Gente nostra
Ripensando alle mie
esperienze di insegnante, spesso mi soffermo a rivivere quei momenti in cui
alcuni miei alunni sono stati premiati in concorsi vari a cui io li ho sempre
premurosamente invogliati a partecipare. Ce n’è uno in particolare che mi piace
raccontarvi anche perché mi da la possibilità di meditare su quanto onesto
sudore della nostra gente sono impregnate le pietre e i mattoni di tanti
edifici e costruzioni della grande
Montreal.
Non ricordo più in
che anno, ma una volta l’Università di Montreal bandì un concorso per giovani studenti
multietnici. Il tema da svolgere era «Incontro ai nonni», ed eccovi qui di
seguito lo svolgimento dell’allora mio alunno Anthony Franceschini. «Un
sabato mattina a scuola si parlava di storia. Il maestro raccontava dei gruppi
etnici che venivano a stabilirsi in Canada.
Ad un tratto…ho preso il volo con la fantasia, cosa che mi capita
spesso! Mi sono immaginato pure io su di una nave, che si dirigeva verso il
Nuovo Mondo, assieme a tutta quella gente che tanti anni fa lasciava l’Italia
per venire a vivere in Canada. Stavo camminando sul ponte dell’immenso
bastimento quando il capitano dava l’annunzio che in poche ore saremmo giunti
ad Halifax. Erano tutti ottimisti quegli italiani sulla nave; tutti volevano
cominciare una nuova vita lontani dalla guerra! Quegli emigranti erano sarti,
falegnami, barbieri, muratori, ristoratori, calzolai, meccanici…tutta gente che
portava usanze e tradizioni nuove da radicare in America! Col tempo si
sarebbero comprata una casa e poi, con l’aiuto di Dio, si sarebbero formata una
famiglia. Erano queste le speranze di quegli emigranti: una casa dove abitare
con la famiglia che è la base di ogni buona società. In questa nuova terra la
nostra gente si è andata scambiando abitudini e costumi con altre genti e ha
pensato pure all’istruzione all’italiana dei propri figli. Ha praticato la sua
fede e ha fatto conoscere la sua cultura. A Montreal, infatti, strade, parchi,
edifici, monumenti, interi rioni cittadini parlano italiano. Ecco: nella mia
fantasia osservo un quartiere tutto italiano…si chiama Riviere des Prairies;
l’odore dei piatti casalinghi, il sapore del buon vino, le liete cene con
familiari e amici, le feste patronali. Come sono stati grandi i nostri antenati
per creare tutte queste cose in questa terra qui! «Signor Franceschini, potrebbe stare attento
alla lezione invece di pensare a chissà che cosa?». Uops!, mi sono fatto
sorprendere a fantasticare. «Allora, dice il maestro, avete capito gli effetti
dell’emigrazione italiana nella nostra società canadese?». E ci invoglia a
pensare a tutti quegli italiani che si sono distinti nei vari campi delle
attività sociali. Non si possono più contare: politici, industriali,
commercianti, professionisti, ingegneri, imprenditori e via di seguito. Tutta
gente che ha dato una grande importanza al popolo italiano all’estero. Mentre
lui parla la mia fantasia riprende di nuovo il volo; ma questa volta mi porta
nel futuro e mi fa vedere già grande. Emigrante del terzo millennio sto
portando per mano i miei figli. Sto insegnando loro a camminare sui passi dei
nonni perché, anche se la strada sembra vecchia, è ancora ricca di avvenire e
di futuro. Andare incontro ai nonni, infatti, vuol dire farli continuare a
vivere nelle nostre opere e nelle nostre azioni!».
Su 600 e rotti
studenti provenienti da ogni dove il Franceschini vinse il primo premio! Come
potete bene immaginare partecipai anch’io alla premiazione e mi recai
all’università assieme al nonno del mio studente. Riaccompagnandomi a casa dopo
la cerimonia mi fece il seguente discorsetto che vi riporto quasi testualmente:
«Tu non puoi mai immaginare, mio caro Giuseppe, che soddisfazione e quanta
emozione ho provato quest’oggi fra le mura di questa università. Oh no, non puoi mai capire cosa ho provato nel vedere un mio nipote
essere premiato proprio in questo padiglione dell’università dove io ho
lavorato da giovane…appena arrivato dall’Italia. Avevo solo 19 anni e
ne ho portati e ne ho portati di mattoni e di secchi di calce ai mastri con cui
lavoravo a quei tempi. E come mi voleva bene il capo cantiere; quasi ogni fine
settimana mi regalava un cartone di sigarette!». Ed io da quel giorno là
ricordandomi di quelle parole, dovunque vado e dovunque poso il mio sguardo, mi
domado se le strutture che vedo intorno a me non siano anch’esse, tutte quante
frutto dell’onesto lavoro di questa lodevole gente nostra che mi onoro di
andare descrivendo di tanto in tanto con questa mia penna per l’italianità; rifletteteci
anche voi andando in giro per Montreal: la nostra già bella città vi diventerà
ancora più bella, la sua gente sempre più accogliente e la nostra stessa
italianità vi apparirà più limpida e trasparente…perché ci siamo anche noi ad
averla resa e a renderla tale ancora adesso!