Saper convivere
Correva l’anno 33 d.C. allorché nella caput mundi imperava Tiberio che
non diede troppa importanza, o forse non seppe nemmeno, ciò che succedeva nel
sinedrio di Gerusalemme quel fatidico «venerdì santo» in cui fu eseguita la
condanna alla morte in croce di Gesù Cristo, il figlio di Dio fattosi uomo per redimere
il genere umano: e se così non fosse avvenuto noi uomini non saremmo mai stati
liberati dal peccato originale dei nostri progenitori. Una sentenza ignominiosa
ed ingiusta per una morte redentrice; un verdetto insensato tanto inaccettabile
quanto, pertanto, benefico.
E quel crocifisso lì per anni e secoli è stato simbolo di fede, di pace e
di giustizia; e quel crocifisso lì per
anni e secoli è stato un invito al perdono, al volersi bene, a rispettarsi, a
saper convivere; e quel crocifisso lì per anni e secoli è rimasto appeso alle
pareti di scuole ed aule magne, di uffici comunali e luoghi pubblici, di chiese
e di edifici sacri per «predicarci» silenziosamente la collaborazione, il
rispetto reciproco, il darsi la mano, il sentirsi fratelli, il comportarsi per
bene. E sì, quel crocifisso lì tutto questo lo insegna ancora finché noi uomini
non ci mettiamo una mano sulla coscienza e non ci riscontriamo anche noi in
quella marea di gente che la domenica prima lo osannò e il venerdì seguente,
abilmente manipolata, lo mise in croce.
Intanto è rimasto lì appeso a pareti e muri di somma importanza sociale
per duemila e rotti anni senza mai dare fastidio a nessuno. Neanche gli ebrei
hanno portato il muso a credenti e cattolici a causa di quella sua presenza lì;
né mai nessuno ha avanzato l’assurda pretesa di staccarne il chiodo e far
cadere per terra quel pezzo di storia universale, appannaggio di tante
ideologie religiose e del retaggio di svariate genti sul globo.
Inaudita e vergognosa la condanna a morte dell’uomo giusto là sul Golgota;
preziosa ed edificante la presenza di quel crocifisso appeso, per anni e secoli,
nelle sale di Enti pubblici e luoghi di culto: un invito silenzioso al perdono,
alla fratellanza, all’umanità. Poiché omne trinum est perfectum, eccoti
arrivato l’uomo del terzo millennio a far cadere giù, in un solo istante, anni
di storia, di fede, di valori umani densi di tanta spiritualità redentrice!
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