dimanche 30 octobre 2022

             San Giovan Battista Scalabrini

Il Santo Padre Francesco Primo ci ha ancora sorpresi; questa volta a tutto onore ed orgoglio di noi, gente emigrante. Difatti, domenica 9 ottobre, ha ufficiato la canonizzazione del beato Giovan Battista Scalabrini; e ciò che è alquanto importante è che lo ha santificato «pro gratia Summi Pontificis»: cioè senza che ci sia stato il secondo miracolo richiesto da norma per detto iter ecclesiastico. È stata la Postulazione Generale dei Missionari di San Carlo a perorare insistentemente la dispensa, ed il papa ne ha accolto la richiesta favorevolmente.

È già da tempo che il Sommo Pontefice condanna eccidi e crimini di guerra, nonché sfruttamento e speculazione sulla pelle dei migranti; nell’omelia di canonizzazione, lo scorso 9 ottobre, ha addirittura definito il Mediterraneo il «cimitero più grande del mondo» e la tratta dei migranti «scandalosa, criminale, schifosa, peccaminosa». È appunto per venire incontro a questo spinoso, ma sempre attuale, problema migratorio che, in occasione del 25mo di beatificazione del fondatore degli scalabriniani, la Postulazione ne ha chiesto ed ottenuto la santificazione in tempi anticipati. Ma cosa ha a che vedere il nostro neo-santo con noialtri emigranti? Beh, ecco cosa disse un giorno facendo scalo alla stazione di Milano: «In Milano, parecchi anni or sono, fui spettatore di una scena che mi lasciò nell’animo un senso di tristezza profonda. Di passaggio dalla stazione vidi la vasta sala, i portici laterali, e la piazza adiacente invasi da tre o quattro centinaia di individui poveramente vestiti, divisi in gruppi diversi. Sulle loro facce abbronzate dal sole, solcate dalle righe precoci che suole imprimervi la privazione, traspariva il tumulto degli affetti che agitavano in quel momento il loro cuore. Erano vecchi curvati dall’età e dalle fatiche, uomini nel fiore della virilità, donne che si traevano dietro o portavano in collo i loro bambini, fanciulli e giovani tutti affratellati da un solo pensiero, tutti indirizzati ad una meta comune. Erano emigranti!».

Nato a Fino Monasco l’8 luglio del 1839, da papà Luigi e da mamma Colomba Trombetta, già da bambino, per gioco, dava spettacolo ai compagni di scuola fingendo di dire messa e fare omelie. Entra in seminario nel 1857 e diviene diacono nel  1862 e sacerdote nel 1863. Insegna nel seminario di Como subito dopo l’ordinazione e ne diviene direttore dal 1868 al 1870 allorché viene nominato parroco della San Bartolomeo a Como. Studioso di catescesi dà vita al Catechismo Cattolico e al Piccolo Catechismo per gli asili d’infanzia. Ricordate quando da piccoli andavamo in parrocchia “alla dottrina” per imparare il catechismo? Ebbene ne fu proprio lui il promotore! Come già detto in precedenza si prodiga subito a fondare associazioni pro emigranti. Nel  1887 fonda la Congregazione dei missionari di San Carlo Borromeo (scalabriniani), l’Istituto di sacerdoti dediti all’assistenza degli emigranti, la Società di San Raffaele per la protezione degli stessi e, nel 1890, le Apostole del Sacro Cuore.  Da sottolineare che da vescovo nelle sue visite pastorali si recò pure negli Stati Uniti e nel Brasile. Intanto morì il giorno dell’Ascenzione il primo giugno del 1905.

Come postilla al tutto vado a sottolineare che qui a Montreal gli scalabriniani ufficiano sia nella parrocchia Madonna di Pompei che nella Madonna del Monte Carmelo, il cui attuale parroco è il mitico padre Rinaldo Vecchiato della «sosta dello spirito» a CFMB. Al termine di questa mia dissertazione sul nuovo santo mi sembra giusto accostare la sua figura a quella di due altre personalità religiose che campeggiano alla grande qui da noi a Montreal. In primis vado a citarvi San Giovanni Bosco: fu lui a raccomandarlo al papa Pio IX affinché lo nominasse vescovo di Piacenza alla sola età di 36 anni. In secundis mi permetto di ricordarvi suor Francesca Saveria Cabrini, la madre degli emigranti: fu Mons. Scalabrini a consigliarle di non recarsi missionaria in Cina, come lei voleva, bensì qui nelle nostre Americhe. Scommetto che adesso, orgogliosi di questa triade di santi che ci protegge, il nostro cammino emigrante abbia un nuovo senso ed un più gustoso interesse.      

samedi 15 octobre 2022

 Musica da brividi

Nel tracciare i profili della “gente nostra” finora ho dato uno sguardo quasi esclusivamente allo specchietto retrovisore del nostro cammino di emigranti; difatti ho parlato sempre o di persone mie coetanee oppure più anziane di me. Penso sia giunto il momento di dare spazio anche al nostro futuro e prendere in considerazione pure qualcuno dei tanti giovani che con il loro talento si impegnano a dare lustro alla nostra gente.

          Ciò premesso, vado subito a mettere in risalto il talento della keyboardista Alessia Priolo figlia di Carmela Bonifacio, una mia amica del Picai, e di Giuseppe Priolo. Nata a Ribera, in provincia di Agrigento, il 19 aprile del 1990 ha studiato musica al Conservatorio Arturo Toscanini nella stessa cittadina nativa. Una volta giunta a Montreal, dove si stabilisce definitivamente nel 2009, ha frequentato l’università Concordia laureandosi in scienze. Oltre ad essere un’artista compositrice è anche presidente della Fondazione non-profit Sincop8ed Noize che si occupa di giovani artisti emergenti particolarmente dotati.    

          Cosa ha rappresentato per voi il confinamento dovuto alla non ancora superata pandemia causata dal coronavirus alcuni annetti fa? Per la nostra giovane Alessia è stato una sorgente di creatività musicale con cui ha valorizzato i momenti difficili di tale periodo dando loro un risvolto di positività; ha saputo riempire il silenzio della covidianità attraverso la produzione di un nuovo album con cui ha compensato la mancaza di concerti con la sua band e di esibizioni dinanzi al pubblico; ha trasformato in rinascita ciò che sembrava sconcerto e depressione. Nella nostalgia degli spettacoli precovid e del suo primo album “Rebirth” prodotto nel 2018 ne ha dato alla luce un secondo intitolato “Echinopsis”; se ha dovuto interrompere spettacoli ed esibizioni ha avuto modo, d’altra parte, di uscire all’aperto con la sua creatività e dimostrare quanta luce si può sprigionare anche in un periodo scuro come quello impostoci dal covid 19. Tanto per farla breve, Echinopsis ha visto la luce a fine settembre ed è l’insieme di quattro tracce: Echinopsis, Confined, Reason e Flow state. Sulla copertina dell’album campeggia un fiore di cactus che per lei ha un significato profondo e ben preciso; è una pianta ricca di spine, ma pure carica di tanti fiori: Alessia infatti con la sua musica intende trasformare qualcosa di difficile in elementi densi di positività; in secondo luogo il cactus le ricorda la sua terra di origine a cui si sente strettamente legata e che non potrà mai dimenticare.

           Alessia Priolo è una compositrice di musica strumentale: niente parole, ma tanto sentimento; solo armonia e brividi a pelle! Il suo strumento principale è il piano con tastiere atipiche che le permette di creare suoni particolari impossibili a prodursi con strumenti tipici e di tradizione; già in Ribirth mette in risalto i suoni con la sua kytar: uno strumento metà piano e metà chitarra che le consente di trasmettere emozioni che, oltre ad echeggiarti nelle orecchie, ti toccano il cuore e ti riscaldano l’animo. Eccovi, intanto per finire, un ultimo ritocco al profilo di Alessia che mi permetto di parteciparvi con una mia traduzione dall’inglese di un bel pensiero espresso su di lei da Lindsay Schoolcraft: «Alessia fa veramente zampillare le sue storie dal cuore. Non hai bisogno di parole per capire cosa le sue emozioni dicono. Il suo nuovissimo EP ti porta in un reale, emozionante e vibrante viaggio da percorrere, e lungo il quale c’è il lavoro di un piano non convenzionale, ma atipico!».

Intanto il suo sito web, se volete consultarlo, è:

www.alessiakeyboardist.com