Innanzi tutto i tre parroci:
padre Romano Venturelli, padre Giuseppe Costamagna, padre Luc De Montagne. La "parrocchia" di padre Romano è divenuta "casa" con padre Giuseppe e, ultimamente, "famiglia" con padre Luc.
E poi: padre Giovanni Faita, padre
Thomas Szeliga, padre Romeo Trottier, padre Mike Pace, padre Enzo Trigatti, padre Domenico
Britchu, padre Richard Authier e il travolgente predicatore, compaesano e sosia
del papa, padre Tito Antonio
Iannaccio!
É sempre
triste dirsi addio. Ragion per cui è con
rammarico che noi rivierani ci troviamo nella rincresciosa vicissitudine
di dover salutare i padri salesiani della Maria Ausiliatrice i quali, per
motivi di forza maggiore, il 27 ottobre 2013 lasciano il loro apostolato in
mezzo a noi. Il futuro della società, come suol dirsi, sono i giovani. In
quanto insegnante del PICAI conosco il loro impegno anche nella crescita
all’italiana dei nostri studenti; ricordo molto bene, per esempio, gli incontri
pedagogici e gli spettacoli di fine anno scolastico che ci lasciavono
gentilmente organizzare nel sottosuolo parrocchiale; senza dimenticare che
padre Romano prima e, in appresso, padre Giuseppe pure sono stati membri del
consiglio amministrativo del suddetto ente. Intanto d’ora in poi, pur non
dovendo più ufficiare questa parrocchia, saranno ugualmente in mezzo a noi
nella guida spirituale della nostra gioventù nel «Centro salesiano dei giovani»
che si trova poco distante dalla chiesa. Il nostro saluto, quindi, non vuol
essere affatto un addio perché, stando a quanto detto, assume tutto il sapore
di un ARRIVEDERCI! Comunque ci è di conforto il dato di fatto che, anche se
restando in Rivière des Prairies solo per plasmare l’animo dei giovani, la
traccia del loro passaggio qui tra noi è bene assicurata pure in
appresso…quando questi giovani diventeranno i cittadini di domani. Nel
ringraziare i nostri cari missionari di don Bosco, tutti indistintamente anche
a nome di tutta la comunità parrocchiale e non, per aver portato la «buona
novella» nel nostro quartiere, nelle nostre case e nel nostro cuore -dove resteranno
nell’abbraccio del più cordiale ricordo- vi ripropongo
quel «raggio di italianità» che scrissi l’anno scorso nel trentesimo della
consacrazione della Parrocchia.
(testo scritto
nel gen. 2012) In appendice ai
festeggiamenti del 150mo anniversario dell’Unità d’Italia mi piace sottolineare
di nuovo che, una volta fatta l’Italia, bisognava fare gli italiani. Ciò
premesso mi permetto di affermare che gli italiani, sia in Patria che
all’estero, sono stati “fatti” pure da Don Bosco e dai suoi sacerdoti e suore
salesiani. Essendo stato ordinato sacerdote nel 1841 ed avendo dato inizio
immediatamente a dedicarsi anima e corpo alla formazione dei giovani, il futuro
della società anche a quei tempi, possiamo asserire che ha cominciato a fare
gli italiani prima ancora che l’Italia fosse stata fatta. La sua vita di
apostolo e missionario ha come punto di partenza Valdocco dove apre il primo
“oratorio”: è appunto da questa sua giovane esperienza che si manifesta in lui
quello che è il vero santo : «l’uomo fedele a Dio, ma anche il testimone
privilegiato del suo tempo, capace di suscitare rispetto concreto alle attese
del futuro» educando giovani e ragazzi degradati, emarginati, disagiati ed ex
carcerati. “L’educazione intellettuale e professionale –diceva- permette di
prevenire la delinquenza”; di questo sacrosanto metodo educativo, detto
preventivo, ne è a conoscenza ogni maestro come me per averlo studiato
attraverso i testi di pedagogia.
É nel 1874 che
fonda la Società di san Francesco di Sales, i suoi salesiani, i giovani preti
che si dedicheranno alla gioventù negli oratori che a macchia d’olio si
estenderanno un po’ dovunque in Italia, in Europa e nel mondo. A quei tempi l’educazione delle ragazze
e delle fanciulle era alquanto più trascurata di quella dei maschietti. Don
Bosco nel 1872, assieme a Maria Domenica Mazzarello, fonda l’ordine delle
«Figlie di Maria Ausiliatrice» che istituiscono quasi una missione nelle
missioni, rivolgendo la loro attenzione alle giovani donne ed attuando i primi
passi verso l’emancipazione femminile nel nostro Paese. Rimasto orfano di padre
a solo due anni, Giovanni Melchiorre Bosco assieme a due fratelli viene
cresciuto e cristianamente elevato
dalle sole forze di mamma Margherita Occhiena che avrà un grande ruolo di
educatrice nel «rifugio» prima e nell’oratorio di Valdocco in seguito. San Giovanni
Bosco non uscì mai dall’Italia, ma una parte della sua infazia sa molto di vita
emigrante. Nella frazione di Becchi, dove nacque il 16 agosto del 1815, non
c’erano scuole. Ce n’era una a Capriglio, un paesetto vicino, nell’interno di
una parrocchia diretta da un certo don Lacqua. Fu solo dietro richiesta della
«perpetua» del parroco –zia Marianna Occhiena- che il giovane Giovanni venne
ammesso a frequentarla…pur essendo di un «altro paese». Intanto il curato si
affezionò tanto a lui fino a difenderlo dai maltrattamenti dei compagni che lo
emarginavano perché «forestiero». San Giovanni Bosco, detto per inciso, è il
protettore degli editori, degli apprendisti e dei maghi. Il piccolo Giovanni,
infatti, insegnava giochi di prestigio e acrobazie da saltimbanchi ai coetanei
di Capriglio per attirarli alla messa e alle pratiche religiose, acquistandosi
pure le simpatie degli «indigeni».
Considerevole anche il lavoro svolto
all’estero dai missionari salesiani che seppero superare i confini nazionali
per «formare» pure gli italiani sparsi ovunque nel mondo. Oggi la famiglia
salesiana è presente in 130 e più paesi dove con «Ragione, Religione e
Amorevolezza va scavando un cammino nella complessità dei nuovi tempi». Ma in
quegli anni dell’Unità d’Italia i missionari di Don Bosco partivano
prevalentemente per l’Argentina, considerata in quei giorni la seconda patria
degli italiani che lasciavano casa in cerca di un pezzo di pane. Nel 1875 parte
una prima spedizione missionaria che fonda una parrocchia a Buenos Aires e un
collegio per ragazzi a San Nicolas de los Arroyos. L’anno dopo un secondo
gruppo apre una scuola di arti e
mestieri dove si formano falegnami, sarti ed altri artigiani. Nel 1977 una
terza missione vede implicate pure le Figlie di Maria Ausiliatrice a prendirsi
cura delle giovani figlie degli emigranti fin giù in Patagonia. «L’importanza
dei salesiani nella cultura del paese sudamericano è testimoniata
indirettamente nel Tango Calambache», opera musicale di Enrique Santos
Discepolo. Avendo conoscenze virtuali con amiche in terra argentina sono venuto
a conoscenza di come lì pure i nostri connazionali coltivano l’italianità in
modo maestoso e trasparente…custodiamolo nel cuore con orgoglio questo dato di
fatto, soprattutto adesso che ci è stata tolta la possibilità di propagandare
–via tv- il nostro impegno di italiani all’estero da «protagonisti»!
E qui a
Montreal?
Uno dei più giovani «figli» di Don Bosco partiti prematuramente al
cielo è San Domenico Savio: è appunto a lui che è dedicata una parrocchia nella
zona est di questa metropoli canadese. Attualmente abito in Rivière des
Prairies e sono parrocchiano della Maria Ausiliatrice dove Don Bosco, i bravi
salesiani, ce lo fanno quasi toccare con mano. É nel 1972 che iniziano il loro apostolato tra le circa 200
famiglie allora residenti in detta zona. In mancanza di una chiesa, la Santa
Messa veniva celebrata nella casa di due parrocchiani, Renzo e Alda Viero che
tanto ha dato e continua a dare al buon nome dell’immagine italiana sull’isola
di Montreal; nel 1973 mons. Cimichella, benedicendo il «Centro Italiano di RdP»
disse che era «un piccolo seme che avrebbe dato grandi frutti». Intanto è solo
il 19 marzo del 1982 che viene consacrata la «Missione di Maria Ausiliatrice»
ed è due anni dopo, il 22 dicembre 1984 che viene eretta e benedetta anche la
chiesa con vetrate in mosaico e con la raffigurazione, al di sopra della porta
di entrata, di un sogno del santo: una nave, simbolizzante la Chiesa, ancorata
alle colonne della salvezza sovrastate una dall’Ostia consacrata e l’altra da
Maria Ausiliatrice. Sono padre Giovanni Faita e padre Romano Venturelli a far
sì che, con la sua costruzione, le parole di mons. Andrea Maria Cimichella
cominciassero a divenire profezia…il piccolo seme ha dato i suoi grandi frutti,
tanto che in questo 2012 i salesiani soffiano infatti, insieme a noi e ai
nostri figli e ai nostri nipoti, sulla trentesima candelina della nostra
parrocchia!
Auguri a questi primi quarant’anni di
fecondo apostolato salesiano, nonché auguri ai trent’anni della Missione da
loro istituita tra noi e per noi…Missione che, purtroppo come detto sopra, a
partire da questo 27 ottobre 2013 non sarà più di loro gestione.