HO VISTO IN FACCIA UN SANTO
Se mi permettete, vorrei trattenervi ancora in paradiso per
approfondire il discorso sul santo a cui
ho accennato di sfuggita nel mio spot precedente che, come ben
ricorderete, è san Pio da Pietralcina. È un santo abbastanza popolare e mi riempie di
particolare orgoglio perché ho avuto modo di conoscerlo di persona.
Prima, però, vorrei fare un’osservazione sul modo in cui a volte lo sento
chiamare. Infatti alcuni
dicono «san Padre Pio»; questo, a mio avviso, non è tanto ortodosso e ve ne
spiego il perché. Nel linguaggio ecclesiastico vi sono alcuni appellativi
che stanno a specificare il grado gerarchico delle personalità del clero.
Eccovene alcuni: fra, padre, reverendo, don, monsignore, eccellenza, eminenza,
santità; e poi dopo morte: servo di Dio, venerabile, beato, santo; a questo
punto va precisato che il passaggio ad un grado superiore abolisce
automaticamente il titolo precedente. Venendo al caso specifico di san Pio,
quando era studente veniva chiamato “fra Pio” e dopo aver preso messa
“padre Pio” ; dopo la sua morte è stato prima venerabile, poi beato e infine
santo…perdendo di volta in volta l’appellativo precedente. Di conseguenza il
modo corretto di chiamarlo dovrebbe essere o san Pio e basta, oppure san Pio da
Pietralcina; ma se proprio proprio ci tenete o pensate che possa più facilmente
farvi qualche grazia, chiamatelo pure san Padre Pio…che non è peccato!
E adesso possiamo venire a noi! A inizio anni sessanta ero un giovane
studente liceale; frequentavo il secondo anno allorché il preside dell’istituto in cui studiavo, a fine
anno scolastico, chiese ed ottenne dal
superiore del convento di Santa Maria delle Grazie in San Giovanni
Rotondo il permesso di far trascorrere ad alcuni studenti meritevoli una giornata
con i frati del convento e di incontrare pure padre Pio. Tra quella diecina di
fortunati ci fui pure io perché, a detta del mio professore di italiano, “come
facevo i compiti io non li faceva nessuno”: il pallino della penna, quindi,
devo averlo proprio nel sangue o nel DNA, come si dice adesso. Tralasciando
altre cose, a mezzogiorno ci fecero entrare nella sala pranzo, che loro
chiamano refettorio; io mi trovavo seduto sulla parete a sinistra della porta di
accesso, proprio di fronte alla tavola principale riservata al superiore e ad
altri frati di una certa importanza; all’estremità destra di quella tavola,
quasi di fronte a me, c’era il posto di padre Pio. Questi intanto fu l’ultimo
ad arrivare e appena lui entrò automaticamente cademmo tutti in emozionato silenzio;
«Continuate, continuate a parlare –disse lui dirigendosi al suo posto- non è arrivato nessuno!». Era accompagnato da
due frati e si muoveva lentamente quasi trascinando il peso del suo corpo; solo
quando si sedette potemmo guardarlo in faccia: un volto delicato e luminoso,
completamente in contrasto con quella sagoma pesante che aveva attraversato la
sala poco prima! Sembrava che da un momento all’altro si sarebbe potuto sollevare da terra! Il suo pasto, intanto, «simile a quello di un
uccellino», come ci fece notare il padre guardiano…che poco dopo, rivolgensosi
al santo gli disse: «Padre Pio, non la raccontate una barzelletta a questi
studenti?». Anche Pippo Franco ha sottolineato una volta la vena scherzosa di
padre Pio ed io mi chiedo se, forse, non scegliesse l’argomento delle sue
barzellete a seconda del pubblico che aveva dinanzi; a noi infatti, forse
proprio perché eravamo studenti, raccontò una sul dottorato. Eccovela:
«Una volta al mio paese ci fu un giovanotto che si recò in città per ragioni di
studio. Una volta laureato se ne tornò al paese dove tutti cominciarono a
chiamarlo «dottore». Una vecchietta sua vicina di casa, che quando il dottorino
era piccolo gli aveva pulito pure il nasino, lo chiamò e gli chiese: «Famme
sentì Pasqualì, chi ti chiama dottore a destra e chi ti chiama dottore a
sinistra; ma dottore di che sì?». «Ehi zè Marì …sono dottore in fi-lo-so-fia!». “Mamma mia
–replicò la vecchietta- è sciuta nata
malatia mò?”. A questo punto voglio dirvi una cosa; la memoria non è mai stata
il mio forte ed anche le barzellette oggi ne ascolto una e domani l’ho già
bella e dimenticata; non sono ancora riuscito a capacitarmi come mai questa
raccontata quel giorno da padre Pio l’ho sempre ricordata a memoria. E ci penso
e ci ripenso e più ci penso e più mi meraviglio!
Fu dopo il pranzo che potemmo anche avvicinarci al
frate dalle stimmate e parlare con lui. Una suora del mio paese mi aveva raccomandato di fargli sapere
che spesso lei gli scriveva e chiedeva che fosse lui personalmente a
risponderle. Glie lo dissi veramente e lui, quasi tra il burbero e il faceto
(ancora un riscontro del suo dualismo sottolineato da molti), mi rispose secco:
«Diccelle ca ze lu pò scurdà!». Intanto vedere padre Pio a tu per tu fu una
cosa che non dimenticherò mai. Il contrasto in lui tra cielo e terra lo
rimarcai ancor più in quegli istanti che gli fui vicino; guardavo il suo corpo
e lo vedevo per terra, lo guardavo in faccia e lo vedevo in un’altra
stratosfera, quasi fuori da questo mondo; anzi,
ad un certo punto lo guardai negli occhi e mi sembrò che lui,
guardandoci, si chiedesse come mai noi
fossimo tanto interessati alle cose terrene…quando invece sarebbe stato meglio
farsi prendere da pensieri
superiori e da ideali ben più elevati. Comunque, ci pensate? Durante il periodo della mia giovinezza ho
conosciuto padre Pio; ho parlato con lui ed ho mangiato con lui; ancora oggi,
intanto, mi porto dietro il grande orgoglio di poter dire che «ho visto in
faccia un santo»!
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