Numero speciale in occasione della XX settimana della lingua italiana nel mondo
Il PICAI e l’italiano a Montreal
Come ogni cosa sulla
faccia della terra, anche gli Enti socio-comunitari, con il passare del tempo, dovrebbero
adeguarsi alle esigenze della società. Ciò premesso, appena giunsi a Montreal
nel 1967 per due anni insegnai italiano ai figli degli emigranti nelle scuole
del sabato mattina. Dette scuole vennero istituite nel 1950 da Mons. Andrea
Maria Cimichella e gestite, a quei tempi, dalle parrocchie italiane della
nostra metropoli canadese. Allora sì che bisognava parlare di insegnamento a
livello di emigrazione: avevamo ancora la valigia di cartone appesa al chiodo
in un accorato angolo di garage! Purtroppo, per motivi di lavoro, dovetti
interrompere sia pure temporaneamente, quell’interessante insegnamento del
sabato mattina.
In
appresso l’ho ripreso di nuovo, per circa una trentina di anni ancora, nel 1983
per conto del PICAI che, fondato nel 1972, si avvicendava alle parrocchie
italiane nella gestione dell’insegnamento della lingua e cultura italiana. A
questo punto devo dirvi che, tornando sui banchi di scuola, mi trovai subito
immerso in una nuova ideologia didatica completamente diversa da quella
sperimentata anni prima. Innanzi tutto venni a conoscenza dell’esistenza del PELO
grazie al quale tanti dei miei colleghi del sabato anche durante il giorno
diffondevano la cultura italiana nelle scuole francofone ed anglofone. In
secondo luogo, specialmente nell’ora pedagogica di fine mese, restai
piacevolmente sorpreso da quel nuovo spirito didattico e da quei nuovi ideali
di insegnamento che venivano cullati dalle menti e dal cuore di quei miei nuovi
amici del sabato all’italiana. Nello specifico sentivo parlare della loro ferma
volontà di dare una nuova impronta ed un orizzonte più vasto a quel limitato
insegnamento di solo tre ore a settimana. E li sentivo parlare anche
dell’italiano come lingua di cultura e come materia scolastica da integrare nelle
scuole pubbliche. E, tira e molla e per merito soprattutto dell’intraprendenza
e della buona volontà di vari insegnanti, ormai non più di prime emigrazioni,
detto insegnamento oggi giorno è già attivo in svariate scuole publiche sia
della commissione scolastica francese che di quella inglese. Ho sempre
insegnato nella Leonardo da Vinci in Rivière des Prairies e sono fiero di
affermare che in una di queste scuole, precisamnente nella East Hill, furono
due miei colleghi della da Vinci a creare i presupposti e a coinvolgere tutti i
responsabili affinché si realizzasse l’integrazione dell’italiano in detto
istituto scolastico. È ormai da vari annetti che non insegno più e, di
conseguenza, sono all’oscuro di eventuali altri sviluppi a ché l’italiano
diventi lingua di cultura. Comunque, detto per inciso, l’italiano è la quarta
lingua più studiata al mondo; intanto anche Montreal e il Canada fanno parte
del mondo; ergo dunque…intelligenti pauca! Con somma soddisfazione ho sentito
parlare della fondazione del CESDA: un Ente che si avvale anche del supporto
della Società Dante Alighieri di Montreal e che si prefigge come lusinghiero e
nobile scopo proprio l’inserimento della
lingua italiana nelle scuole publiche. Una nuova formula, quindi, per
continuare in maniera più consistente quelle idee già promosse ed avanzate in
precedenza da alcuni membri del PICAI. Il CESDA è nato in seguito
all’integrazione dell’italiano nella Marie Clarac: mi auguro che l’operato dell’Ente abbia dato altri
buoni frutti e che possa vedere realizzato al massimo ogni suo sogno.
Ho introdotto questa
mia dissertazione con un eventuale aggiornamento di Enti ed Organismi comunitari
alle varie richieste dei corsi e ricorsi storici, senza contare che molti di
questi sodalizi hanno nei loro obiettivi un passaggio di testimone del nostro
retaggio alle future generazioni. Questi leader della nostra italianità non
potrebbero prendere in considerazione anche questo nostro problema linguistico
come una esigenza attuale cui dare una risposta? Questi leader della nostra
italianità non potrebbero darsi una buona stretta di mano e, vis unita fortior,
bussare alle porte dei nostri molteplici imprenditori affinché si impegnino a sovvenzionare
un giusto futuro al nostro idioma e a che questo da insegnamento di emigrazione
diventi lingua di cultura: sia come materia di insegnamento nelle scuole
publiche e sia, perché no, attraverso la fondazione di una scuola etnica
privata?
Complimenti Signor Circelli, per averCi rinfrescato la memoria storica, della condizione della lingua italiana, del suo insegnamento e dei suoi possibili sviluppi.
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