Vai là dove ti porta
il cuore
Tra gli avvenimenti
del 2014 degni di rilievo ce n’è uno datato luglio che mi sta particolarmente a
cuore. Ecco cosa abbiamo
potuto leggere a riguardo sulla stampa scritta: “...lanciare una campagna di
promozione per l’inserimento dell’italiano come materia curriculare integrata
all’orario scolastico. È una campagna che si svolge a livello canadese,
sotto la direzione dell’Ambasciata, la cui particolarità è quella di voler
coinvolgere le famiglie italiane che hanno tutto il diritto di richiedere con
forza che l’italiano sia insegnato nelle scuole frequentate dai loro figli». Suddetta campagna,
intanto, ha già mosso i suoi primi passi; e se la semina è buona darà di
certo anche un buon raccolto.
Mercoledì 17 dicembre
al Centro Leonardo da Vinci c’è stata una riunione dove, se da una parte ho
notato una numerosa presenza di insegnanti, d’altra parte ho notato pure una mancanza
assoluta di genitori; la mancanza, cioè, di quei nuclei familiari che
dovrebbero essere i protagonisti della scena. Tra gli insegnanti ce n’erano non
pochi giunti di fresco dall’Italia; uno di questi, disorientato forse dalle
contrastanti opinioni che hanno dominato il dibattito di routine, si è chiesto
se non si trovasse lì nelle vesti del proverbiale «ingenuo del villaggio» . A
lui, e a quanti che come lui avessero avuto delle perplessità sulle pieghe che
ha preso la discussione quella sera, mi permetto di scrivere quanto segue. L’esigenza
che si avverte oggi di dare una notevole svolta all’insegnamento dell’italiano
affonda le sue radici nel passato; pertanto merita di essere ben valutata
perché si inquadra proprio nell’ambito di quegli eventi sociali che, per
camminare al passo coi tempi, necessitano di ragionevoli aggiornamenti…anche se
a volte le accorate tradizioni contrastano con le vedute della ragione. Le
scuole di italiano del sabato mattina furono istituite dal mitico Mons. Andrea
Maria Cimichella nel lontano 1958. A
quei tempi le scuole si identificarono con le stesse parrocchie da cui vennereo
curate e portate avanti fino ad inizio anni ’70. Ricordo che nei miei primi
anni di insegnamento, agli sgoccioli degli anni 60, nella prima domenica di
ottobre si usava celebrare, nella chiesa della Madonna di Pompei, una «Santa
Messa degli insegnanti di italiano». Con la fondazione del Picai, 1975 o giù di
lì, le scuole del sabato mattina passarono sotto la gestione di questo Ente…e
lo sono tutt’ora…e il Picai le sta gestendo ancora oggi in maniera perfetta ed
esemplare; se così non fosse ne avrei forse un pò colpa anche io ed ogni altro
mio collega insegnante. C’è, però, un’increscioso dato di fatto che va preso in
considerazione; le scuole del sabato fanno registrare una notevole mancanza di
iscrizioni che va aumentando di anno in anno sempre più; è appunto per questo
che già una diecina di anni fa un gruppo di insegnanti decise di fare integrare la lingua italiana
nelle scuole pubbliche; e fu così che la nostra lingua divenne materia curriculare
in ben quattro istituti scolastici; ci volle del tempo, ma suddetti insegnanti
riuscirono a farlo armati solo (stando alla versione ufficiale dei fatti) di
determinazione e buona volontà! E di conseguenza è sempre in ragione delle
poche iscrizioni ai corsi del sabato, e solo per questo, che si vorrebbe
tentare il colpo di fare integrare l’italiano nel maggior numero di scuole
pubbliche possibile; ed è questa l’unica ragione della campagna pro integrazione promossa sotto la
direzione dell’Ambasciata.
Più sopra accennavo ad un altro
fatto che mi ha un pò deluso assistendo alla riunione del 17 dicembre: la
mancata convocazione dei genitori a cui spetta il compito di chiedere
l’integrazione dell’italiano, tramite lettera, alle direzioni scolastiche
frequentate dai figli. Prima di continuare vorrei chiedere il «dammi cinque» al
giovane insegnante di cui sopra, nei cui panni mi trovo adesso anch’io dopo un
mezzo secolo di emigrazione. Dopo di che mi chiedo come mai ci si è preoccupati di convocare gli insegnanti sì e i genitori no? Non si sarà forse
partiti col piede sbagliato? A rischio di far pur’io la figura del sempliciotto
del villaggio vorrei ricordare che a Garibaldi bastarono mille volontari per
fare l’Italia e metterla, prima ancora di unificarla completamente, nelle mani
del suo re a Teano senza reclamare né poltrone né interessi personali. Qui da
noi basterebbero pure la metà di quei mille per portare i genitori a conoscenza
dei loro diritti, sensibilizzarli in tal senso, raccogliere le loro lettere e
portarle alle relative direzioni o commissioni scolastiche. Qual’ora non si
avessero le dovute soddisfazioni…ci si potrebbe servire dell’esempio, o
ricorrere alla stessa determinazione, di quel gruppo di insegnanti di una
diecina di anni fa. Per affermare simili valori ancestrali, piuttosto che dalla
ragione, lasciamoci guidare dal cuore, e quei sogni stagliati all’orizzonte non
tarderanno a divenire realtà!
Detto questo, nella mia ingenua
visione dei fatti, per integrare l’italiano nelle scuole troverei più adatto
allo scopo una semplice campagna basata su di un volontariato incondizionato; ragion
per cui perché non lasciarsi trasportare dal cuore e andare lì dove lui ci
porta? Naturalmente, e a scanzo di equivoci, se proprio proprio si impone la
necessità di un nuovo ente ad hoc, da Teano me ne salgo su a Bezzecca ed «obbedisco!»…da
buon Giuseppe storico, se non proprio da uomo -giusto o sognatore- biblico.