Luci, poco chiare, in fondo al tunnel
Circa un annetto
fa, quando il coronavirus venne a punzecchiare l’orgoglio dell’uomo e a raccomandargli
un serio esame di coscienza, onorammo di buon grado i camici bianchi
dell’aureola di santità: li definimmo angeli, eroi, buon samaritani del genere
umano avvilito ed annientato da un invisibile, letale nemico; ancora adesso stanno
facendo miracoli per salvare vite umane insidiate dal covid 19. Nell’omonima
parabola raccontata da San Luca, sul cammino del buon samaritano da Gerusalemme
a Gerico erano già passati un sacerdote e un levita: due ministri del tempio
addetti al servizio dei sacrifici offerti a Dio; due pie personalità di allora
che, intanto, si erano limitate entrambe a spostarsi sull’altro lato della
strada incuranti, se non proprio infastiditi, dal povero malcapitato ridotto in
fin di vita dai briganti. Possiamo quasi affermare che si verificò la stessa
cosa che, in questo periodo di covidianità, facciamo spesso anche noi allorché
per strada incrociamo qualche nostro simile senza mascherina. È da un anno che
stiamo combattendo il nostro comune nemico ed oltre ai camici bianchi, impegnati
«sui campi di bataglia», i loro colleghi ricercatori, pazientemente chiusi nei
loro laboratori, hanno scoperto per noi un vaccino adatto all’uopo in tempi da
record: la scienza medica sembra essersi data amichevolmente la mano per venire
incontro all’umanità in modo tempestivo ed altamente professionale, lavorando
universalmente uniti e compatti, con lo sguardo fisso verso lo stesso obiettivo
e con la generosità disinteressata di chi si mette al servizio dei bisognosi
sacrificando gli stessi interessi personali, senza pretendere nulla in cambio,
ma solo dando incondizionatamente e senza scopi di lucro…guadagnandosi in tal
modo tutta la nostra stima e tutta la nostra riconoscenza.
Ben per noi sulla
buia strada in cui ci ha incamminati il covid è venuta subito a splendere la
luce della solidarietà e della fratellanza umana del buon samaritano che
continua impassibile e risoluta a dare coraggio e speranza a chi soffre e a chi
combatte con la morte. In appresso, sfortunatamente, sono giunti pure dei «sacerdoti»
a fuorviare i soccorsi di cui medici ed infermieri hanno necessitato di avere a
quotidiana portata di mano per accomplire alla loro misericordiosa opera di
beneficenza. Multinazionali farmaceutiche ed aziende produttrici di
vaccini sono scese sì prontamente in
campo per soddisfare il fabbisogno necessario a risolvere la situazione; ma intanto
si è verificato pure che la parola da loro data è venuta spesso a cozzare con
la tempistica delle promesse da mantenere; né si sa perché non sia stata data
libertà di azione anche ad altri competenti in materia onde garantire la
necessaria quantità di vaccini, sia per produzione che per distribuzione! Mi sa
che il gusto dell’esclusività li abbia invogliati a dare una gomitata alla
generosità e un calcio alla carità fraterna, sia dimenticando che ogni ritardo in
tal senso è stato sinonimo di morte e sia infischiandosene del sublime gesto di
quel gran signore di Albert Sabin. E quel che è peggio è che, nel contesto
della nostra malcapitata umanità, non sono mancati nemmeno i «leviti», quegli uomini
di poca fede scientifica che, rifiutando il vaccino ne hanno addirittura fatto
una scarsa propaganda: hanno osato mettere in dubbio l’efficienza della scienza
umana ed incrinare l’iniziale spirito di universale solidarietà. Se il virus scatena i suoi attacchi di massa, perché mai
l’uomo non si concentra su di una vaccinazione di gregge? Sembra che gente di
«poca coscienza» manipoli il vaccino per giocare a nascondino col covid
sulla pelle del genere umano!
Certo che ad inizio covid l’uomo
sembrava essersi quasi rigenerato in Abele; ma ora, nemmeno a distanza di un
anno, è tornato a reincarnarsi in Caino. Ma quand’è che «quest’atomo opaco del
male» cercherà di divenire un «luminoso gene del bene»…visto che è giunto a non
aver più paura nemmeno della morte che lo sta ancora fissando dritto negli
occhi?
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