LETTERA AD ERMANNO (da Gente nostra)
Ciao Ermanno, maestro
di italianità, modello di vita emigrante. La lingua italiana in Canada…spero se
la cavi anche senza di te. Non mi sono permesso di dire «ciao
professore» perché non sei mai stato uno di quelli che si danno arie da
cattedra, pur avendone tutte le carte in
regola quasi honoris causa. Al contrario sei sempre stato l’uomo comune del
quotidiano; una personalità che tutti hanno ammirato e apprezzato per la sua
modesta semplicità; sei stato quella preziosa goccia che scava la pietra non
con la sua forza, bensì con il suo lento e costante cadere. Ed ecco che questo
silente ma coscienzioso impegno di tutti i giorni ti regalava l’onorificenza di
Molisano dell’anno nel 2004 e di Cavaliere della Repubblica italiana nel
2008…sì, tu che amavi ritenerti «figlio di contadini», venivi insignito del
titolo di Cavaliere della Repubblica!
Per me personalmente
sei stato un esempio da seguire; anzi, spesso e volentieri, i nostri passi si
sono trovati sullo stesso cammino pur senza conoscerci. Su nel tempo nell’allora
neonata chiesa del Monte Carmelo in San Leonardo assistevo, una domenica, alla
cresima di un mio nipote; tra i cantori della corale il mio occhio si posò su
di uno dallo sguardo serio e pensoso, bonariamente burbero ma che al contempo
sprigionava tanta serenità: eri tu che già mi dicevi tanto come connazionale
all’estero. Sul finire degli anni sessanta padre Domenico Rodighieri fondava il
settimanale Insieme e la prima cosa che facevo era di andarne a leggere l’articolo
di fondo; una domenica, dopo la messa del pomeriggio, ero andato a trovare
padre Rodighieri in redazione e dopo poco vi giunse pure quello stesso signore
della chiesa del Monte Carmelo che portava a padre Domenico il suo articolo per
il settimanale: e, guarda caso, non eri proprio tu l’autore di quello scritto
che, immancabilmente, andavo a leggere con particolare attenzione? Un sabato di
vari anni fa ero in una sala da ricevimento per lo sposalizio di una mia
nipote; ebbene, durante la festa non rivedo ancora te che ti trovavi lì perché
amico del padre dello sposo? Un altro giorno, sempre su nel tempo, venne a
mancare al nostro affetto un caro cugino di mia moglie, insegnante di italiano per
conto del Picai…ed anche in detta circostanza i nostri passi si incrociarono
perché Domenico «il maestro» era pure un
tuo grande amico.
A proposito di Picai,
ne va da sé che il dente dolente dove va a battere la nostra «lingua» è lo
stesso. Infatti dal 1992,
venendo assunto come insegnante del sabato mattina, divenivo, e lo dico con
orgoglio, un tuo collega in lingua italiana. Ma in seno al Picai
il tuo lavoro e il tuo contributo per la lingua e la cultura italiana sono di
tale e tanta imponenza da essere divenuto una colonna portante dell’Ente stesso.
Significativa, infatti, la strenua lotta che sostenesti presso la Commissione
Scolastica di Montreal per l’ottenimento delle aule necessarie ai relativi
corsi del sabato mattina. E che dire, poi, della tua solerte dedizione ad essi
come insegnante, come direttore e addirittura come redattore degli stessi
programmi scolastici? Hai sentito la triste nuova a proposito di questa
istituzione per il cui buon funzionamento ti sei prodigato per anni ed anni?
Questo è il suo ultimo anno di attività: dopo di che scomparirà dall’agenda
della nostra comunità! Mi vien fatto di chiederti una cosa: «Non sarà stata per
caso questa sconcertante nuova a spezzare il tuo grande cuore di vecchio
emigrante?». Comunque, lasciami dirti un’altra cosa; almeno per me, insegnante
di lingua e cultura italiana, non sei stato un semplice maestro: sei stato uno
di quei «mastri» che in Italia, nell’immediato dopo guerra oltre che il
mestiere, insegnavano ai loro discepoli anche un tenore di vita onesto e
corretto. Correva l’anno 1962 allorché la nostra stazione radio CFMB apriva i
battenti. Ed ecco lì anche te sia come collaboratore di una delle sue prime
rubriche «Il piccolo programma», sia per commentarne lo sport via telefono. Riprendendo
il discorso sulla stampa scritta, oltre all’oramai estinto Insieme, svariati
altri sono i giornali e i settimanali dove hai messo la tua firma: Il Progresso
Italo Americano, La Tribuna Italiana, Il Mezzogiorno, La Verità, Il Corriere
Canadese, Il Corriere Italiano, Il Cittadino Canadese, Il Ponte…senza
dimenticare, cattolico praticante qual’eri, Il Messaggero di Sant’Antonio;
dulcis in fundo mi piace ricordare pure l’ex rivista trimestrale L’Altra
Calabria, edita dai comuni amici i Calabresi nel mondo: grazie ad essi, oltre
che a collaborare per la stessa causa, avevamo pure il reciproco piacere di
conoscerci di persona. E non finisce qui perché, ingegnere nei cantieri aerei
della Prath & Whitney durante la settimana, nei ritagli di tempo, qual
poeta della domenica, ti dilettavi a scrivere il romanzo «La padrona», la
collana di poesie «La voce delle pietre» e ben tre raccolte di racconti: «Terra
mia», «Amore infinito» e, guarda caso, «Viaggio in Paradiso»…viaggio che hai
intrapreso a tua volta lasciando questo mondo per andartene lassù: al cospetto
dell’Eterno e in compagnia di Sant’Antonio di cui con la penna, con la parola e
con l’azione ne sei stato un devoto e fedele «messaggero» in terra canadese.
Oggigiorno di svaghi
ricreativi ce ne sono tanti, anche grazie ai mezzi telematici che la scienza
moderna ci offre. Tempo fa, però, non era così, ed erano i gruppi teatrali e i
complessi folk a dare uno stacco di allegria alle nostre giornate lavorative.
Nemmeno in questo contesto è mancato il tuo zampino nella nostra comunità, anzi
anche in tal senso l’hai fatta da padrone e pure alla grande; l’immaginario paesino di Schiaccianocelle ed il Coro
Alpino, i tuoi cavalli di battaglia con cui eri solito intrattenerci nei fine
settimana, farci rivivere la spensieratezza paesana e irradiare nei cieli di
Montreal i colori del nostro folclore. Che tuffo al cuore, sabato mattina 16
ottobre, udire il coro da te fondato accompagnare la messa cantata in tua
memoria. Che ulteriore emozione, a fine cerimonia, quando l’attuale sua direttrice è venuta a chiamare, nella fila
dei banchi davanti a me, il suo predecessore Costanzo Colantonio per affidare a
lui, la direzione dell’ultimo canto in programma: il «Va pensiero» di Verdi…che
è sembrato quasi scortare il tuo volo dalla terra al cielo; il tutto proprio
lì, in quella chiesa del Carmelo dove ti
ho visto per la prima volta e dove ho preso la parola per darti pure il mio
ultimo saluto.
Questa lettera che ti
ho voluto scrivere la conserverò tra le mie cose come il fiore all’occhiello di
questa mia penna per l’italianità. E mi piace terminarla sottolineando che
con te se n’è andato un altro tassello di quella ‘gente de crejanza, come dite
voi molisani, che va sempre più scomparendo. Con te si è spento altro di quei bravi lavoratori dei campi che
seminano e se ne vanno, per lasciare agli altri i frutti del raccolto. A…Dio Ermanno, cioè arrivederci in Dio e buon viaggio in Paradiso, dove
sei andato ad aspettarci e, certamente, a preparare un posto anche per noi …e
così sia!
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