ANCHE QUESTA È AMERICA ©
(I racconti di
Giuseppe scritti dal Maestro Cuore)
LA RIVINCITA
Correvano
gli anni ottanta. Un pomeriggio Giuseppe tornava a casa dal lavoro
ascoltando, in macchina, la sua radio del
cuore. L’animatrice aveva come suo ospite negli studi radio un rapprentante
degli uffici per la tutela dei diritti del lavoratore. La conversazione era
interessante e toccava argomenti utili a sapersi, anche se poi più di qualcuno
non avrebbe avuto mai bisogno di usufruirne. Lui personalmente, per esempio,
non pensava mai di dover ricorrere a un simile ente né tantomeno ai suoi
servizi completamente gratuiti “a pord’zo”, come direbbero i francesi di qui.
Li prese ugualmente, però, il numero di telefono e l’indirizo dati per radio da
quel signore; li annotò e li ripose nel cassetto portaguanti del cruscotto dove
teneva altri appunti del genere. Dove lavorava a quei tempi gli avevano dato la
responsabilità del reparto spedizioni.
Prendeva una buona paga, la fabbrica andava avanti a gonfie vele, era tenuto in
grande considerazione e, quindi, non vedeva proprio un come e un quando si
sarebbe potuto trovare nella necessità di dover fare ricorso a quei “santi
avvocati” del popolo.
Passarono
suppergiù un paio di anni e il presidente fondatore dell’impresa, dove Giuseppe
aveva ormai quasi messo radici, si
ammalò. Cancro maligno, purtroppo, fu l’esito della diagnosi. Sì, proprio quel
brutto male che, se ti prende, ti porta immancabilmente dinamzi al Padre
Eterno…a scorno sia dei tuoi soldi che della tua importanza! E non ci fu più
nulla da fare neanche per lui: anch’egli adesso appartiene al passato e quelli
che, ricordandolo, lo chiamano “buon’anima” lo fanno perché fu veramente un
brav’uomo, anzi un signore. La sua morte fu come una tempesta in alto mare che,
sfortunatamente, portò alla deriva il pur ben veleggiante vascello tessile «di
Giuseppe» . Se questo non affondò completamente, fu grazie all’acquisto di esso
da parte di altri industriali operanti nello stesso settore. Quel cambio di
gestione, però, portò pure una svolta nei modi di pensare, di dire e di fare
dell’azienda; detti mutamenti, se per alcuni furono un bene, a molti causarono
problemi e grattacapi. Fatidico caso, quest’ultimo, principalmente per coloro
che, come il nostro capospedizioniere, si trovavano “in alto loco”; non è forse
vero che il toro va preso per le corna? Perché questo e perché quello, come mai
di qua e come mai di là, o furono loro a metterselo sul naso o forse fu lui a
non saper farsi ben volere…fatto sta che un bel giovedì, allegata alla busta
paga, trovò una chiara lettera di licenziamento con effetto quasi immediato:
dal lunedì successivo non faceva più parte di quella compagnia! “Non possono
slaccarti così su due piedi! Va’ a protestare!” gli suggerì un compagno malvisto
anche lui, naturalmente. “Ma no; preferisco andarmi a cercare un lavoro
altrove. Ne ho fin sulla cima dei capelli della loro autoritaria arroganza!”
ribattè Giuseppe che ormai lì dentro ci stava troppo stretto per poterci
restare più a lungo.
In
effetti un altro impiego lo trovò abbastanza presto e senza difficoltà. Nel
nuovo posto, intanto, un vecchio volpone del mestiere, con cui Giuseppe aveva
fatto amicizia sin dal primo giorno, gli mise la pulce nell’orecchio che
avrebbe fatto bene ad andare a reclamare alquanto prima la sua liquidazione
nella vecchia fabbrica, altrimenti quelli avrebbero fatto i matti per non
andare in guerra. Diede ascolto al nuovo amico e telefonò. “Oh, non
preoccuparti, -gli fu risposto- ti manderemo il tutto per le vacanze della costruzione!”.
Le vacanze arrivarono e passarono, ma del “tutto” non si era vista neanche
l’ombra. Richiamò e si sentì dire: “Ah sì, la tua cecca è sul tavolivo del
padrone; appena lui la segna te la mandiamo!”. E una volta e due e tre, finché
un giorno ricompose il numero e fece secco: “Se al vostro padrone manca la
penna per fir.ma.re l’as.se.gno, adesso glie la porto io una di marca!”.
Riattaccò con loro e diede subito un colpo di telefono al famoso numero udito
un lontano giorno alla radio italiana. Spiegò il suo caso, gli fu dato un
appuntamento e, con la precisione di un orologio svizzero, fu sul posto nel
giorno e all’ora stabilita. Venne accolto gentilmente, gli si diede il tempo di
esporre le sue cose e, per tutta risposta gli fu suggerito: “Appena hai
tutte le prove per dimostrare che hai lavorato in quella ditta per oltre undici
anni, portacele e risolveremo il tuo problema!”. “Sì, -soggiunse lui- ma quali
prove?”. “Per esempio tutte le slippe paga settimanali!”. Una parola! Dove
andarli a prendere, adesso, tutti i tagliandi con le trattenute se, di volta in
volta, staccato l’assegno, li gettava via come carta inutile? Fu il contabile
che gli faceva la dichiarazione dei redditi che si impegnò a procurargli le
ricevute in questione. E così, appena le
ebbe in mano, si precipitò subito dove di dovere per un adeguato “risarcimento
danni”. L’impiegato d’ufficio diede un colpo d’occhio alle
fotocopie da lui portate, riesaminò il dossier e, complimentandosi con lui per
la causa quasi già vinta, gli espose tutti i vantaggi di cui avrebbe potuto
usufruire. Eccoli esposti in breve: retribuzione corrispondente a due settimane
di mancato preavviso; sei per cento della paga annua come congruo vacanze, o
liquidazione come sarebbe meglio dire; e, se voleva, poteva anche riprendervi
servizio essendo stato messo alla porta senza un giusto motivo.
Ma
Giuseppe conciliò: “Che mi diano soltanto quello che mi spetta. In quanto a
ritornare lì…manco morto!”. E fu così che, grazie all’ascolto della nostra
radio amica di Montreal, la cfmb, potè arrotondare di parecchi soldini il suo
conto in banca…senza aver dovuto sborsare, pertanto, neanche un centesimo.
Aucun commentaire:
Publier un commentaire