ANCHE QUESTA È
AMERICA ©
(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro Cuore)
L’ABITO DA SPOSA
Stava finalmente arrivando
anche per lei il momento di coronare il suo sogno d’amore con Giuseppe. Mancavano
solo alcuni mesi ed era tutta presa dai preparativi necessari affinché quello
restasse veramante, nei ricordi del tempo, il giorno più bello della sua vita.
E lei, Angela, non pensava ad altro che al suo vestito da sposa…lo conserva
ancora adesso, dopo quasi mezzo secolo di vita in due; è un po’ ingiallito, ma
nel suo cuore serba ancora tutto il
candore di quel lontano giorno.
In manifattura, in
quell’inizio anni 70, le amiche di
lavoro le avevano parlato di una delle sarte di più vasto grido in città: era
un po’ caruccia si, ma come cuciva lei non cuciva nessun’altra. Invogliata da
quelle disinteressate referenze, la futura sposina si recò nella decantata
sartoria e venne accolta con tanto di sorriso e garbatezze di circostanza: fu
trattata proprio a guanti bianchi e come nemmeno una principessa poteva essere
accolta meglio! Fu la titolare stessa del negozio a mostrarle i vari modelli e
le differenti qualità di stoffe a disposizione. Guarda questo e guarda quello,
pensa e ripensa, vedi e rivedi, tra tentennamenti, riflesioni e consigli…la
scelta dell’abito fu fatta. La sarta le prese le misure e le si fece riempire
un formulario di vendita che, naturalmente, le fu fatto pure firmare; nello
specifico, Angela avrebbe dato un acconto quello stesso giorno e lasciato un
assegno postdatato riscuotibile alcuni giorni prima della consegna, che sarebbe
avvenuta qualche settimana prima del grande evento. Intanto dopo una diecina di
giorni sarebbe passata per la prima prova e in appresso per altre ancora che
sarebbero state fissate di volta in volta. Era stato Giuseppe stesso ad
accompagnarla nella Piccola Italia quel giorno lì che le furono prese le misure
e fatto firmare il contratto; anzi si era offerto a lasciare un suo assegno
personale per pagare il vestito tramite il proprio conto in banca; ma Angela non glie lo
permise perché preferiva farlo con quel gruzzoletto che anch’ella aveva nella
sua banca…ed in effetti sarebbe stato anche più giusto così!
I
giorni passavano e con essi anche la creazione
dell’abito andava prendendo sempre più forma e concretezza…visibili
naturalmente soltanto ad Angela perché, come risaputo, porta male se lo sposo
vede il vestito prima del fatidico giorno dello sposalizio; ed in effetti ad
ognuna delle prove di routine la futura sposina si era recata nella boutique
accompagnata da Clara, la sua migliore amica che, assieme al marito, le avrebbe
fatto pure da testimone di nozze. Qualche settimana prima del grande evento,
quando il vestito ormai era già bell’e pronto per la consegna, Angela ricevette
una telefonata; ebbe appena il tempo di dire «hello» che subito dall’altra
parte del filo le dissero secco: «Ehi, la mia bella sposina, sai una cosa? La
cecca che ci hai lasciata non è passata! Se vuoi il vestito, portaci i soldi
cash e te lo prendi!», e subito abbassarono la cornetta senza che la poverina
potesse chiedere la minima spiegazione a riguardo; e, come si può bene
immaginare, tutta sconcertata e mortificata si affrettò a fare presente il
sopraggiunto inconveniete al fidanzato. Questi, dal canto suo, cercò di
tranquillizzarla dicendole che l’indomani stesso avrebbe fatto un salto in
banca per farsi spiegare cosa stesse succedendo. Ed in effetti il giorno dopo
appena esposto l’increscioso caso al direttore della succursale, questi subito
fece luce sull’accaduto spegandogli: «La tua fidanzata ha sì un conto aperto
qui con noi, però non può fare assegni perché è un conto di risparmio!»…adesso
sì che la matassa era sbrogliata! Era un giovedì pomeriggio e, siccome i negozi
chiudevano alle nove di sera, decise di andare alla sua banca, prendere la
somma dovuta e recarsi in sartoria a pagare e chiarire il tutto. E così fece:
soldi in tasca ed animo sereno per l’equivoco risolto, vi ci si recò, entrò e
gli dissero di passare per l’ufficio; fece come gli era stato detto e si trovò
dinanzi a un tipo alto, robusto, dallo sguardo tra lo stupefatto e il
minaccioso. «Buona se…» cercò di dire gentilmente; ma subito l’altro gli impedì
di continuare: «Ha portato i soldi?»; Giuseppe, mentre li estraeva dalla
busta ancora chiusa, provò a spiegare il motivo per cui l’assegno non era
passato; ma l’altro si era più concentrato a contare i soldi anziché a prendere
in considerazione la sua giustificazione. «Bene, passi in sartoria che le
consegnano il vestito!» ingiunse al futuro sposino indicandogli la porta; e
mentre Giuseppe stava per varcarla sentenziò: «Attento a fare scherzi la
prossima volta, perché non può mai sapere in chi si imbatte!». Sorpreso e quasi
incredulo di quella imprevedibile e così umiliante scenata, Giuseppe passò per
la sartoria, si fece impacchettare il vestito in modo da non poterlo vedere,
perché come già detto porta male, uscì
…e in quella sartoria né vi mise più piede, né la consigliò ad altre persone.
Angela,
che intanto di questa storia non ha mai saputo nulla, il suo abito da sposa lo
conserva ancora oggi ed ogni tanto se lo guarda e se lo riguarda, e se lo
accarezza e se lo riaccarezza. Ed ogni volta che lei riculla a quel modo i
sogni di quei giorni lontani, Giuseppe non può fare a meno di rispolverare in
cuor suo il rospo che ha in corpo e si domanda: «Se quel Tizio e Caio ha agito
in modo così sconsiderato pure con persone di altre etnie, quale immagine di
buona italianità ha potuto lasciare dietro di sé!?». Meno male, comunque, che
una rondine non ha mai fatto primavera!
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