ANCHE
QUESTA È AMERICA ©
(I racconti di Giuseppe scritti dal Maestro
Cuore)
LA VACCA NON DA PIÙ LATTE
Da
quando si sono ritrovati e abitano sulla stessa strada, Albano e Giuseppe non
mancano mai, dopo cena, di fare la loro passeggiata serotina. Prendono una
boccata d’aria, si tengono informati sull’andamento del circondario e vanno
risfogliando il libro dei loro vecchi ricordi di operai. “Ti è mai rivenuta in
mente -chiese Giuseppe ad Albano- la manifattura della vacca che non dava più
latte?”. E l’amico rispose: “Eccome se me ne ricordo! Fu proprio per colpa di
quella mia…bestia immaginaria che persi la giobba!”. Ma ecco come erano andati
i fatti. I nostri due amici lavoravano insieme e, quando il lavoro scendeva in
picchiata, il portoghese era solito dire ai compagni: “La vacca non da più
latte. Preparatevi a partire!”. Infatti, se il calo del lavoro persisteva,
c’era da aspettarselo qualche licenziamento. Comunque, anche per non farsi
prendere dalla malinconia, ci si scherzava sopra e si cercava di sdrammatizzare
il caso come meglio si poteva. Qualcuno se ne usciva dicendo che, secondo la
teoria di suo nonno, se le vacche le sai mungere riesci a ricavare latte anche
dopo l’ultima goccia. Qualche altro raccontava di quando, in casa, si macinava l’uva
per fare il vino. Dopo che fermentava, si metteva a spremere la vinaccia nel
torchio. La si toglieva e la si rimetteva a spremere varie volte per ricavarne
quanto più vino si poteva. Dopo avercela messa l’ultima volta, la si lasciava
riposare tutta la notte e l’indomani, date le ultime strette e recuperate le
ultime gocce, con soddisfazione si commentava: “Hai visto? Abbiamo ottenenuto
un altro mezzo bicchiere?”.
Applicando
anche detta similitudine alla manifattura in questione, quell’anno la vinaccia
dovette essere stata passata al massimo sotto il torchio e la vacca dovette
essere stata munta più del dovuto perché sotto la ramazza del repulisti
passarono pure alcune teste di serie come Albano, per esempio; Giuseppe,
fortunatamente, quella volta se la scampò per un pelo. Sotto cassa integrazione
il primo, fedele portavoce il secondo, si telefonavano spesso e l’uno informava
l’altro circa ogni mossa aziendale. Una volta Giuseppe comunicò ad Albano che,
nonostante la penuria del lavoro, era stato comprato un nuovo macchinario per
il reparto impacchettatura; una seconda volta portò a sua conoscenza che,
nonostante l’indesiderata ristrettezza economica, nel reparto finizioni era
stato rinnovato tutto il settore. Dette notizie erano incoraggianti in quanto lasciavano
supporre che, se venivano fatte tutte quelle spese, una ripresa del lavoro non
doveva tardare! Albano, dal canto suo, pur cullando in cuore una riassunzione,
un colpo d’occhio qua e là lo andava gettando lo stesso, caso mai potesse
trovare qualcosa di meglio. Intanto nella manifattura della vacca magra il
lavoro si rimise; anzi, riprese con una marcia in più e si registrarono pure
nuove assunzioni. E vi sembra che Giuseppe non facesse squillare il telefono in
casa di Albano? “Ehi, tieniti pronto che presto ti richiamano: il lavoro si è
rimesso e in fabbrica si vedono parecchie facce nuove!”. “E scommetto -commentò
Albano a sua volta- che tutte queste facce nuove le retribuiscono pure con
giusta mercede: la dovuta minima paga! E no, mio caro. Si dà il caso che abbia
trovato anch’io un lavoro più rimunerativo. Che mi chiamino se vogliono:
cercherò io pure di mungere la vacca come si deve!”.
Ma
ciò non avvenne mai e fu così che i due compagnoni si persero di vista, fino a
dimenticarsi quasi l’uno dell’altro. Ora intanto, vecchierelli di fresco in
pensione, si sono ritrovati e sono tornati ad essere i grandi compagnoni per la
pelle di una volta. Anzi, dire che sono solo amici è poco. Ecco, infatti, cosa
disse Angela a Flavia, la moglie del portoghese con cui stava chiacchierando
sul balconato di casa, vedendo i mariti di ritorno da una loro passeggiata
serale: “Arrivano, arrivano i due fidanzatini. Ci manca solo che si prendano
sotto braccio…i piccioncini!”.
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