vendredi 17 novembre 2023

 

 L  A    C  O  V  I  D  I  A  N  I  T  À

Benché umiliato dalla pandemia, l’uomo

    
                                      ne è uscito ben più rigalluzzito!

In orante covidianità      settembre 2020

         Causa virus i luoghi di culto sono stati tra i primi a chiudere le porte e tra gli ultimi a riaprirle; tutto questo ci ha portati a tenerci in contatto con l’Alto in modo, è veramente il caso di dirlo, completamente «virtuale».

         È stato solo qualche mese fa che anch’io, al richiamo delle sue campane, mi sono recato nella Maria Ausiliatrice per il mio primo ingresso post-covid in chiesa: per il momento preferisco andare a messa a quella meno affollata delle cinque pomeridiane. Precluse da cordoncini colorati, in molte file di banchi è vietato sedersi per la nuova moda del distanziamento sociale; nonostante questo la presenza in chiesa, al pari del peso sulla luna, è ancora la metà della metà: cosa ti prende, mia cara gente? Hai paura del contagio anche nella casa di Dio? Suvvia, coraggio: penso che il Signore, almeno la Sua dimora, la tenga ben disinfettata!  Entro, prendo posto e, mascherina al volto come tutti glioranti, mi guardo intorno. In alto, su due mensole ai lati del presbiterio, la Madonna da un lato e dall’altro san Giuseppe: la mamma e il papà di Gesù; tutt’intorno alla vasta navata, sui mosaici delle vetrate, i fatti salienti del passaggio del Cristo in terra; alla sinistra di chi guarda un vistoso crocifisso; ma lo sguardo viene immediatamente attratto dal Risorto illuminato dai potenti raggi di un sole radioso! Le braccia protese agli astanti il Figlio prediletto sembra dire: «Io sono la via, la verità e la vita».

         Ma cosa ha fatto l’umanità da duemila e rotti anni a questa parte? Quali momenti e quali azioni del figlio dell’uomo ha preso ad esempio per rendersi meritevole del regno promesso? Per comodo o per convenienza si è menata subito per la scorciatoia; ha scartato le rinunce ed i sacrifici e si è messa orgogliosamente sul cammino che porta alla gloria; ha scansato le ombre e si è immerae nella luce; senza passare dal Golgota ha scalato repentinamente il Tabor non considerando che tale corsa poteva costarle cara: ha fissato lo splendore, ma l’improvviso bagliore l’ha accecata! La vista abbagliata, ha perso il controllo delle sue cose e non ha più Saputo gestire i tempi del suo operato; è caduta in confusione e, dinanzi alle provette del suo laboratorio, invece di schiacciare il bottone della vita ha digitato quello della morte, dando la colpa al covid per le tenebre che sono venute ad oscurare il cielo sul suo capo.

         Nella Maria Ausiliatrice, dopo l’ite missa est, non si esce più dall’entrata pricipale, ma bisogna farlo da quelle laterali che danno nel parcheggio; seguendo le frecce per l’uscita sulla sinistra bisogna passare sotto il crocifisso e attraversare la cappella delle mamme coi bambini: non sarà che per diventare buona, l’umanità, debba pentirsi e ritornare bambina?

 Ma non dimentichiamo che l’umanità non è un termine astratto: l’umanità siamo ognuno di noi!   

 

In danzante covidianità    novembre 2020

         Uno dei settori più frustrati dalla pandemia è quello dello spettacolo e della cultura; purtroppo proprio quelli che hanno a che vedere con il sacrosanto riposo settimanale, nonché per un giusto nutrimento mentale. Fortunatamente in «campo sportivo» c’è stata una certa ripresa delle manifestazioni anche se, per precauzioni antivirus, a porte chiuse. Intanto sembra che la maggiore problematica adesso sia legata alle «piste da ballo»: discoteche e danze sociali…giovani da una parte ed anziani dall’altra. Sono questi i luoghi ancora più soggetti a rischio e ancora maggiormente penalizzati…purtroppo!

          Punto fermo della covidianità è stato, sin dall’inizio, l’isolamento e il distanziamento sociale; questo è l’antidoto e non ci sono se e non ci sono ma che tengano: se si vuol sopravvivere bisogna evitare i contatti stretti e tenersi lontani il più possibile, a parte tutte le altre sante regole di igiene personale e pubblica. Poiché centri d’age d’or e discoteche comportano assembramenti di una certa portata, gestire queste attività e conciliare detti punti in contrasto è risultato difficile ed ha richiesto un compromesso di saggia dose di buon senso civico non indifferente. Difatti, come fa l’uomo, questo animale socievole, a tenersi alla larga dai suoi simili e non concedersi il godimento di sani svaghi ricreativi e di relax? Come fa la nostra terza età a privarsi di quegli incontri «ballerini» che ripagano sacrifici e rinunzie in una vita intera? È una vera tortura a cui si è cercato di sfuggire anche sfidando i divieti di circostanza o facendo finta che il covid fosse già qualcosa del passato. Non me ne vogliano neanche i giovani, ma sembra proprio questo l’attuale andazzo pure degli amanti della discoteca.

         Ciò premesso, cari voi negli anni verdi e cari voi dai capelli d’argento, mi permetto di farvi presente che nella filosofia scolastica l’uomo è definito come «animalis rationalis». Non pensate che sia appunto questo il caso di saper fare uso di questa umana facoltà razionale? C’erano buone speranze di una ripresa; ma sembra che siano state distrutte dal comportamento impulsivo cui ho appena accennato. La prevista seconda ondata, infatti, si è verificata e, guarda caso, ha preso di mira pure i giovani che sembravano aver quasi dimenticata la presenza in mezzo a noi del covid. Fortunatamente in questa ricaduta la medicina è pronta all’assalto e sa cosa fare; ma noi umani cosa abbiamo appreso dalla lezione del coronavirus? Se non vogliamo veramente cadere nel baratro, cerchiamo di uniformarci alle nuove norme che il governo ha dovuto imporci almeno per questo colorato mese di ottobre, cercando, una tantum e almeno quando è nel nostro interese, di agire da «animalis rationalis»! 

mercredi 1 novembre 2023

 L  A    C  O  V  I  D  I  A  N  I  T  À

    Se il meditare sul covid è stato utile,

                 perché non riprenderlo in considerazione?

In interrogativa covidianità  agosto 2020

Una delle tante cose che ci chiediamo in questo periodo di pandemia è questa: «Cosa ricorderanno i nostri figli, una volta grandi, di questo scombussolamento covidiano?».

 Vi rispondo subito con un’altra domanda: «Cosa ricordiamo noi, attuali nonnini, di quei catastrofici scombussolamenti causati dalle due guerre mondiali?». Di bombardamenti e di coprifuoco non ricordo niente anche perché, forse, vivevo in un piccolo paesino di provincia; ma di soldati, soprattutto americani, me ne ricordo eccome ed anche molto bene. Mio zio era proprietario di un mulino ad acqua e quindi si affacciavano spesso da quelle parti per scroccare qualche pranzo. Personalmente ricordo che, quando sentivo il motore delle loro jeep, subito scappavo ai bordi della strada e loro mi gettavano scatolette di corn-beef o blocchetti di cioccolata; e ricordo pure che all’asilo infantile ci davano la «farinallatte» bianca e appiccicosa alle labbra: tutto sommato…quasi dei cari ricordi! Noi, piccoli di allora, la guerra non l’abbiamo vissuta direttamente sulla nostra pelle, ma le conseguenze di quelle «nuove abitudini», da essa provocate e a cui dovevamo adattarci, ci hanno spinto sin qui in quest’America lontana: in un Nuovo Mondo!

         Ed allora oggigiorno, in questa nuova covidiana realtà, cosa stanno vivendo i nostri figli? Di cosa ci sentono continuamente parlottare? Immagino che quest’obbligatorio uso della mascherina sarà di certo il ricordo più simpatico e caratteristico che si porteranno dietro con più affetto e nostalgia. Ricordo che quand’ero piccolo io, appena entrati in classe, i maestri come prima cosa ispezionavano le nostre mani e soprattutto le unghie per accertarsi che fossero pulite. E ricordo pure che nei luoghi pubblici e nelle strade passavano sistematicamente degli impiegati comunali per una disinfettazione a base del famoso DDT (diclorodifeniltricloroetano), popolarmente detto «u flit». E voi volete che i nostri figli non si ricordino di questo accurato lavarsi spesso le mani e di questa scrupolosa pratica dell’igiene personale? E scommetto che anch’essi tutte queste cose,  che oggi vivono con gli occhi dell’innocenza, domani, forse, le rivedranno come in un alone di nostalgico sogno! Naturalmente nel nastro della loro memoria resteranno pure le tante «chiacchiere» dette e ridette, scritte e riscritte, lette e rilette virtualmente on line o sentite attraverso radio, televisione ed altri mezzi moderni di comunicazione…chiacchiere dei soliti sapientoni di occasione che, anziché allontanare il contagio, diffondono panico e confusione. Tanto per non andare troppo per le lunghe, un’ultima domanda me la faccio io personalmente che mi chiedo cosa penseranno i nostri figli, una volta grandi, degli abituali litigi e polemiche tra virologi e politici ed anche tra virologi e virologi nonché tra politici e politici per cercare di dare una giusta soluzione a questo benedetto covid 19. Non sarà che, soffocati da tanto fumo e niente arrosto, non se ne vadano a cercar fortuna sulla luna o su di un altro pianeta?

Appena spuntato, il coronavirus dall’est, tutto il globo si è dato la mano per un esemplare girotondo di pace e di benessere; ma già sembra che ognuno abbia dimenticato questo saggio proposito e che, anche in tema di pandemia «passata la festa, gabbato lo santo». Ah scusate, visto che sto parlando dei nostri figli, c’è ancora un altro interrogativo che mi pongo. Possibile che non si trovi un giusto compromesso e non si  opti per un comune accordo almeno per questo già iniziato rientro a scuola, facendo in modo che almeno una volta l’opposizione non intralci il partito al potere? È mai possibile che col virus ancora in giro, e quindi ancora a tu per tu con la morte in faccia, non si sappia prendere una decisione giusta ed unanime nemmeno quando sono in gioco gli albori stessi della vita?

         Riuscirà, qualche sciagura naturale o qualche sventura umana, a rendere l’uomo più buono? Non penso perché, se così fosse, ci sarebbe riuscita a farlo la peste di Atene che, guarda caso, spazzò via, con buona parte della sua famiglia, anche il grande Pericle, colui che aveva portato all’apogeo la Grecia del quinto secolo avanti Cristo. Penso che l’uomo resterà in eterno o figlio di Caino o figlio di Abele…che piova o che splenda il sole; per diventare buono dovrebbe «sapersi» fare un buon esame di coscienza!

 

In lavorativa covidianità   settembre  2020  

         Scongiuri di rito ed amuleti di buona fortuna alla mano onde evitare un’eventuale seconda ondata del covid 19, sembra quasi che le lancette dell’orologio stiano pian pianino riprendendo il loro quotidiano ticchettìo intorno al mondo. Intanto bene o male già ci siamo quasi adattati a quelle nuove modalità di vita che il virus ci va imponendo; ed infatti sono già parecchie le nuove normalità a cui ci stiamo assuefacendo per camminare sottobraccio alla covidianità.

         Naturalmente uno scossone di vasta portata lo sta subendo di certo il settore lavorativo: manuale, di concetto o digitale che sia, le fabbriche ancora non si riprendono, il mondo dello spettacolo è ridotto al minimo e in tutti gli altri settori o ci si arrangia o si arranga. Comunque in nessun posto di lavoro il buon giorno del mattino, il saluto della chiusura, le pause caffè o la sosta pranzo sono come quelli, lieti e spensierati, dell’anti covid. Si fa di tutto per rimettersi in sesto, ma l’umore collaborativo e il contatto fisico di una volta sembrano quasi essere stati messi sotto gamba dal lavoro a distanza. Si lavora per la stessa impresa, ma non ci si può guardare in faccia, non ci si può scambiare sguardi di complice sostegno né, tantomeno, sentirsi uniti dalla soddisfazione di collaborare tutti insieme lì, presenti in loco. In poche parole va sempre più prendendo piede il telelavoro, che prima della pandemia era appannaggio di pochi eletti privilegiati. Ma quello che è più preoccupante è come gestire in sanitaria sicurezza quei lavori prettamente manuali che, magari, richiedono anche una collaborazione gomito a gomito. Il virus si è già messo alle spalle la prima metà di questo sconcertante 2020 e intanto l’uomo si chiede ancora che ne sarà del nostro immediato domani ed anche di quello più lontano: che scia lascerà nel futuro questo drammatico presente? C’è all’ordine del giorno una nuova normalità, una diversa maniera di agire a cui adattarsi per poter sopravvivere: saprà, l’uomo, travare la giusta via per continuare il cammino? È preparato ad affrontare questo differente modus vivendi?

         Ma vogliamo ritornare per un momento indietro nel tempo? Anche in passato ci sono stati dei momenti che ci hanno dato delle preoccupazioni economiche. Ricordo, negli anni 70, lo sbarco in fabbriche ed aziende di robot e mezzi computerizzati: erano macchinari che potevano rimpiazzare la manodopera di più lavoratori e, quindi, avevano la capacità di aumentare gli introiti diminuendo le paghe e di mettere, di conseguenza, gente sul lastrico! E quale gente finiva sul lastrico? Le vecchie manovalanze che, sebbene esperte e competenti, non erano pertanto in grado di familiarizzare con i nuovi congegni della tecnica moderna. Intanto, col tempo, quegli allarmi di allora si sono andati man mano attutendo ed ognuno si è automaticamente assuefatto a quel nuovo fare che, ormai oggi giorno, è anch’esso invecchiato. In quel frangente ebbi a scrivere in qualche mio componimento che, forse, l’uomo «per suo danno il suo progresso impasta» ed in un altro punto che «avvantaggiando il futuro dell’umanità, spesso il progresso rovina il presente dell’uomo». Cabala o non cabala, corsi e ricorsi storici che dir si voglia, mi sembra che si tenta spesso di assestare l’economia mondiale favorendo le fulve chiome giovanili e quelle dorate delle genti mature a scapito di quelle argentate della canizie senile. Non è giunta anche al vostro orecchio la teoria del ringiovanimento della specie umana per ristabilire un giusto equilibrio nell’economia sociale? A tale proposito un bel bravo a te, uomo: quanto sei grande! Dopo essere riuscito a creare la vita in vitro, adesso vai anche rimproverando Iddio per aver messo troppa gente sulla faccia della terra!