Mio povero portafoglio
Che pena che mi fai, mio caro
portafoglio, in quest’assurdo mondo politico-economico: alquanto povero e
scarno quello dei tanti e tanti, abbastanza a pieno mantice quello dei ben
pochi nati con la camicia. Se ne sono svuotati ben parecchi in questi passati
due anni di covidianità, e la possibilità di una eventuale ripresa è più un
miraggio che un’utopia. Con il lavoro che è andato sempre più scarseggiando le
fonti di lucro hanno chiuso i rubinetti pressoché a zero. Si era appena
proiettata all’orizzonte la speranza di una rinascita che la botta in testa
dell’attacco russo in Ucraina ha decretato il tracollo di ogni istituto
bancario in lungo e in largo per il vasto suolo di madre terra. Sanzioni di
qua, ripicche di là, importazioni ed esportazioni ad armi corte ed eccoci al
collasso economico con il carovita alle stelle…a torto o a dritta che sia.
Nel mio quartiere un grande emporio
con vendite al dettaglio, con stazione di servizio annessa, è già da parecchi
mesi che ha trasclocato in una zona con più ampi spazi a disposizione. Nella
vecchia sede è rimasto solo il distributore di benzina aperto, naturalmente per
ridurre a zero le ultime provviste fatte. Ne va da sé che è da svariati e
svariati mesi che la ditta non ha fatto rifornimento di carburante; il prezzo
della benzina, intanto, per rispondere all’andamento delle borse lo ha messo
varie e varie volte al rialzo benché il costo d’acquisto fosse stato quello
fatto in precedenza ad un basso valore. Ed ecco come i portafogli dei mille e
mille clienti si sono andati alleggerendo, nel mentre che quello suo da
industriale invece si sia andato appesantendo. Detto discorso di
compra-vendita, idem per idem, va fatto pure per tutti gli altri esercizi e
commerci che sono da mattina a sera al servizio di una più o meno vasta
clientela. Difatti per suddetta politica commerciale, causa pandemia prima e
causa guerra dopo, è già da parecchio tempo che il prezzo della mercanzia,
ovunque ti giri ti giri, sale sempre e poi sempre e…vi pareva che, di detta
strafottente speculazione, non fosse “pantalone” a farne
le spese?
Durante la pandemia si è sentito
spesso imprecare contro i governi per le misure “indigeste” che prendevano,
guarda caso per proteggere la nostra salute; per i frastuoni dei clacson dei camion ci sono stati addirittura delle manifestazioni di piazza; spesso e
volentieri si organizzano rimostranze e sfilate di protesta per questa o
quell’altra legiferazione poco gradita. Tanto per farla breve, a volte ce lo
prendiamo lo sfogo di far sentire la nostra voce per non essere messi sotto i
piedi o per reclamare i nostri diritti. E adesso, per il rialzo sconsiderato
del carovita, perché nessuno parla? È un qualcosa che rasenta l’ingiustizia e
lo sfruttamento; eppure nessuno alza un dito e sembra che tutti siano d’accordo
con questa presa per i fondelli; non è una specie di omertà che non gioca
affatto a nostro favore ed interesse? Non c’è nessun Masaniello a guidare una
rivoluzione di piazza in difesa del nostro benessere?
È quasi istintivo per l’uomo
chiedersi, in occasione di cataclismi o sciagure naturali, “ma dov’è Dio?
Perché permette tutto questo?”. Ebbene adesso sono io a chiedermi e a chiedervi
“ dove sono i governanti? Perché non mostrano il pugno fermo contro questi
magnati del lucro che succhiano il sangue dei loro simili?”. Non è forse il
caso di supporre che siano proprio loro stessi, indugiando a reclamare
trattative diplomatiche o compromessi similari, a pianificare guerre di
interessi sempre a scapito della povera gente? Avete visto anche in quest’altro
esacrando eccidio ucraino di cosa si parla “affacciati alla finestra”? Di chi
ci guadagnerà di più dopo questa guerra: sarà l’Ucraina, sarà la Russia,
saranno gli Stati Uniti, sarà la Cina; ognuno è interessato al proprio guadagno
e nessuno ha tempo di pensare a che fine farà il genere umano!
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