dimanche 9 mai 2021

          

A te che sei madre 

 

Eccoti con il tuo figlio morto in braccio,

madre eterna, da gran dolore afflitta.

Nell’accettare la Sua volontà

la tua mettesti a parte

e godesti il risorto

solo dopo la Sua crocifissione.

Sembri avere il mondo tra le tue mani

in quest’aria di assurda pandemia:

ridagli quello di cui ha bisogno,

ridagli il respiro,

riportalo agli abbracci

che questa covidianità gli nega.

Un esempio il tuo dolore senza pianto:

sia monito, a chi sceglie di esser madre

adesso, il tuo soffrir senza lamento.

Torni l’amor materno

ad essere quel dono

che regala senza nulla in cambio,

onde inondar di pace il mondo intero!

vendredi 16 avril 2021

     La sonettessa delle nuove vedute 

 

 

Triste pietra miliare sul cammino

della nostra umanità, a volte

forse  sbandata da stolte visioni,

di morte hai fatto un tremendo bottino.

 

L’uomo è sembrato tornare al mattino

dei suoi primordi, dalle menti incolte

e dalle idee di inesperienza folte,

da te costretto ad umiliante inchino.

 

Hai dato, lercio virus, una santa

lezione a chi si sente quasi un dio;

sarà capace di sciogliere il nodo,

 

lui che di tanto ingegno ognor si vanta,

prima che il tutto passi nell’oblìo?

E riflettendo e lavorando sodo

 

troverà adesso modo,

la scienza, di controbbatere il tiro

e di interrompere dei malanni il giro?

 

A questo ora si mira:

incamminarsi tra nuove vedute

per poter vivere in buona salute!

 

jeudi 1 avril 2021

 

Luci in fondo al tunnel: finalmente vaccinato

          Quella dell’undici marzo è stata dichiarata «giornata internazionale della pandemia». È già da più di un anno che il coronavirus sta infierendo sulla pelle del genere umano e finalmente la scienza è riuscita a «forgiarsi» in tempo da record la giusta arma di difesa: il vaccino! «Ti sei vaccinato?», è questa, da fine febbraio in poi, la domanda quasi di rito che ci si rivolge incontrando amici e conoscenti; ed ormai ovunque nel mondo è stato dato il via ad  una indispensabile campagna di vaccinazione a tappeto.  Qui a Montreal si è partiti con una quindicina di punti ad hoc ed ancora altri ne sono stati aperti per rispondere adeguatamente alle esigenze del caso.

          Sono un over 80 e con una semplice e sbrigativa prenotazione on line, a mia moglie e a me, è stato dato un appuntamento per il sedici marzo verso le ore cinque pomeridiane allo Stadio Olimpico. Ci è stata fatta presente pure la possibilità di un parcheggio gratuito nel sottosuolo dello Stadio a cui poter accedere dall’entrata P1 sulla strada Pierre de Coubertin: chapeau a chi si prodiga tanto egregiamente per la salute pubblica. Si parte ben per tempo per trovarsi in anticipo sul posto; si parcheggia e si entra nell’adiacente ed ampio passaggio di accesso ai vari luoghi di attività e di attrazione dei Padiglioni Olimpici; a destra l’entrata e a sinistra l’uscita, subito ti accolgono solerti impiegati che, con sorriso sincero e smagliante, ti immettono sul cammino della speranza…meditativo e riflessivo al pari di quello verso Santiago! Più si avanza e più si viene accolti da una festa di camici bianchi che, con solerzia e professionalità, con coscienza e generosità, si dedicano a portare in porto quella necessaria immunità di gregge onde annientare il sempre più agguerrito ed invisibile coronavirus.

          Si è potuto finalmente toccare con mano i tanto apprezzati angeli della pandemia nel cui sguardo sorridente si vede proiettato l’arcobaleno del “tutto andrà bene”. Lì, nel sottosuolo del Parco Olimpico, sono circa una settantina i punti di vaccinazione dove da mattina a sera si prodiga questa indispensabile opera di misericordia corporale; il locale è a dir poco immenso e tutto può essere effettuato con efficienza e nel rispetto delle dovute norme igieniche. Si viene accolti da un primo addetto che prende i tuoi connotati e ti spiega come e quale vaccino ti verrà somministrato; un secondo impiegato ti assegna la data di richiamo per la seconda dose e ti rilascia il certificato di vaccinazione; dopo di che si passa alla “puntura magica” di cui, se non guardi, non ti accorgi nemeno che ti è stata fatta; dopo queste tappe, che durano all’incirca una mezz’ora, ti suggeriscono di attendere un altro quarto d’ora per accertarsi che non vi siano complicazioni di sorta. E questo è un altro lasso di tempo in cui puoi continuare ad apprezzare la gentilezza e l’attenzione che ti viene prodigata dal personale sanitario e di assistenza che vigila e sorveglia premurosamente sulla tua incolumità.

Ed allora, 16 marzo 2021: missione vaccinazione compiuta tramite Pfizer. In mattinata sul  posto era stato praticato l’AstraZeneca che proprio in quei giorni era precipitato nell’occhio del ciclone; se anche in quel pomeriggio fosse stato di turno quel vaccino…da convinto assertore della sicurezza e validità della scienza non avrei esitato neanche minimamente a sfidare il destino pur di confutare chi cerca di mettere il bastone tra le ruote alla ricerca scientifica! 

 

 

 

lundi 15 mars 2021

 Luci in fondo al tunnel: la speranza 

          Dal vagito al rantolo è la speranza a fare da colonna sonora alla nostra esistenza. Lieto di vederci nascere ognuno spera per noi una miriade di cose belle; al momento in cui due giovani sposi salgono l’altare ognuno augura loro una famiglia serena e ricca di prole; quando si ode nell’aria un triste rintocco di campana ognuno prega Iddio di accogliere il trapassato nei regni della pace eterna. E mille e mille altre sono le rosee speranze che accompagnano i passi del nostro cammino terreno e ci incoraggiano ad andare avanti anche a costo di inciampi ed ostacoli da superare. Cosa dire mai della speranza in questo sconfortante periodo di covidianità? È da quando è apparso il virus che essa è divenuta la nota di sottofondo di ogni nostro pensiero e il ritornello di rito in attesa dell’accorato «ritornerà il sereno». Segregati in quarantena, isolati in zone rosse, chiusi in casa per il coprifuoco è stata solo la speranza a consolare la mancanza di abbracci e a riempire il vuoto di esseri cari; e, purtroppo, è ancora essa a dare ossigeno ai nostri respiri soffocati dalle mascherine e a farci intravedere ancora sogni da cullare e desideri da realizzare in attesa del Te Deum da intonare allorché raggiungeremo la fatidica luce in fondo al tunnel.

          Sembra che dal vaso di Pandora sia saltato fuori un estremo malanno ad affliggere il genere umano; fortunatamente la speranza, ultima dea, era lì anch’essa a dare un senso al nostro futuro. Intanto, noi uomini, come lo abbiamo gestito questo sentimento che ci sprona ad affrontare l’avvenire? La speranza, purtroppo, è pur sempre un termine astratto e a mio avviso è il rovescio della medaglia del destino perché siamo noi gli unici artefici del nostro domani. La speranza, al pari del destino, non cammina al posto nostro; essa si limita ad affiancare i nostri passi lungo i sentieri della vita. Nel caso specifico dell’attuale pandemia ci sono stati suggeriti dei punti da rispettare onde evitare il peggio: uso della mascherina, igiene personale, isolamento, coprifuoco ed altro ancora. Laddove queste regole sono state rispettate abbiamo dato anche noi un colpo di mano alla speranza per farci intravedere un sereno futuro all’orizzonte; laddove, invece, queste prescrizioni sono state prese sotto gamba siamo stati ugualmente noi ad ostacolare il compito della speranza, liberata dal vaso per prospettarci tempi migliori…ma sempre grazie alla nostra collaborazione! Anche nel caso di una normale malattia, se il medico curante ci prescrive delle cure e noi  non le rispettiamo, possiamo mai nutrire la «speranza» di guarire? Ugualmente in questo tempo di pandemia, se vogliamo realmente far tornare il sereno sul nostro capo affidiamoci e rispettiamo i suggerimenti di chi si prodiga per la salute del genere umano. In questo tempo di meditativa covidianità mi è passato spesso per la testa il pensiero che quando Dio creò il mondo non gli diede una data di scadenza; gli prescrisse soltanto dei ricostituenti geologici per potersi rigenerare. E questo covid 19 è appunto una ulteriore «ricetta» medica che permetterà all’uomo di continuare il suo cammino sulla terra!

mardi 2 mars 2021

 

Luci, poco chiare, in fondo al tunnel   

          Circa un annetto fa, quando il coronavirus venne a punzecchiare l’orgoglio dell’uomo e a raccomandargli un serio esame di coscienza, onorammo di buon grado i camici bianchi dell’aureola di santità: li definimmo angeli, eroi, buon samaritani del genere umano avvilito ed annientato da un invisibile, letale nemico; ancora adesso stanno facendo miracoli per salvare vite umane insidiate dal covid 19. Nell’omonima parabola raccontata da San Luca, sul cammino del buon samaritano da Gerusalemme a Gerico erano già passati un sacerdote e un levita: due ministri del tempio addetti al servizio dei sacrifici offerti a Dio; due pie personalità di allora che, intanto, si erano limitate entrambe a spostarsi sull’altro lato della strada incuranti, se non proprio infastiditi, dal povero malcapitato ridotto in fin di vita dai briganti. Possiamo quasi affermare che si verificò la stessa cosa che, in questo periodo di covidianità, facciamo spesso anche noi allorché per strada incrociamo qualche nostro simile senza mascherina. È da un anno che stiamo combattendo il nostro comune nemico ed oltre ai camici bianchi, impegnati «sui campi di bataglia», i loro colleghi ricercatori, pazientemente chiusi nei loro laboratori, hanno scoperto per noi un vaccino adatto all’uopo in tempi da record: la scienza medica sembra essersi data amichevolmente la mano per venire incontro all’umanità in modo tempestivo ed altamente professionale, lavorando universalmente uniti e compatti, con lo sguardo fisso verso lo stesso obiettivo e con la generosità disinteressata di chi si mette al servizio dei bisognosi sacrificando gli stessi interessi personali, senza pretendere nulla in cambio, ma solo dando incondizionatamente e senza scopi di lucro…guadagnandosi in tal modo tutta la nostra stima e tutta la nostra riconoscenza. 

          Ben per noi sulla buia strada in cui ci ha incamminati il covid è venuta subito a splendere la luce della solidarietà e della fratellanza umana del buon samaritano che continua impassibile e risoluta a dare coraggio e speranza a chi soffre e a chi combatte con la morte. In appresso, sfortunatamente, sono giunti pure dei «sacerdoti» a fuorviare i soccorsi di cui medici ed infermieri hanno necessitato di avere a quotidiana portata di mano per accomplire alla loro misericordiosa opera di beneficenza. Multinazionali farmaceutiche ed aziende produttrici di vaccini sono  scese sì prontamente in campo per soddisfare il fabbisogno necessario a risolvere la situazione; ma intanto si è verificato pure che la parola da loro data è venuta spesso a cozzare con la tempistica delle promesse da mantenere; né si sa perché non sia stata data libertà di azione anche ad altri competenti in materia onde garantire la necessaria quantità di vaccini, sia per produzione che per distribuzione! Mi sa che il gusto dell’esclusività li abbia invogliati a dare una gomitata alla generosità e un calcio alla carità fraterna, sia dimenticando che ogni ritardo in tal senso è stato sinonimo di morte e sia infischiandosene del sublime gesto di quel gran signore di Albert Sabin. E quel che è peggio è che, nel contesto della nostra malcapitata umanità, non sono mancati nemmeno i «leviti», quegli uomini di poca fede scientifica che, rifiutando il vaccino ne hanno addirittura fatto una scarsa propaganda: hanno osato mettere in dubbio l’efficienza della scienza umana ed incrinare l’iniziale spirito di universale solidarietà. Se il virus scatena i suoi attacchi di massa, perché mai l’uomo non si concentra su di una vaccinazione di gregge? Sembra che gente di  «poca coscienza» manipoli il vaccino per giocare a nascondino col covid sulla pelle del genere umano!

Certo che ad inizio covid l’uomo sembrava essersi quasi rigenerato in Abele; ma ora, nemmeno a distanza di un anno, è tornato a reincarnarsi in Caino. Ma quand’è che «quest’atomo opaco del male» cercherà di divenire un «luminoso gene del bene»…visto che è giunto a non aver più paura nemmeno della morte che lo sta ancora fissando dritto negli occhi?       

dimanche 14 février 2021

  

MOLISE IRRIPETIBILE

Un capolavoro sconosciuto del 1587. A Campodipietra la croce di Prospero Eustachio, cavaliere gerosolimitano di Gambatesa.

        Per tutto l’anno la Croce di Campodipietra é tenuta in cassaforte, ma il 12 di agosto viene trasferita nella chiesa parrocchiale di S. Martino e portata solennemente in processione per le vie del paese che in quel giorno, per una anomalia liturgica, celebra S. Michele Arcangelo.

Si tratta di una croce processionale d’argento e rame che, esclusa l’asta di legno, è alta circa 120 centimetri. La base è formata da un imbocco di rame cesellato, tronco-conico, su cui si appoggia la sfera, dello stesso metallo ma dorato, a baccelli contrapposti e separati da un canaletto in cui quattro teste di cherubini di argento si alternano a pietre preziose solitarie incastonate.

Di grande effetto i due bracci della croce costituiti da tralci di vite che si avviluppano tra loro a formare una spirale con decorazioni fitomorfiche.

        Particolarmente curata l’ornamentazione che riproduce racemi dai quali partono rametti potati e grappoli d’uva con foglie tra le quali appaiono uccelletti nell’atto di beccare.

Nulla si conosce di questo personaggio che si definisce cavaliere gerosolimitano inteso come titolo onorifico, come è presumibile, o per aver partecipato attivamente a uno dei sodalizi cristiani che facevano capo all’importante movimento degli antichi crociati.

Invece non vi sono dubbi sulla comunità di provenienza, essendo il cognome Eustachio proprio di Gambatesa da dove venne nel 1557, cioè 30 anni prima della realizzazione della croce, per assumere la funzione di arciprete di S. Martino, come si ricava dai registri parrocchiali.

Il personaggio fondamentale della croce è, ovviamente, il Cristo. Ormai appartengono al passato le immagini piuttosto rigide, quasi geometriche, in cui prevale l’aspetto puramente didascalico per essere sostituito da quello plastico e più realisticamente drammatico.

Sulla testa reclinata sulla spalla destra manca la corona di spine sostituita da una sorta di aureola dentata con un esalfa centrale in forma di fiore a sei petali. Il petto è squarciato nel costato da cui fuoriescono sei vistose gocce di sangue.

    Sul retro è l’immagine della Vergine che regge in braccio il Bambino completamente nudo con il braccio destro atteggiato a benedire. Maria è coperta da un ampio mantello dorato e riccamente decorato a sbalzo sotto il quale appare una tunica che si allarga in basso a coprire interamente i piedi.

 

PER CONOSCERE TUTTI I DETTAGLI DI QUESTA MERAVIGLIA:

https://www.francovalente.it/.../un-capolavoro.../

(pubblicato, così come preso da fb, in omaggio ai campopietresi di Montreal) 


  




lundi 1 février 2021

Luci in fondo al tunnel: il PICAI in rete

Adesso che ci penso un tentativo di insegnamento a distanza l’ho fatto anch’io in seno al PICAI. In un determinato anno fu bandito un concorso che aveva come premio il “patentino” di istitutore per accompagnare dei bimbi di scuole elementari per una vacanza di due settimane a Pestum in provincia di Salerno in Campania. Ci fu pure assegnato un programma da svolgere che, però, poteva essere effettuato in classe solo se tutti gli studenti fossero stati d’accordo; solo pochi alunni si dichiararono interessati e, quindi, dovetti ammainare le vele per la traversata verso “o paese d’o sole”. Notanto, però, un accorato rammarico in quelli che erano favorevoli al progetto, chiesi l’attenzione della scolaresca e feci una proposta: “Sentite ragazzi, visto che non ci sono le condizioni per prepararci in classe posso mettermi a disposizione di chi ne ha voglia via telefono e via e-mail”. E fu così che prese piede quella singolare avventura didattica che, complice il covid, oggigiorno sta divenendo, grazie ai mezzi di informazione odierni, di normale routine in quasi tutte le scuole del globo; e sono alquanto orgoglioso di poter dire che ben due di quei ragazzi da me preparati on line poterono godere di quella stupenda vacanza in Italia. Intanto fu sì una bella esperienza, ma quando il sabato mattina contattavo I miei alunni de visu era tutto molto più socievole e reale perché, detto tra noi, l’habitat naturale dell’educazione e dell’istruzione resterà sempre e soltanto la scuola. Anzi mi chiedo quale ripercussione avrà questo nuovo sistema educativo nell’impatto di quella futura società che da oggi in poi appunto la scuola andrà preparando.

Detto questo, o meglio ho detto questo perché anche il PICAI, in questi momenti di covidianità, ha avuto i suoi piccoli o grandi problemi che siano. Il covid ha obbligato anche il nostro Ente linguistico ad adeguarsi ai tempi che corrono interrompendo i corsi e adattandosi alle norme di igiene sanitaria e di distanziamento sociale. Personalmente è già da anni che non insegno più il sabato mattina, ma mi sento sempre un membro dell’Istituzione ed il mio pensiero non può non seguirne il cammino…anche perché passo spesso dinanzi alla Leonardo da Vinci dove sono stato di casa per oltre un quarto di secolo. Ed allora mi fa piacere farvi partecipi del fatto che, dopo l’oscura pausa dovuta al virus, dal prossimo 30 gennaio le lezioni riprenderanno, anche se con un nuovo palinsesto dovuto al rispetto delle nuove norme educative e dei nuovi sistemi di insegnamento “telematico”; oltre al sabato verranno impartite delle lezioni pure la domenica mattina per venire incontro alle esigenze dei vari studenti. Quindi anche il PICAI si è dovuto inchinare all’insegnamento a distanza tramite le varie piattaforme on rete come per esempio via zoom nel nostro caso specifico. Il presidente Piero Iannuzzi ha accennato pure ad un insegnamento ibrido (in classe e on line) per quanto riguarda il futuro dell’insegnamento della lingua e cultura italiana del sabato mattina. Ne approfitto per sottolineare che lo scorso 29 gennaio, grazie appunto all’applicazione zoom, ha potuto aver luogo la riunione generale dei soci del PICAI; zoom, lo strumento in rete che ha onorato col dono dell’ubiquità pure questi epici missionari della nostra lingua! E sono contento di questo sprazzo di luce e di quest’aria di positività perché è già la seconda volta, in questo terzo millennio, che l’Ente è soggetto a qualche scossone di vitale importanza.

Fortunatamente, mitico tempio della lingua italiana a Montreal, anche stavolta, quasi Fenice, è come rinato dalle ceneri di questa fatale pandemia. Fortunatamente anche stavolta il “carrozzone” si è rimesso in carreggiata per dirigersi con buone speranze incontro alla luce in fondo al tunnel.