samedi 10 juin 2023

 

Traduzione simultanea

In questo mondo ormai globalizzato a 360 gradi e forse più, il perno principale intorno a cui tutto dovrebbe ruotare per una pacifica convivenza, da tutti auspicata benefica e produttiva, è il capirsi, lo spiegarsi, l’intendersi per ben collaborare in vista di un beneficio comune. È facile dire capirsi, spiegarsi, intendersi, ma come è possibile se ognuno parla la propria lingua e non tutti sono poliglotti? Mi sembra che gli effetti di voler andare a toccare il cielo, lì a Babele, siano rimasti in eredità al genere umano che ancora non riesce a realizzare il sogno di un esperando.

In ambito televisivo abbiamo la traduzione simultanea grazie alla bravura di un interprete oppure mediante congegni adatti alla traduzione istantanea. Anche su internet abbiamo un pratico accesso dove tradurre testi e brani da una lingua ad un’altra in modo rapido e veloce. E questo sistema, se mi consentite di dire pure la mia, permette spesso anche a me di risparmiare tempo e di mettere da parte quei dizionari bilingue acquistati prima della navigazione in rete. E  l’uomo è fiero ed orgoglioso di questi meccanismi che sono frutto del suo ingegno e della sua creatività; e si gongola e si impettisce dei tanti risultati che riesce a realizzare sui passi del suo progresso: ma dimentica il tocco del Creatore di ogni cosa al mondo e vado a spiegarmi.

Domenica 28 maggio la Chiesa ha celebrato la festa della Pentecoste e, da buon cattolico, sono stato a messa; durante la prima lettura mi sono trovato a riflettere e meditare proprio su quella che è la traduzione simultanea. Lì dove gli apostoli erano radunati in quel giorno di Pentecoste «venne all’improvviso dal cielo un fragore…apparvero lingue come di fuoco…e tutti furono colmati di Spirito Santo…Abitavano allora a Gerusalemme giudei osservanti di ogni nazione sotto il cielo. A quel rumore la folla si radunò e rimase turbata perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua». E tutto questo 2000 e rotti anni fa quando all’uomo non poteva passare neanche per l’anticamera del cervello un simile avvenimento fuori dalla norma; farsi capire in più lingue nello stesso tempo: traduzione, dunque, in simultanea e addirittura multipla!

Ed ancor prima di allora detta favella a traduzione istantanea doveva essere già stata programmata nei disegni divini per poter essere tradotta in pratica proprio in quel giorno di Pentecoste  lì! E tu, comune mortale, puoi essere dinamico ed inventivo quanto vuoi che ogni tuo atto creativo non può essere messo a punto se non già disegnato dall’Ente Supremo per essere messo su tela a tempo stabilito. E di conseguenza anche questa tua facoltà di conversare mediante una traduzione in tempo reale ti è consentita solo in virtù di una potenza surreale e soltanto in un determinato momento della tua giornata temporale che Lui ti concede.

samedi 20 mai 2023

 Respirare

Su nel tempo al mio paese c’era un simpatico vecchietto che, quando gli chiedevano cosa facesse, rispondeva: «Rifiato per non morire!»…e non penso affatto che volesse parafrasare il cogito ergo sum di Cartesio. Respiro per non morire: quanta saggezza in detta risposta e a  quanta meditazione ci potrebbe invitare e quante riflessioni si potrebbero sviscerare da queste semplici parole del tutto normali, quasi banali, ma anche tanto profonde e dense di significato.

Ed allora, come prima considerazione, il caro nonnino con un pizzico di ironico sarcasmo voleva spiattellarci in faccia il più puro e limpido principio di vita: la cosa più essenziale di cui si ha bisogno per vivere è il respiro e nient’altro di più! E difatti dentro cosa ci aggiriamo qui su terra per campare? Ci spostiamo dentro l’aria «nutrendoci» di ossigeno: senza aria e senza ossigeno soffocoremmo! Il busillis vitale del nostro anzionotto era, quindi, il respiro, prima ancora della salute, del lavoro, del cibo e di quant’altro di utile e necessario alla nostra esistenza.

Praticamente voleva quasi dire che per realizzarci come  esseri viventi dobbiamo rimetterci nelle mani della natura nuda e cruda, senza scervellarci più di tanto ad andare in cerca di cose superflue e magari anche costose, ma che a conti fatti non ci rendono affatto più felici e soddisfatti così come le esigenze sociali sempre più all’avanguardia vorrebbero farci credere. Soffermiamoci seriamente sull’utile  necessità del respiro come fulcro essemziale della nostra esistenza, dando ad ogni altro nostro bisogno solo il valore e l’importanza che meritano affinché la nostra routine quotidiana non ci venga intasata da fatue  priorità che, magari, potrebbero nuocere alla tranquillità e alla serenità del nostro vivere.

Ma la parola fiato non richiama pure alla vostra mente delle espressioni come «alito divino» e «soffio di vita»? Comunque considerando che essa, la vita, è meravigliosamente semplice così com’è, perché mai, di tanto in tanto, ci facciamo prendere dall’estro del progresso…per complicarla?!

mercredi 3 mai 2023

 

Saper convivere   

Correva l’anno 33 d.C. allorché nella caput mundi imperava Tiberio che non diede troppa importanza, o forse non seppe nemmeno, ciò che succedeva nel sinedrio di Gerusalemme quel fatidico «venerdì santo» in cui fu eseguita la condanna alla morte in croce di Gesù Cristo, il figlio di Dio fattosi uomo per redimere il genere umano: e se così non fosse avvenuto noi uomini non saremmo mai stati liberati dal peccato originale dei nostri progenitori. Una sentenza ignominiosa ed ingiusta per una morte redentrice; un verdetto insensato tanto inaccettabile quanto, pertanto, benefico.

E quel crocifisso lì per anni e secoli è stato simbolo di fede, di pace e di giustizia; e quel crocifisso  lì per anni e secoli è stato un invito al perdono, al volersi bene, a rispettarsi, a saper convivere; e quel crocifisso lì per anni e secoli è rimasto appeso alle pareti di scuole ed aule magne, di uffici comunali e luoghi pubblici, di chiese e di edifici sacri per «predicarci» silenziosamente la collaborazione, il rispetto reciproco, il darsi la mano, il sentirsi fratelli, il comportarsi per bene. E sì, quel crocifisso lì tutto questo lo insegna ancora finché noi uomini non ci mettiamo una mano sulla coscienza e non ci riscontriamo anche noi in quella marea di gente che la domenica prima lo osannò e il venerdì seguente, abilmente  manipolata, lo mise in croce.  

Intanto è rimasto lì appeso a pareti e muri di somma importanza sociale per duemila e rotti anni senza mai dare fastidio a nessuno. Neanche gli ebrei hanno portato il muso a credenti e cattolici a causa di quella sua presenza lì; né mai nessuno ha avanzato l’assurda pretesa di staccarne il chiodo e far cadere per terra quel pezzo di storia universale, appannaggio di tante ideologie religiose e del retaggio di svariate genti sul globo.

Inaudita e vergognosa la condanna a morte dell’uomo giusto là sul Golgota; preziosa ed edificante la presenza di quel crocifisso appeso, per anni e secoli, nelle sale di Enti pubblici e luoghi di culto: un invito silenzioso al perdono, alla fratellanza, all’umanità. Poiché omne trinum est perfectum, eccoti arrivato l’uomo del terzo millennio a far cadere giù, in un solo istante, anni di storia, di fede, di valori umani densi di tanta spiritualità redentrice!

mercredi 12 avril 2023

 Ad un Maestro di italianità

Nato il 27 gennaio del 1948 a Guglionesi in provincia di Campobasso da Antonio Salvatore e Elda Maria Paolone, giunge a Montreal nell’ottobre del 1964, dove continua gli studi prima nell’università McGill di Montreal e poi nell’università di  Haward negli Stati Uniti. Intanto conosce Helen Riel con cui convola a nozze e dalla loro unione nascono quattro figli e cinque nipoti. Naturalmente la sua professione è stata sempre quella di docente sia nell’università di Montreal che nella Concordia.

       Per quanto riguarda la sua implicazione ed il suo impegno nelle attività socio comunitarie della Grande Montreal vado a ricordarvi solo le più significative. Ricordo che per un tratto di tempo scese pure in politica nelle file del partito dell’NDP; ma fu solo un «soggiorno» temporaneo perché era un terreno dove non si sentiva di essere libero come voleva e, di consegnuenza, se ne tornò alla svelta sui banchi di scuola dove poteva dettare leggi da paladino senza macchia e senza paura. Mi vengono in mente, inoltre, le sue colte chiacchierate domenicali, attraverso la CFMB, con la compianta Giuliana Hawa; una cosa in particolare che ricordo di quelle «domeniche wonderfull» è allorché definì la grande Mina «la Greta Garbo della musica leggera italiana». Ed anche ultimamente ha spesso preso  parte in radio, con i suoi saggi commenti, nella rubrica settimanale «Flash, la cultura a portata di mano» condotta dalla brava Lidia Russo: lei pure ormai compianta. 

       Iniziando il profilo di Filippo ho citato il  suo primo lavoro in versi «Tufo e gramigna»; nel gennaio 2020, intanto, è stato dato il lancio alla sua ultima opera letteraria intitolata «Nuova Mente». Sembra quasi il cammino culturale delle sue radici che, trapiantate in Canada, si sono ramificate fino a divenire i fertili rami di una poesia di «ispirazione classica e immortale…che riflette la precarietà dell’umana esistenza e che trova nell’amore, spirituale e carnale, le sue fonti inesauribili, tanto da assicurare un continuo rinnovamento del vivere umano». A tenere uniti questi due momenti poetici c’è una vasta produzione letteraria che vede impegnata la penna del Salvatore come saggista, giornalista e scrittore. È, infatti, autore di svariati articoli scientifici, di politica, di cinema e di altro ancora; ma eccovi i titoli di alcuni altri suoi libri: La fresque de Mussolini, Tra Molise e Canada, Le fascisme et les Italiens de Montreal, Terre e infiniti, Ancient memories, Modern identities e molto altro ancora. Ma vorrei prendere in considerazione pure il suo impegno e la sua operosità in seno a vari Enti ed Organismi di stampo prettamente italiano, come per esempio: editorialista del Cittadino Canadese, editore di Panoramitalia e di Qui Quotidiano, vicepresidente dell’Associazione italiana scrittori e del Congresso italiano-canadese, presidente dell’Associazione Professori Italiani del Quebec, nonché presidente della Dante Alighieri di Montreal. Potrei fermarmi anche qui, ma prima mi permetto di additarvi un raggio di italianità che viene a rendere più maestosa la personalità di Filippo Salvatore e che rappresenta quasi una ulteriore stretta di mano tra la Madre Patria e questa sua terra adottiva: nel 2003 l’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi conferiva al nostro professore emerito la nomina a Cavaliere della Repubblica Italiana. Infine mi fa piacere ricordarvi pure la sua italo-passione per il calcio; difatti militò, e dire alla grande è poco, nella Monitalia fondata da Domenico Iasenza e diretta da Nino Di  Stefano.

       A fare da ponte tra la terra nativa e quella adottiva ci hanno pensato le molteplici Associazioni paesane da noi messe su in questi anni di emigrazione. Nel Centro Comunitario Leonardo da Vinci ha sede la direzione della Federazione delle Associazioni Molisane del Quebec; nella sala delle riunioni di questa una “nostalgica” foto ritrae uno dei primi consigli d’amministrazione della Federazione ed in prima fila balza subito all’occhio la figura di Filippo Salvatore: una ulteriore chicca, quasi ciliegina sulla torta, della sua italianità a 360 gradi onorata sin dai suoi giovani anni verdi. Come va di moda oggi, mi sono onorato di avere il Salvatore come amico su fb; tutto ciò che «postava» o era di puro indirizzo aritistico e culturale oppure parlava del suo casolare e della sua tenuta di Fonte Nuova (parva sed apta mihi=Piccola ma adatta a me) dove l’amore per la terra nativa lo riportava di sovente…manco a dirla, in una delle sue ultime comparse in rete, si chiedeva proprio per quanto tempo avesse potuto farlo ancora!

       Intanto in uno degli ultimi mattini dello scorso marzo, nell’intimità del suo focolare domestico, «da chiuso morbo combattuto e vinto», ci ha silenziosamente lasciati per volarsene al Cielo. Di certo resterà nei nostri ricordi come l’emerito professor Salvatore; per me comunque è stato e rimarrà sempre un Maestro esemplare del saper vivere all’italiana anche in terra emigrante!

jeudi 23 mars 2023

 

Subito Papa?

L’arcivescovado di Toronto nasce il 17 settembre del 1841 come una regolare diocesi ed il 18 marzo del 1870 diviene arcidiocesi. Si trova sulla Yonge Street e a tutt’oggi conta ben 223 parrocchie con 811 sacerdoti e 668 religiose; comprende le regioni di York, Peel, Simcoe, Dufferin, Durham e, naturalmente, Toronto; si estende su 13.000km quadri e la sua popolazione cattolica è di circa 1.626.465 anime. La cattedrale dell’arcivescovado è intitolata a San Michele ed il clero riceve la sua formazione nel seminario di Sant’Agostino.

I vescovi del tempo in cui fu semplice diocesi sono tre: Michel Power dal 1841 al 1847, Armand François-Marie de Charbonnet dal 1847 al 1860 e John Joseph Linch dal 1860 al 1870. I suoi arcivescovi, invece, sono 10: John Joseph Linch dal 1870 al 1888, John Walsh dal 1888 al 1898, Denis T. O Connor dal 1898 al 1908, Fergus Patrick Mc Evay dal 1908 al 1911, Neil Mc Neil dal 1911 al 1934, James Charles Mc Guigan dal 1934 al 1971, Philip Francis Picock dal 1971 al 1978, Gerald Emmett Carter dal 1978 al 1990, Aloisius Ambrozic dal 1990 al 2006 e Thomas Christofer Collins dal 2006 all’11  febbraio 2023 quando per raggiunti limiti di età ha presentato le sue dimissioni a papa Francesco.

E sapete chi ha tempestivamente nominato come 14mo monsignore dell’arcivescovado di Toronto? Con grande gioia e soddisfazione di noialtri italiani, ha messo il pastorale del Cardinal Collins nelle mani del giovanissimo vescovo ausiliare di Montreal Frank Leo…che non ha fatto neanche il tempo a programmare il suo cammino di vescovo ausuliare che subito il papa gli ha aperto una strada più larga e più impegnativa da percorrere. Da buon rivierano mi permetto di dire che solo alcune domeniche  fa il neo-eletto vescovo ausiliare di Montreal aveva scelto proprio la Missione Maria Ausiliatrice per dare il via ai suoi primi passi pastorali in mezzo a noi italo montrealesi.

In occasione di tale nomina, come ben sapate, proprio in questo mio blog ho parlato in lungo e in largo di monsignor Frank Leo. Al termine di quest’altra mia piccola dissertazione a suo riguardo vorrei soffermarmi a sottolineare tre cose. Primo: Frank Leo ha soltanto 52 anni ed allora il suo cammino nella vigna del Signore è ancora abbastanza lungo e ben gli si addicono delle aspirazioni “ad maiora”. Secondo: benché giovane Frank Leo ha già un curriculum sacerdotale ben consistente e nutrito e che già conosce molto bene pure i palazzi apostolici  del Vaticano. Terzo: non sembra anche a voi, ora che è stato insignito del titolo di eccellenza, che possa ben sperare a divenire ben presto una porporata eminenza prima ed una  santità vestita di bianco in appresso?  Eccovi intanto il suo pensiero a proposito dell’incarico appena ricevuto: «È con grande umiltà che accetto questa nomina del Santo Padre a servire i fedeli dell’Arcidiocesi di Toronto. Ringrazio papa Francesco per la fiducia che ha riposto in me. Questa è stata una nomina davvero inaspettata, eppure ho imparato durante il mio sacerdozio e il mio servizio alla Chiesa che momenti inaspettati portano enormi benedizioni»…e quelli che diventi eminenza e poi «subito papa» siano altri due momenti inaspettati da realizzarsi a tempo opportuno!

vendredi 10 mars 2023

 

La fissa dimora   

Può esistere una fissa dimora per l’uomo sempre alla ricerca di nuove emozioni e di altri mondi da esplorare e di conoscenze da fare? Con quale desiderio e con quale sogno da realizzare ci si unisce all’anima gemella, quella leggendaria metà da qui fummo staccati secondo una lontanissima teoria filosofica? Col desiderio di mettere su una casa da riempire con una famiglia ideale! E la si compra la nostra «casetta in Canada» e man mano nel tempo andiamo ad ammortizzarne il debito con dovute rate mensili. E giorno dopo giorno andiamo personalizandola secondo i nostri gusti e le nostre esigenze per renderla degna di coccolarci e di darci conforti e soddisfazioni,

L’uomo, però, è un essere sociale per natura ed anche come nucleo familiare deve stare al passo coi tempi in quella società a cui anch’egli va dando una giusta impronta ed un indirizzo etico. E questa benedetta società non è abituata a star ferma e va sempre più imponendoti di puntare gli occhi su altri luoghi e nuovi spazi e va sempre più invitandoti ad inventare nuovi diversivi onde sentirti più felice e contento. Nuove ed impreviste esigenze, queste, che ti allontanano dalle mura domestiche e ti portano fuori da quella casetta che pesa ancora sul tuo fardello economico. Per assuefarsi alle esigenze della comune mentalità –pur dovendo continuare ad onorare il bilancio ipotecario- ci si assoggetta ben volentieri a quelle spese vacanziere che ci portano su altri lidi ed altre spiagge…sia per distrarci e sia, malgrado tutto, per aiutare inconsciamente gli imprenditori alberghieri a saldare i loro debiti, ammesso che ancora ne avessero! E non ci passa neanche per l’anticamera del cervello che la società ci va sempre più abituando a chiudere le porte di casa nostra per andarcene a gustare cenette e pranzi di occasione in ristoranti e pizzerie del quartiere o di fuori porta. Ma se ci si compra un tetto sotto cui trascorrere una vita tranquilla, perché ci si permette poi di andare a fare i turisti sotto cieli estranei e costosi?

Sarà, almeno quella futura, una nostra fissa dimora? Nemmeno quella ti viene regalata ed è bene che te la riservi in anticipo se non vuoi che chi resta, altre alle lacrime del cuore, deve rimetterci pure il pianto del portafoglio. Non penso che nella vita eterna si abbia bisogno di spostarsi di qua e di là; in questa terrena forse è la carne che ha bisogno di un conforto a giusta «temperatura»: l’anima essendo puro spirito sta bene là dove si trova…soprattutto lì dove Dio le dà la giusta destinazione. Il nostro corpo non oltrepassa il muro del tempo e i confini dello spazio; nell’aldilà, allora, lo spirito senza le voglie della carne non avrà più bisogno di nulla per realizzarsi: è già perfetto così com’è in quella che, immagino, finalmente sarà la sua fissa dimora. È la carne quindi che in questa vita ci chiede tanto; in quell’altra, invece, la sola anima si accontenta del poco per essere felice: meditiamo su questo soprattutto nei pre-arrangiamenti funebri e cerchiamo di renderci conto che, forse, non è cosa né buona né giusta alleggerire troppo il conto in banca…per passare a miglior vita in pompa magna!

samedi 18 février 2023

 

Posso dire la mia? 

Abbiamo tutti un angelo custode che, senza farsi mai vedere, ci tiene compagnia «virtualmente» dandoci consigli, purtroppo quasi mai ascoltati. Il grillo palante di Pinocchio che viene a ricordarci quel bimbo che c’è in noi a cui non riusciamo più a dare quel volto che, in fondo in fondo, rispecchierebbe il nostro essere e non il nostro sembrare quel che non siamo in una società che va divenendo sempre più astratta. Non sarà forse l’inconscio amico dei tempi odierni nel metaverso dell’attualità virtuale dei giorni d’oggi? L’angelo custode: il fedele TELEAMICO nella virtualità della nostra esistenza imperfetta a cui non siamo capaci di dare una dritta.

In una realtà sempre più astratta ci immergiamo così tanto nel virtuale da trascurare completamente il concreto in cui fummo chiamati a vivere, senza poterci permettere, pertanto, di esimerci dal farlo. Il sole ancora da sorgere, al mattino, bisogna dare il «buon giorno» agli amici di fb, o magari digitare like oppure esprimere auguri alla miriade di amicizie web senza, forse, nemmeno guardare in faccia i prossimi in casa nostra. Essendo entrati in famiglie allargate on line le pareti domestiche sono divenute troppo anguste per condividere amori ed affetti familiari…anche se intimi esami di coscienza, al pari del nostro caro angelo custode, ci vanno sconsigliando di affezionarci a fb che va sempre più divenendo il padre di eventuali TELEFAMIGLIE.  

Non si è proprio potuto fare a meno, nei passati anni di pandemia, di essere avvolti nel manto della solitudine che ha rivoluzionato tutti i sistemi di vita e dato un indirizzo diverso alla nostra esistenza virtualizzando il nostro comportamento e le nostre stesse aspirazioni. Isolandoci dal mondo il coronavirus ha dato una svolta virale ad ogni nostra attività, pubblica o privata che sia. Proibendoci ogni contatto umanoci ha abituati al tele-fare:il fare tutto da lontano! Anche i baci bisognava darseli a distanza, affidandoli al soffio del fiato inviato dal palmo della mano. Pur avendoci dato una bella pacca sulle spalle il covid19 qualcosa di buono ce lo ha pure insegnato: è stato per noi come il padre del TELEAGIRE  nell’intrigata rete della globalizzazione. Attenti però a questo nuovo indirizzo delle nostre azioni perché, se è bene agire, è anche molto meglio poter interagire gomito a gomito con ogni altro essere fatto a nostra immagine e somiglianza in un mondo globale sì, ma anche universalmente più corretto e concreto!