samedi 2 janvier 2021

 Accogliendo il 20ventuno

                L’atteso 20ventuno di certo non poteva accommiatare con un abbraccio il  suo perfido predecessore 2020. Allora gli ha dato una gomitata di disprezzo e lo ha mandato fuori dal tempo. E così al rituale conto alla rovescia, varcando le soglie del mondo, è giunto tra noi con le più belle delle intenzioni possibili tra spumanti stappati, scintillio di colori e fremiti al cuore.

          Intanto, scorgendo “quest’atomo opaco del male”, non ha potuto fare a meno di fissarlo negli occhi e dargli un consiglio: “E tu ora, misero vermiciattolo, cerca di non indurmi a cambiare idea!”.

 

Benvenuto 20ventuno

                Sì, un entusiastico pensiero di benvenuto a te, anno 20ventuno ancora tutto da trascorrere.

L’ultima solenne manifestazione con assembramento consentito è stato il Festival di San Remo nello scorso febbraio…dopo di che ombre nel cuore e terrore sul capo dell’intera umanità! La kermesse sanremese è sempre stata simbolo, musicalmente parlando, di vita nuova: la musica leggera del nostro Stivale si rigenera attraverso parole e motivi inediti ed originali. Coronavirus ancora insidiosamente nascosto in mezzo a noi, è ancora San Remo all’orizzonte delle nostre speranze. Il suo direttore artistico ha già anticipato una rappresentazione ad alta partecipazione di pubblico, nel doveroso rispetto sempre delle necessarie norme sanitarie: un significativo passo avanti, comunque, sul fronte di questa rincresciosa lotta al covid 19.

          Chi canta prega due volte, diceva sant’Agostino. Auguriamoci, allora, che questa duplice supplica al Signore dal tempio della musica leggera italiana diretta, guarda caso al nome, dal bravo Amadeus, possa maggiormente intenerire i cori celesti e ben disporli a farci camminare più speditamente verso la luce in fondo al tunnel! Nella resilienza della covidianità sembra che tutto possa ripartire da lì…da dove eravamo rimasti!

          Siamo in gennaio, il mese dell’Epifania che tutte le feste porta via; raccomandiamoci ai Re Magi e chiediamo loro di portare al Bambin Gesù il dono di trasformare le nostre speranze nella certezza di quella rinascita agli indispensabili contatti umani…perché una vita senza abbracci è come un fuoco senza fiamma!

    Intanto, di nuovo benvenuto a te 20ventuno e Buon Anno a tutti voi, cittadini nel mondo!

jeudi 24 décembre 2020

 

In natalizia covidianità

      Eccoci finalmente a Natale ed anche stanotte nascerà il Salvatore; quest’anno, intanto, siamo anche animati dalla speranza che il Divino Bambinello, scendendo dal cielo, ammanti la terra nella tranquillità di un futuro più sereno. Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. A quegli uomini, cioè, che almeno in questo periodo di pandemia hanno voglia di collaborare coscienziosamente per il benessere di tutti e su tutta la terra. Già da inizio novembre abbiamo cominciato a chiederci a come sarà il Natale 2020. Ebbene sarà esattamente così come ce lo siamo e ce lo stiamo ancora preparando tutti noi che lo festeggeremo anche questo 25 dicembre di questo fatidico ventesimo anno, primo "quarto", del terzo millennio!

       Circa un anno fa, quando il covid venne a nascodersi in mezzo a noi, vennero a formarsi tre distinte piattaforme sociali per combatterlo o perlomeno renderlo il meno aggressivo possibile. Fu la medicina in primis a fargli da scudo e a tenerlo a bada in modo encomiabile ed eroico nonché in maniera esemplare e scientificamente adatta allo scopo. Luminari di tutto il mondo diagnosticarono all’unanimità la stessa linea di difesa e si trovarono pure tutti d’accordo nel dettare leggi sul da farsi: una mascherina di protezione, un frequente lavarsi le mani, uno stretto distanziamento sociale; e già da allora vaticinarono pure, e sempre di comune accordo, un eventuale vaccino la cui lavorazione è puntualmente in via di sviluppo anche se, a scorno dell’iniziale solidarietà collaborativa, ogni Paese adesso è in corsa alla ricerca di quello proprio;  nello stesso tempo si sentenziò pure di doversi adeguare a delle nuove abitudini di vita perché più nulla in futuro sarà come prima per noialtri comuni mortali che dobbiamo, obtorto collo, farcene una ragione!

       Tutto sommato in questo trascorso anno di pandemia, a trovarsi tra l’incudine e il martello forse sono stati proprio i governanti. Si sono improvvisamente trovati tra le mani una scomoda patata bollente, se non addirittura una bella gatta da pelare. Hanno dovuto imporre le norme sanitarie suggerite dalla medicina e hanno dovuto cercare, nello stesso tempo, di venire incontro alle più disparate esigenze delle attività sociali: lavoro, economia, sport, cultura, spettacolo, divertimento, educazione, insegnamento e chi più ne ha più ne metta. E, come sempre accade in emergenze del genere, se accontenti questo scontenti quell’altro e, come fai fai, ti verrà puntato a prescindere l’indice contro! Ditemi quello che volete ma, dando uno sguardo intorno al mondo, soprattutto in quei Paesi che si spacciano per democratici, mi sa che qui in Canada possiamo ritenerci di buon esempio in questa ancora dilagante covidianità. Ciò premesso, tutti i governi hanno messo i necessari paletti di protezione per affrontare la seconda ondata ed ora stanno prendendo anche le richieste misure per farci trascorrere un sereno Natale, onde evitare una malaugurata terza ondata. Intanto, quali sono le nostre reazioni popolari faccia a faccia a queste loro non facili prese di posizione…a sfondo natalizio?

       Si disse che il covid era giunto su terra per richiamare l’uomo ad una più saggia normalità di vita; se ben ricordo anch’io sottolineai, in un mio primo scritto a riguardo, che questo piccolo atomo terrestre era giunto a ritenersi un padreterno in terra. Ora che è quasi giunto Natale sembra che suddetto pentimento non sia a più di dovere e che, almeno per queste festività più suggestive dell’anno, un po’ di più gioia e di più godimento ce lo meritiamo proprio, anche se il nostro nemico è sempre lì in agguato. Cosa ci costa, allora, accettare  di buon grado le norme suggerite  ed  approfittare dell’atmosfera natalizia sia per adattarci alle necessità covidiane e sia per finalmente assuefarci ad una più conveniente normalità? Sono proprio necessari i numerosi assembramenti e le abbondanti tavolate per accogliere il Bambinello e per dare il benvenuto al Nuovo Anno? Quante volte in passato ci siamo rimprovetrati di dare più importanza ai festeggiamenti materiali, anziché prendere in considerazione pure i valori spirituali di queste sante feste? Ed allora rimettiamoci la mano sulla coscienza e cerchiamo di non lamentarci troppo della presenza del virus in mezzo a noi: tutto sommato ci sta porgendo l’occasione di trascorrere un sereno Natale nella gioia della famiglia e nel calore del focolare domestico come ai nostalgici tempi di quando "si stava meglio quando si stava peggio".

       D’altra parte resta fermo un punto: più nulla in futuro sarà più come prima perché con il covid 19 dobbiamo imparare a conviverci! E questo, come in ogni altra cosa che richiede una giusta capacità di adattamento, chi ha la saggezza di farlo lo sta già facendo; chi, invece, non ha il giusto senno per farlo, non vi si abituerà mai…anzi continuerà a parlarne a vanvera senza accorgersi di seminare panico e di stressarsi senza motivo; in questo sopraggiunto clima di convivenza non trascuriamo, dunque, di mettere in agenda il rispetto delle norme, di noi stessi e soprattutto degli altri…se vogliamo realmente avere la meglio sul virus e "regalarci" quella meritata rinascita del tutto andrà bene!

vendredi 4 décembre 2020

 

Sul podio della covidianità

      Una seconda ondata del coronavirus era stata data per scontata, anche se non con assoluta certezza. E già dai primi dell'autunno la ricaduta si è affacciata in vari Paesi andando a prendere di mira anche i giovani: è venuto a fare una carezza pure sulle spalle della promettente età verde!

       Ma cerchiamo di fare una messa a punto su quello che si è verificato, per quanto riguarda il comportamento umano, tra la prima e la seconda fase del covid 19. Intanto va sottolineato che la medicina, ben supportata da precedenti esperienze analoghe e dai passi da gigante fatti dalla scienza, ha saputo controbatere efficientemente gli attacchi del morbo, pur non avendo ancora trovato un vaccino adatto a debellarlo compleltamente. Cosa questa quasi illusoria perché l’unico rimedio a certi mali sta nella convivenza con essi o nella speranza di una eventuale riproduzione di anticorpi. Ciò premesso mi permetto di paragonare questa devastante covidianità ad una gara agonistica e mettere sui tre gradini del podio i protagonisti delle rispettive medaglie. Quello più alto spetta a medici e paramedici che si sono prodigati anima e corpo a soccorrere i contagiati anche a costo della loro stessa vita; ad essi, dunque il meritato onore della medaglia d’oro e il caloroso applauso della nostra riconoscenza!

       Dal canto suo, a quanto pare, pure la fascia generazionale adulta e senile ha fatto la sua parte per non ingolfare il traffico delle vite verso l’aldilà. Un po’ perché prudentemente consigliata dai figli, un po’ per ubbidienza alle  nuove misure di sicurezza, un po’ anche per paura di essere veramente abbracciati da sorella morte…noi anzianotti e gente matura siamo stati, più o meno, di buon’esempio nella gestione di questo increscioso tempo buio; e possiamo essere orgogliosi di aver saputo rinviare a più tardi il giorno della nostra comparsa alle porte del paradiso. E, come avrete ben capito, il secondo posto del podio mi va di assegnarlo proprio alla categoria di queste brave persone: la medaglia d’argento, quindi, sul petto della saggezza che ha tenuto la situazione sotto controllo con calma e riflessione.

       Immagino che siate curiosi di sapere chi ho messo sul terzo gradino del podio; ebbene la medaglia di bronzo l’ho appesa al collo della spensieratezza giovanile. Cari giovani, sin dall’affacciarsi su terra del coronavirus siete stati gli angeli custodi di nonni e genitori più soggetti all’attacco del morbo. Ricordate la spesa fatta per loro e lasciata sull’uscio di casa? E quei saluti di affetto lanciati dalla strada attraverso vistosi baci volanti? Siete stati veramente stupendi nel prendervi cura dei vostri vecchietti con diligente premura e filiale affetto! Ma non sarà che la vostra asintomaticità vi abbia fatto rischiare troppo? Con l’arrivo dell’autunno, infatti, la pronosticata seconda andata si è realmente verificata ed ha preso di mira anche voialtri giovanotti che, a torto o a ragione, vi eravate illusi di essere quasi dei privilegiati. Non sarà che il vostro entusiasmo vi abbia fatto sottovalutare i parametri della situazione? Dovunque nel mondo si è notata una certa trascuranza da parte vostra sulla messa in tratica delle necessarie misure di sicurezza; dovunque nel mondo l’euforia del divertimento e del raggrupparsi insieme vi ha portati a negligere il distanziamento sociale e l’uso della mascherina. Non sarà stato questo vostro modo di comportarvi tanto  impulsivo da rasentare quasi l’incoscienza? Non sarà, infatti, proprio questa vostra leggerezza ad aver appesantito lo scorrere di questo sfortunato 2020?

       Visto che ci risiamo, speriamo bene e torniamo a sognare di nuovo il sereno arcobaleno del «tutto andrà bene»!

lundi 16 novembre 2020

 

In danzante covidianità

          Uno dei settori più frustrati dalla pandemia è quello dello spettacolo e della cultura; purtroppo proprio quelli che hanno a che vedere con il sacrosanto riposo settimanale, nonché per un giusto nutrimento mentale. Fortunatamente in «campo sportivo» c’è stata una certa ripresa delle manifestazioni anche se, per precauzioni antivirus, a porte chiuse. Intanto sembra che la maggiore problematica adesso sia legata alle «piste da ballo»: discoteche e danze sociali…giovani da una parte ed anziani dall’altra. Sono questi i luoghi ancora più soggetti a rischio e ancora maggiormente penalizzati…purtroppo!

        Punto fermo della covidianità è stato, sin dall’inizio, l’isolamento e il distanziamento sociale; questo è l’antidoto e non ci sono se e non ci sono ma che tengano: se si vuol sopravvivere bisogna evitare i contatti stretti e tenersi lontani il più possibile, a parte tutte le altre sante regole di igiene personale e pubblica. Poiché centri d’age d’or e discoteche comportano assembramenti di una certa portata, gestire queste attività e conciliare detti punti in contrasto è risultato difficile ed ha richiesto un compromesso di saggia dose di buon senso civico non indifferente. Difatti, come fa l’uomo, questo animale socievole, a tenersi alla larga dai suoi simili e non concedersi il godimento di sani svaghi ricreativi e di relax? Come fa la nostra terza età a privarsi di quegli incontri «ballerini» che ripagano sacrifici e rinunzie in una vita intera? È una vera tortura a cui si è cercato di sfuggire anche sfidando i divieti di circostanza o facendo finta che il covid fosse già qualcosa del passato. Non me ne vogliano neanche i giovani, ma sembra proprio questo l’attuale andazzo pure degli amanti della discoteca.

       Ciò premesso, cari voi negli anni verdi e cari voi dai capelli d’argento, mi permetto di farvi presente che nella filosofia scolastica l’uomo è definito come «animalis rationalis». Non pensate che sia appunto questo il caso di saper fare uso di questa umana facoltà razionale? C’erano buone speranze di una ripresa; ma sembra che siano state distrutte dal comportamento impulsivo cui ho appena accennato. La prevista seconda ondata, infatti, si è verificata e, guarda caso, ha preso di mira pure i giovani che sembravano aver quasi dimenticata la presenza in mezzo a noi del covid. Fortunatamente in questa ricaduta la medicina è pronta all’assalto e sa cosa fare; ma noi umani cosa abbiamo appreso dalla lezione del coronavirus? Se non vogliamo veramente cadere nel baratro, cerchiamo di uniformarci alle nuove norme che il governo ha dovuto imporci a partire dal colorato mese di ottobre, cercando, una tantum e almeno quando è nel nostro interesse, di agire da «animalis rationalis»! 

 

lundi 2 novembre 2020

 

Eduardo Rodà: con penna e pennello in mano

        Ho conosciuto Eduardo Rodà sui banchi di scuola del PICAI e subito si stabilì tra noi un buon rapporto di amicizia che continua ancora adesso. Ciò che mi colpì maggiormente della sua personalità fu il suo senso di appartenenza e il suo vivere l’italianità con innata convinzione e con sincera spontaneità; virtù, queste, che trasmetteva anche a studenti e colleghi. Conoscendolo bene posso dire con certezza che ha dato un contributo non indifferente alla trasparena della nostra italianità, non solo come pittore, ma anche come insegnante nonché uomo di cultura. Mente aperta e lungimirante parlava volentieri di allargare gli orizzonti dell’insegnamento del sabato mattina per farlo divenire materia scolastica nelle scuole publiche. Ed in effetti nella East Hill di Rivière des Prairies fu appunto lui e sua cugina Giovanna Giordano a creare i presupposti, lavorando intensamente sul terreno ed a tutti i livelli di intervento e coinvolgendo tutti i responsabili, affinché si realizzasse l’integrazione dell’italiano in detto istituto scolastico. Senza calcolare gli anni in cui è stato presente come insegnante anche sui banchi del PELO. Culturalmente parlando mi va di dire che è ben ferrato anche come critico letterario; avendogli fatto leggere alcuni miei racconti di manifattura, sapete cosa mi disse a lettura terminata? Che il mio stile letterario «non si allontana mica tanto dal verismo del Verga». 

        Ma intanto eccovi alcuni suoi cenni di vita. Suo padre Domenico giunge a Montreal nel freddo inverno del 1952 da Condé nel nord della Francia e nel 1953 lo raggiunge pure la moglie Carmela che, nel frattempo ha sposato per procura; dal loro matrimonio nasce il nostro Eduardo nel 1954 e poi suo fratello Francesco Antonio di tre anni e mezzo più piccolo di lui. Intanto ad inizio anni 60 la famiglia ritorna, a bordo dell’Andrea Doria, in Italia per stabilirsi a Motta SanGiovanni dove Eduardo trascorre un’infanzia spensierata e muove i primi passi verso l’arte: nel liceo artistico di Reggio Calabria dove si trovano tutt’ora i Bronzi di Riace! È proprio di questo periodo il suo primo quadro su tela che vede la luce nel giorno del suo compleanno, il 5 gennaio 1971. Ed è anche in quello stesso anno che si trasferiscono in Val D’Aosta; Eduardo continua i suoi studi a Torino e si appassiona pure alla letteratura, tanto è vero che scieglie appunto l’italiano come materia di esame sia per il diploma di maturità che per l’iscrizione all’Accademia Albertina sotto la guida dello scultore Sandro Cerchi. Mette fine ai suoi studi discutendo due tesi di laurea: una sull’arte paleolitica in Francia e una sull’artista olandese Piet Mondrian. Da questi suoi anni scolastici scaturiscono le prime mostre: 1974, 1977, 1980 allorché diventa membro fondatore dell’Opera 80 di Torino.

        Intanto, sempre in quel 1980 assieme al fratello, si concede una vacanza a Montreal presso uno zio qui residente. La vacanza, comunque, si prolunga ed offre ad Eduardo la fortuna di conoscere Domenica, una ragazza calabrese nata a Toronto da genitori di Pentedattilo. Nel 1981 convolano a nozze, partono per l’Italia e in appresso ritornano a Montreal dove mettono su casa e studio artistico. Anche Domenica termina i suoi studi divenendo museologa; la famiglia prende una giusta stabilità e due stupende figlie, Nina e Marta Valentina, vengono ad arricchire e ad allietare la loro unione. Anche i contatti con la Madre Patria rimangono vivi e frequenti; e questo sia dal punto di vista affettivo e familiare che dal punto di vista artistico che si concretizza attraverso mostre ed esposizioni varie anche oltre oceano. Interessanti e notevoli, d’altra parte, pure le sue mostre attraverso il Quebec e, naturalmente nella stessa Montreal come testimoniano quelle presso la Gallerie Bernard alla cui guida ci fu anche il suo amico Gianguido Fucito. A questo punto penso che non sia affatto fuori luogo dare dei numeri: 52 mostre personali e di gruppo; 2 fiere internazionali d’arte contemporanea; e ben 152 articoli, è proprio il caso di dire, fatti ad arte e mestiere, rilasciati a svariati veicoli di informazione sia cartacea che virtuale. A tale proposito vi cito alcuni dei suoi impegni e collaborazioni in tal senso. Bloger del sito «erexpcolor»; collaboratore di «XXI secolo»; fondatore e presidente dell’AELOQ; membro fondatore del gruppo teatrale P. P. Pasolini di Montreal; membro fondatore dell’Opera 80 di Torino ed altri ancora. La sua arte possiamo definirla astratta, geometrica ed attuale; un’arte che è sempre rimasta geometrica e materica; un’arte, sotto quest’ultimo aspetto, espressamente italiana che si arricchisce di echi e di spunti alquanto vicini al Caravaggio e a Leonardo. I suoi lavori riflettono, con semplicità stilizzata, l’immaginario geometrico proiettato dagli strumenti della tecnologia elettronica che popolano il nostro universo contemporaneo. Le sue pitture non sono viste più nella loro «globalità-unicità», ma eseguite su più tele che si possono mettere in parallelo al nastro di un film dove la visuale si sposta assieme alla cinepresa; un procedimento che si sviluppa nel tempo in maniera lineare e successiva.

        Eduardo Rodà, un italiano convinto, un insegnante d’avanguardia, un artista geniale ed originale, una di quelle persone speciali che, una volta conosciute, non si dimenticano più! 

samedi 24 octobre 2020

Numero speciale in occasione della XX settimana della lingua italiana nel mondo 

Il PICAI e l’italiano a Montreal   

          Come ogni cosa sulla faccia della terra, anche gli Enti socio-comunitari, con il passare del tempo, dovrebbero adeguarsi alle esigenze della società. Ciò premesso, appena giunsi a Montreal nel 1967 per due anni insegnai italiano ai figli degli emigranti nelle scuole del sabato mattina. Dette scuole vennero istituite nel 1950 da Mons. Andrea Maria Cimichella e gestite, a quei tempi, dalle parrocchie italiane della nostra metropoli canadese. Allora sì che bisognava parlare di insegnamento a livello di emigrazione: avevamo ancora la valigia di cartone appesa al chiodo in un accorato angolo di garage! Purtroppo, per motivi di lavoro, dovetti interrompere sia pure temporaneamente, quell’interessante insegnamento del sabato mattina.

          In appresso l’ho ripreso di nuovo, per circa una trentina di anni ancora, nel 1983 per conto del PICAI che, fondato nel 1972, si avvicendava alle parrocchie italiane nella gestione dell’insegnamento della lingua e cultura italiana. A questo punto devo dirvi che, tornando sui banchi di scuola, mi trovai subito immerso in una nuova ideologia didatica completamente diversa da quella sperimentata anni prima. Innanzi tutto venni a conoscenza dell’esistenza del PELO grazie al quale tanti dei miei colleghi del sabato anche durante il giorno diffondevano la cultura italiana nelle scuole francofone ed anglofone. In secondo luogo, specialmente nell’ora pedagogica di fine mese, restai piacevolmente sorpreso da quel nuovo spirito didattico e da quei nuovi ideali di insegnamento che venivano cullati dalle menti e dal cuore di quei miei nuovi amici del sabato all’italiana. Nello specifico sentivo parlare della loro ferma volontà di dare una nuova impronta ed un orizzonte più vasto a quel limitato insegnamento di solo tre ore a settimana. E li sentivo parlare anche dell’italiano come lingua di cultura e come materia scolastica da integrare nelle scuole pubbliche. E, tira e molla e per merito soprattutto dell’intraprendenza e della buona volontà di vari insegnanti, ormai non più di prime emigrazioni, detto insegnamento oggi giorno è già attivo in svariate scuole publiche sia della commissione scolastica francese che di quella inglese. Ho sempre insegnato nella Leonardo da Vinci in Rivière des Prairies e sono fiero di affermare che in una di queste scuole, precisamnente nella East Hill, furono due miei colleghi della da Vinci a creare i presupposti e a coinvolgere tutti i responsabili affinché si realizzasse l’integrazione dell’italiano in detto istituto scolastico. È ormai da vari annetti che non insegno più e, di conseguenza, sono all’oscuro di eventuali altri sviluppi a ché l’italiano diventi lingua di cultura. Comunque, detto per inciso, l’italiano è la quarta lingua più studiata al mondo; intanto anche Montreal e il Canada fanno parte del mondo; ergo dunque…intelligenti pauca! Con somma soddisfazione ho sentito parlare della fondazione del CESDA: un Ente che si avvale anche del supporto della Società Dante Alighieri di Montreal e che si prefigge come lusinghiero e nobile scopo proprio  l’inserimento della lingua italiana nelle scuole publiche. Una nuova formula, quindi, per continuare in maniera più consistente quelle idee già promosse ed avanzate in precedenza da alcuni membri del PICAI. Il CESDA è nato in seguito all’integrazione dell’italiano nella Marie Clarac: mi auguro  che l’operato dell’Ente abbia dato altri buoni frutti e che possa vedere realizzato al massimo ogni suo sogno.

Ho introdotto questa mia dissertazione con un eventuale aggiornamento di Enti ed Organismi comunitari alle varie richieste dei corsi e ricorsi storici, senza contare che molti di questi sodalizi hanno nei loro obiettivi un passaggio di testimone del nostro retaggio alle future generazioni. Questi leader della nostra italianità non potrebbero prendere in considerazione anche questo nostro problema linguistico come una esigenza attuale cui dare una risposta? Questi leader della nostra italianità non potrebbero darsi una buona stretta di mano e, vis unita fortior, bussare alle porte dei nostri molteplici imprenditori affinché si impegnino a sovvenzionare un giusto futuro al nostro idioma e a che questo da insegnamento di emigrazione diventi lingua di cultura: sia come materia di insegnamento nelle scuole publiche e sia, perché no, attraverso la fondazione di una scuola etnica privata?

          Ben spesso si è messo in ividenza questo neo linguistico del PICAI; ma quando si cammina insieme, soprattutto in terra emigrante, non sarebbe più fruttuoso darsi una mano per rendere il cammino più agevole e piacevole? Come ho appena accennato, varie altre Istituzioni nostrane avrebbero potuto accompagnarlo a portare avanti la nostra lingua in una maniera migliore. Quindi, tanto per concludere, mi permetto di chiedermi se non sia il caso di farsi un buon esame di coscienza ed esortare eventuali altri responsabili con un perentorio “sotto a chi tocca?”…affinché il “dolce sì che suona” possa continuare a farlo in una tonalità sempre più melodiosa!

dimanche 18 octobre 2020

 

GENTE NOSTRA: in silenziosa italianità

       Adesso che di televisione in lingua italiana possiamo scialarcela per 24 ore al giorno, posso farvi una domanda? Cosa ne pensate, oggi giorno, delle allora: Tele domenica, Telegente e in seguito Tele Italia? Cosa ricordate di quelle poche ore settimanali che raggruppavano i nostri nuclei familiari tenendoli uniti alla Madre Patria? Vi vengono ancora in mente Gli emigranti oppure Figli miei vita mia: quelle stupende mezz’ore in cui né si sentiva un alito di respiro, né si staccavano gli occhi dal televisore? Col pensiero ritorno spesso a quei bei tempi ed uno dei volti che si affaccia di frequente allo specchietto retrovisivo del passato è quello della simpatica e brava Alda Viero. Fu, difatti, annunciatrice e animatrice di Telegente; e fu conduttrice, in Tele Italia, della rubrica «Viaggiando per il mondo», nonché annunciatrice per la lettura di notiziari internazionali, nazionali, locali e comunitari.

        Alda Venditti Vieri, nata in Italia a Campobasso nel Molise, è giunta a Montreal all’età di 13 anni a bordo della Saturnia ed è madre di due stupendi figli: Paolo e Stefano. Ha conseguito, presso l’istituto Jean Louis Audet, il diploma di arte drammatica e quello di gestione in turismo. Ed infatti per ben 42 anni è stata operatrice turistica in qualità di direttrice presso la Mediterranea e la Kosmos e come co-proprietaria dell’agenzia di viaggi Viernar, ed in appresso è stata agente di viaggi anche nella Extravaganzia. A parte questo, da convinta italiana, é stata presente nella nostra comunità come sostenitrice di varie attività, nonché come volontaria laddove il caso lo richiedeva. Abito in Rivière des Prairies e sono parrocchiano della Maria Ausiliatrice; allorché, ad inizio anni 70, padre Romano Venturelli fondò la parrocchia, in mancanza di una chiesa, la messa domenicale veniva celebrata nella casa di Renzo ed Alda Viero. Sempre come volontaria ha prestato servizio nell’italianissimo ospedale Santa Cabrini e in altri centri ospedalieri; nel 1958 rappresentò l’Italia al carnevale di Quebec city e nel 1974 scese anche in politica per il partito Liberale del Quebec; senza dimenticare che, segretaria dell’AIAC, ancora oggi si occupa di persone con problemi familiari ed economici.

        Noialtri, gente emigrata in Canada, come semplice popolo non avremmo mai potuto dare quei passi che abbiamo dato per affermare i nostri valori ed il nostro retaggio qui in Nord America se non fossimo stati guidati da Enti ed Organismi comunitari che hanno aperto le nostre menti e indirizzato i nostri cuori verso i giusti orizzonti di un colloquio interculturale con tutti gli altri gruppi etnici del vasto Canada. Eccovene alcuni di quelli che hanno visto anche la presenza di Alda  come attiva collaboratrice. Socia della Casa d’Italia, mansioni varie nel Congresso degli Italo Canadesi, cariche varie nella Federazione delle Associazioni Molisane del Quebec, vice presidente dell’Ordine Figli d’Italia, vice presidente del Comites e tante altre ancora.

        Di svaghi e divertimenti, oggigiorno, ne abbiamo a iosa ed abbiamo pure più tempo per praticarli e maggiori dispobilità di appuntali nell’agenda dei nostri hobby e relax. Su nel tempo però, quando eravamo ancora quegli operai di manifattura con sulle spalle il peso della casetta in Canada, che sfizi ci permettevamo per alleggerire un tantino la fatica delle nostre giornate lavorative? A mettere un po’ di contentezza nei nostri animi, nei week end di allora, ci pensavano i gruppi teatrali di Ermanno La Riccia, Mara Rantucci e Augusto Tomasini. Ma lo sapevate che alle Maschere e alla Ribalta, dove il Tomasini ricopriva il ruolo di regista, è saldamente legato pure il nome di Alda Viero assieme a quello di Corrado Mastropasqua? Difatti di entrambi i gruppi ne fu co-fondatrice e convincente attrice. E per mettere una ciliegina su questa sua torta artistica vi faccio presente che fu pure membro del consiglio di amministrazione del teatro Centour e che ha doppiato anche voci in lingua francese per filmati e documentari e che è stata finanche attrice di fotoromanzi ed autrice di molteplici commedie. Senza dimenticare che è stata organizzatrice di spettacoli teatrali e folcloristici nella parrocchia della Difesa e collaboratrice nell’organizzazione di carri allegorici per la Saint-Jean Baptiste.

        Emigrando in terra canadese uno dei nostri principali sogni è stato quello di trapiantare le nostre radici in queste zolle lontane e di trasmettere le nostre tradizioni, la nostra cultura e la nostra lingua alle future generazioni. Naturalmente anche per quel che concerne l’insegnamento del nostro dolce idioma la nostra Alda ha dato il suo valido appoggio in tal senso: sia per promuovere l’italiano come lingua di insegnamento e sia per educare lo spirito di appartenenza del nostri figli nati in Canada. Ed eccola, allora, insegnare italiano nel collegio Marie Victorin, ed eccola pure sui banchi di scuola del PICAI sin dalla nascita di tale Ente nel 1972: anno in cui le scuole del sabato mattina, fortemente volute e fondate da Mons. Andrea Maria Cimichella nel 1950, passavano dalla gestione delle parrocchie italiane a qualla del suddetto Ente; e per inciso vi ricordo che ha insegnato anche francese ad adulti e nuovi immigrati. A questo punto vorrei sottolinearvi pure la sua verve di scrittrice; ha pubblicato infatti due volumi di poesie: «E poi domani» e «Fiori di campo»; inoltre ha collaborato sull’Insieme con la rubrica «Spigolature poetiche»; ed infine, membro dell’associazione autori compositori del Canada, ha composto numerosi testi di canzoni.

        Dalla mitica Telegente alla moderna Rai International e alla nuovissima ICI television ne è passato di tempo e ce ne sono stati di scambi e di arricchimenti interculturali che hanno trasformato l’aspetto socio-comunitario di questa nostra terra adottiva. A ramificarvi quelle della nostra terra nativa, come si è ben visto da questo breve profilo, un ruolo non indifferente lo ha svolto pure la nostra dinamica Alda Viero. A mio avviso si è implicata in tutto questo in maniera semplice e spontanea, in modo quasi silenzioso, ma costante ed incisivo;  un compito che ha svolto senza voglia di applausi, ma per convinto spirito di italianità. Non ha chiesto nulla in cambio di questo suo impegno quasi missionario in terra canadese…eppure, la nostra cara Patria lontana, una remunerazione virtuale di alta stima glie l’ha data: nell’anno 2012 l’allora presidente Giorgio Napolitano le conferiva il titolo Cavaliere al merito della Repubblica Italiana!