripetutamente a denaro pensò: “Meno male che non sanno quanto prendo io, le pettegole. Se sapessero che ho dieci soldi all’ora più di loro, di certo mi metterebbero sul giornale, ammesso che non mi scaglierebbero nella più profonda bolgia dantesca!”.

      Era un giorno d’estate afoso e umido. La bionda di tanto in tanto si ventilava con la blusa per sentirsi più fresca. Mentre faceva un tale gesto si trovò a passare Volfango che le fece un cenno di saluto e una strizzatina d’occhio. Non l’avesse mai fatto! Apriti cielo le nostre comari! “Hai visto? Che ti dicevo?” commentò Fulvia ad alta voce. “Parla più piano. Ti sentono tutti!” l’ammonì Elvira. “E che me ne importa. Devono conoscerla tutti la ragione delle preferenze. Il mio naso ha buon fiuto!”. Fortunatamente Volfango non aveva motivo di aggirarsi spesso nei locali della fabbrica; quelle poche volte che doveva farlo, comunque, subito le comari si mettevano sul chi va là fiduciose di coglierli in flagrante. Un giorno, per esempio, passando nei pressi della sua macchina le abbozzò un gran sorriso che lei ricambiò con un bacio frettoloso mandato sulla punta delle dita. Dio ce ne scanzi e liberi! Adesso sì che era tutto chiaro! Quello sì che confermava la fondatezza dei loro sospetti! Ragion per cui Fulvia presagì: “Voglio proprio vedere cosa succederà al party di Natale. Lì, tra un goccio e l’altro, qualche altarino lo si scoprirà di certo!”. Come ogni evento atteso con ansia, sembrò lungo ad arrivare, ma giunse puntuale il giorno della festicciola natalizia. Qualcuno aveva portato pure un giradischi per movimentare il festino con della bella musica. E infatti si passò un lieto pomeriggio in simpatica armonia e in amichevole compagnia. In tale circostanza, comunque, occhio delle comari puntati sulla preda, si venne a conoscenza di un aspetto tutto nuovo della bionda. Da taciturna e dimessa, quale appariva sul lavoro, diede a capire di essere pure un tipo allegro, spigliato e sbarazzino, ma serio al tempo stesso. In effetti, capovolgendo la situazione, riuscì a scornare le comari in maniera del tutto insolito e brillante.

      Il direttivo e il personale di concetto giunse nell’improvvisata sala party quando ormai quasi tutti si erano già serviti. Appena il manager si avvicinò alla tavola fredda la bionda subito gli si accostò e gli andò suggerendo, via via, le cose più buone da prendere. E vi pare che quelle premurose attenzioni passassero inosservate allo sguardo vigile delle nostre pettegole? “Ma guarda solo che confidenze!”, fece l’una; e l’altra: “Quanto ci scommetti che stasera i piccioncini li vedremo tubare?”. Si mangiò, si bevve e si cominciò a ballare. Echeggiarono le note di un appassionato lento e lei, ondeggiandosi al ritmo di quelle, andò a invitare lui per quel ballo… e ballarono con tanto affiatamento e sintonia da essere la coppia più ammirata; e ballarono con tanta passione e trasporto da trovarsi spesso in un ravvicinato guancia a guancia. Ed eccoti subito Fulvia sbottare: “Mamma mia, hai visto che t’hanno fatto?”.  Ed Elvira non tardò a rincarare la dose: “Non ci vogliono più conferme: se la in-ten-do-no!”. A ballo terminato lui cacciò il cellulare e parlò con qualcuno. Lei, ancora mezza affannata, andò a riempirsi il bicchiere e, passando davanti a tutti quelli che stavano seduti, “cin cin” andava dicendo ad ognuno. Arrivata dalle comari, fingendo di volersi riposare, si sedette in mezzo a loro. Queste si guardarono in faccia stupite e imparazzate, ma non poterono fare a meno di intrattenersi a discorrere con lei. Nel bel mezzo della conversazione eccoti arrivare un distinto signore. La bionda, che bazzicava un poco d’italiano, vedendolo esclamò: “Ecco `rivato marito mio!”. “Tuo marito!” fecero quasi all’unisono Fulvia ed Elvira. “Sì, marito mio quello. Perché non sapere voi io essere sposata?”. Mentre lei diceva così il marito le si avvicinò e le diede un bacio sulla bocca. Dopo di che lei gli consigliò, nella lingua del suo paese, di andare a salutare il fratello. Poi, rivolgendosi di nuovo alle sue denigratrici, riprese in tono canzonatorio: “Bello marito mio, eh? Io dicere suo fratello, nostro manager, chiamare lui qui!”.  E senza ombra di dubbio era davvero un pezzo d’uomo, ancora più simpatico del fratello Volfango. Dovette essere appunto per questo significativo particolare che la sconfitta delle nostre care pettegole risultò di un sapore alquanto più umiliante.