Posso dire la mia?
Nella quotidianità che incalza giornalmente e la veridicità storica che
si afferma col tempo il giornalismo di oggi diventa storia domani e, spesso e
volentieri, in sorprendente contrasto tra loro. Siamo di nuovo a febbraio e,
mentre il cuore si apre all’amore per la San Valentino, l’occhio e la mente
spaziano nella Riviera Ligure per la
tanto attesa, quanto altrettanto
controversa, kermesse canora della musica leggera italiana del San Remo che è
sempre San Remo.
Come si sa la conduzione delle cinque serate di musica e spettacolo è di
nuovo nelle mani di Amadeus con ulteriore conferma anche per il 2024: l’anno
prossimo quindi il grande Ama uguaglierà il record delle 5 conduzioni
consecutive dei suoi due incontestati colleghi Mike e Pippo! Dopo Deodato,
Maneskin, e Mohamood-Blanco chi vincerà la quarta edizione del festival diretta
da Amadeus? Sarà solo la buona musica a trionfare oppure il tutto sarà
influenzato pure dall’insoddisfazione giovanile o dallo sfogo di una
sconsiderata ribellione sociale che porta sconvenientemente ad esibizioni
sconce, «vestite» da abbigliamenti
indegni di persone normali…ma che intanto dilagano a macchia d’olio?
È appunto come spettacolo, come ascolto e come
gradimento del tutto che San Remo è sempre San Remo: l’annuale denominatore
commune dello scontento sociale. Ogni anno si disprezza il festival appena
andato in onda e intanto già si comincia ad aspettare il prossimo e a ricordare
con nostalgia i “vecchi San Remo” di una volta. Ma quanti di noi sappiamo o
ricordiamo cosa mise in giro, sconcertatamente delusa, la stampa di allora
all’idomani del “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno? Qualche giornale
scrisse che “È meglio che i cantanti facciano i cantanti e i compositori
facciano i compositori”. E qualche altro sentenziò addirittura che quello
dell’emergente Mimmo era “un canto da carrettiere”. Ma ci pensate a quelle bestemmie giornalistiche smentite poi, col
tempo, dalla storia della musica leggera italiana?
Per non commettere gli stessi peccati dei «provetti» giornalisti di quei
tempi, godiamoci il San Remo in tutta pace e rilassatezza senza esprimere
giudizi affrettati e impulsivi; filtriamolo con saggezza il probabile sudiciume del malcostume
propinatoci da genti fuori di testa; diamo un «do di petto» alle belle
note dell’annuale contesto canoro e lasciamo ai posteri l’onere e l’onore
dell’ardua sentenza anche su questo San Remo che resterà anch’esso, come è
giusto che sia, sempre San Remo!