mercredi 4 février 2015


Gente nostra

Sabato 31 dicembre 2015, fumata bianca a Montecitorio: il dodicesimo presidente della Repubblica italiana è stato eletto al quarto scrutinio, con un suffragio di ben 665 voti, nella persona di Sergio Mattarella! L’Italia ha un fremito di gioia inaspettata e tutta la penisola viene pervasa da una inattesa ventata di soddisfazione…al pari di quando, alcuni anni fa, in Piazza San Pietro papa Bergoglio dava il suo saluto di «buona sera» al mondo intero. «Il mio pensiero va alle difficoltà e alle speranze degli italiani», queste le scultoree e significative parole con cui ha salutato il suo popolo, la nostra Italia e i suoi cittadini in Patria e all’estero. Il «buona sera» di Francesco I allargava gli orizzonti alle speranze del mondo cattolico, il saluto del dodicesimo presidente della Repubblica ha illuminato di giustizia gli ideali del nostro Paese.

Dopo le dimissioni di Napolitano, il Quirinale ha il suo nuovo inquilino che non ha nemmeno molta strada da fare per il trasloco; abita nella Foresteria della Consulta, proprio a due passi dalla sede presidenziale. Come tanti, mi sono ricordato solo in questi giorni del suo passato politico; non so perché ma mi è capitato di fare un raffronto tra lui e Di Pietro. Due cammini opposti da cui quest’ultimo ne è uscito un pò penalizzato; l’indegerrimo creatore di mani pulite, abbandonando la toga, mise le sue nella pasta politica, fors’anche nell’alto intento di darle un corretto utilizzo; vedendolo ora nella notte dell’oblio, mi chiedo se, restando nelle aule giuridiche, non avesse avuto pure lui l’opportunità di salire il colle più prestigioso d’Italia. Con processo inverso, Sergio Mattarella un pò di anni fa abbandona la politica e veste la toga di giudice…coprendo forse con essa quelle ferite al cuore procurategli dal crimine organizzato: cambio di rotta che oggi l’ha degnamente onorato.

Come tanti anch’io mi sono chiesto chi fosse, politicamente parlando, Sergio Mattarella e, dopo quello che si è detto, adesso lo so e lo dico anche a voi. Figlio d’arte la sua carriera lo vede ricoprire la carica di ministro: dei Rapporti con il Parlamento, della Pubblica Istruzione, della Difesa, nonché di vice presidente del Consiglio…per poi dedicarsi alla giustizia. E in quanto a fede politica su quali fronti ha militato? Come a me, penso sia bastato pure a tanti di voi rispolverare il libro della memoria per ripercorrerne i passi che lo hanno portato a militare con diverse forze politiche: Democrazia Cristiana prima ed in seguito Partito Popolare Italiano e poi Ulivo e Margherita; dei ripensamenti di fede convergenti su diversi orizzonti, a quanto sembra. Banderuola al vento questo suo percorso politico oppure: pura integrità morale, coerenza nei suoi principi, forte volontà di soddisfare le necessità dei cittadini e i veri bisogni del Paese? Nella mia ingenua veduta delle cose, mi permetto di dire che tale cambiamento di colori altro non è che la determinazione di una mente di chiare vedute sociali, nonché di un intuito secondo cui, se non raccogli buoni frutti in un determinato terreno, vai a seminare altrove.Di certo rimane il fatto che l’Italia tutta ne ha salutato la sua nomina con emozionato entusiasmo: il suo sorriso sofferto, il suo sguardo sincero, il suo volto cordialmente severo hanno già comunicato: speranze al buon cittadino, timori alla gente corrotta, paura nei cuori della malavita. La carta vincente di Matteo Renzi, lungi dall’essere un’astuzia macchiavellica, la vedo come il suo asso nella manica per dare al Paese il suo giusto presidente; e su questo si sono trovate d’accordo tutte le forze politiche: di destra, di sinistra, di centro e di ogni dove. Nonostante questa unanimità di opinioni, il teatrino politico continuerà imperturbabile il suo corso sin da domani perché the show must go on!

Intanto sarà Sergio Mattarella a dirigere, d’ora in poi, i fili delle illustri marionette parlamentari; colui che, dal momentaneo silenzio della consulta, è uscito fuori come il presidente ideale della nazione; l’uomo retto che ha già allargato l’orizzonte delle speranze a tanti suoi concittadini; la persona incorrotta che, emozionando i giusti, avrà causato turbamento nell’animo del crimine organizzato; il cattolico che chiede alle suore di pregare per lui «affinché sia strumento di aiuto per il paese»: ci sarà di certo un abbraccio con papa Francesco che, tra i primi a congratularsi per la sua nomina, ha benedetto l’Italia e il suo neo-eletto presidente; il primo presidente siciliano, l’arbitro imparziale che, promettendo di «ricucire gli strappi della nazione per guardare oltre», mi ha fatto pensare a Pertini allorché disse: «Vorrebbero che fossimo chiechi e sordi; ma per fortuna ci vediamo e ci sentiamo ancora molto bene». Eccolo il nostro nuovo presidente in carne ed ossa a cui sono arrivati pensieri di felicitazione da ogni parte del mondo; in questo contesto vorrei ricordare una raccomandazione fattagli da un suo corregionale intervistato per Porta a Porta: «Sergio, nun farti futti!». E sono certo che non se la farà fare, anche a costo di sfidare il destino…quel destino che ha reso martiri Falcone, Borsellino, il suo stesso fratello Piersanti  e tanti altri eroi, solo perché tutori dell’ordine pubblico. Mio caro presidente, da cittadino fuori Patria mi permetto di dedicarti un acrostico con l’applauso di tutti gli emigranti sparsi nel mondo per cui tu hai avuto un pensiero nel tuo discorso di insediamento.

Luce nuova     

Sei stato eletto quasi all’improvviso

E tutti hanno esultato, anche se pochi

Realmente sapevano chi tu fossi.

Giudice della Consulta sei stato,

In questi ultimi anni, dopo aver dato

Onore alla Patria su ben tre seggi

Ministeriali, e pur da vice premier;

Assai saggia, la tua scelta ha trovato

Totale unione, o quasi, in Parlamento.

Toccato un giorno da inaudito fato,

Avrai messo in agenda, forse, come

Rinsavire il crimine organizzato,

E dare alla tua gente un pò di pace.

Luce nuova pervade ora l’Italia,

La stessa che ci fa inviare anche il grande

Applauso nostro, di italiani all’estero!

lundi 19 janvier 2015


Il Centro della…perfezione

Per me è diventata quasi una devota tradizione dedicare un pensiero scritto a don Bosco in occasione della sua festa che ricorre il 31 gennaio; l’ho fatto quando scrivevo sull’Insieme, l’ho fatto in “xxisecolo” e l’ho già fatto pure con questa “penna per l’italianità”.  Anche quest’anno ho trovato lo spunto per farlo: vi parlerò, infatti, del “Centro salesiano dei giovani”, situato sulla Maurice Duplessis in Rivière des Prairies. È già da anni che vi passo davanti mattina e sera, andando e tornando dal lavoro…senza neanche immaginare quali e quanti  giovani ideali si vivono lì dentro; passando e ripassando di lì la mia immaginazione non andava oltre quell’insegna che lo contraddistingue, e la mia mente non si figurava altro che un piccolo locale dove i giovani si riuniscono per incontri ricreativi, riunioni spirituali o cose del genere. Ora che vi sono entrato e l’ho visitato posso dirvi che si tratta addirittura di una vera e propria cittadella frequentata naturalmente da giovani, diretti e guidati da quegli stessi salesiani di don Bosco che fino all’anno scorso ufficiavano nella Missione di Maria Ausiliatrice.

Tempo fa, anche per procedere con ordine, incontrai casualmente padre Luc De Montagne; dopo esserci salutati cordialmente e scambiati i rituali convenevoli gli chiesi dove si trovasse attualmente e lui mi rispose: «Sto al Centro dei giovani; vienimi a trovare che ti offro un caffè e te lo faccio visitare». Promisi di accontentarlo, ho  mantenuto la promessa, ho visitato il Centro ed eccomi qui a descrivervelo per filo e per segno…anche perché molti di voi, come me prima, non sanno affatto di che si tratta e di quali e quante risorse spirituali i nostri giovani possono nutrirsi lì dentro quotidianamente. L’ingresso principale è sulla strada Pierre Baillargeon ed è da circa vent’anni che si impegna a dare alla società onesti cittadini, proprio secondo l’insegnamento preventivo del grande santo di Torino a cui è intitolato. Vi sarà capitato di certo, durante le belle giornate, notare un parco giochi per bambini in fondo al parcheggio a fianco all’edificio ed essere attratti dall’armonia festosa di quei «futuri cittadini» che per ora trascorrono lì la loro giornata, guidati a socializzare fraternamente: al Centro si comincia ad educare la gioventù sin dai suoi primi anni di vita! Su per le scale, che portano ai piani superiori, poster e foto ricordo di attività giovanili  già svolte accompagnano gioiosamente la mia visita. Il secondo piano è il punto focale della nostra cittadella, dove naturalmete non può mancare la cappella per la Santa Messa e le pratiche religiose ufficiate da padre Luc, padre Tito e padre Richard…se qualcuno non sapeva dove fossero, adesso sa dove trovarli. Dopo di che, dove ti volti e dove ti giri, ti trovi in vasti locali ricreativi e formativi dove i giovani vengono saggiamente orientati a giuste scelte di vita; dove possono incontrarsi, fare amicizia, discutere, confrontarsi e divertirsi; sapete su cosa si è posato nostalgicamente il mio occhio? Su di un mitico biliardino dove da ragazzino «disputavo» le mie partite di calcio con i miei amichetti! Uscendo dal Centro ho portato con me un foglietto pubblicitario delle attività programmate di cui vi cito quelle più importanti…così come sono in lingua inglese per evitare errori di traduzione: Tutoring! All ages (un fac simile di dopo scuola); Funky Dance for Girls (si preparano danze per uno spettacolo annuale); Friday Night Ball Hockey; Grades 3 to 6 ball hockey; Musicpalooza (si pratica musica e si compongono canzoni originali); Friday night Teen Girls Club ed infine gli annuali Summer Camps. A dirigere e coordinare queste lodevoli attività c’è un fantastico trio: Fr. Richard Autier “Don Bosco presence”; Theo Vecera “The big cheese”; Anna Tafuto “Rockstar”; da sottolineare che questi magnifici tre sono coadiuvati, a tempo parziale, da Philip Rossi “Awesome leader”. Salendo ancora più su, al terzo piano infine, troviamo la Missione Don Bosco che si interessa a raccogliere fondi  per aiutare le missioni salesiane sparse un pò dovunque nel mondo. Ne approfitto per ringraziare l’amministratrice Sandra Lamberti per le preziose informazioni fornitemi.       

Ma che cos’è tutto sommato, e per chiudere in bellezza, questo «Centro salesiano dei giovani”? È una palestra formativa dove l’educazione è veramente una questione di cuore! Esso è più che un centro…è una casa fuori casa dove sei sempre benvenuto, benvoluto ed apprezzato! Non so se ci avete fatto caso, ma ben tre volte, nel corso della dissertazione, ci si è imbattuti nel numero tre, cioè sul numero perfetto: si innalza su tre piani, tre i sacerdoti del centro e tre i suoi dinamici dirigenti…il centro della perfezione, dunque! Una cosa è certa, comunque, esso altro non è che un rivivere in chiave moderna la spiritualità che si viveva un tempo negli Oratori di don Bosco…il punto di partenza per una società migliore!   

dimanche 4 janvier 2015


Vai là dove ti porta il cuore

Tra gli avvenimenti del 2014 degni di rilievo ce n’è uno datato luglio che mi sta particolarmente a cuore. Ecco cosa abbiamo potuto leggere a riguardo sulla stampa scritta: “...lanciare una campagna di promozione per l’inserimento dell’italiano come materia curriculare integrata all’orario scolastico. È una campagna che si svolge a livello canadese, sotto la direzione dell’Ambasciata, la cui particolarità è quella di voler coinvolgere le famiglie italiane che hanno tutto il diritto di richiedere con forza che l’italiano sia insegnato nelle scuole frequentate dai loro figli». Suddetta campagna, intanto, ha già mosso i suoi primi passi; e se la semina è buona darà di certo anche un buon raccolto.

Mercoledì 17 dicembre al Centro Leonardo da Vinci c’è stata una riunione dove, se da una parte ho notato una numerosa presenza di insegnanti, d’altra parte ho notato pure una mancanza assoluta di genitori; la mancanza, cioè, di quei nuclei familiari che dovrebbero essere i protagonisti della scena. Tra gli insegnanti ce n’erano non pochi giunti di fresco dall’Italia; uno di questi, disorientato forse dalle contrastanti opinioni che hanno dominato il dibattito di routine, si è chiesto se non si trovasse lì nelle vesti del proverbiale «ingenuo del villaggio» . A lui, e a quanti che come lui avessero avuto delle perplessità sulle pieghe che ha preso la discussione quella sera, mi permetto di scrivere quanto segue. L’esigenza che si avverte oggi di dare una notevole svolta all’insegnamento dell’italiano affonda le sue radici nel passato; pertanto merita di essere ben valutata perché si inquadra proprio nell’ambito di quegli eventi sociali che, per camminare al passo coi tempi, necessitano di ragionevoli aggiornamenti…anche se a volte le accorate tradizioni contrastano con le vedute della ragione. Le scuole di italiano del sabato mattina furono istituite dal mitico Mons. Andrea Maria Cimichella nel  lontano 1958. A quei tempi le scuole si identificarono con le stesse parrocchie da cui vennereo curate e portate avanti fino ad inizio anni ’70. Ricordo che nei miei primi anni di insegnamento, agli sgoccioli degli anni 60, nella prima domenica di ottobre si usava celebrare, nella chiesa della Madonna di Pompei, una «Santa Messa degli insegnanti di italiano». Con la fondazione del Picai, 1975 o giù di lì, le scuole del sabato mattina passarono sotto la gestione di questo Ente…e lo sono tutt’ora…e il Picai le sta gestendo ancora oggi in maniera perfetta ed esemplare; se così non fosse ne avrei forse un pò colpa anche io ed ogni altro mio collega insegnante. C’è, però, un’increscioso dato di fatto che va preso in considerazione; le scuole del sabato fanno registrare una notevole mancanza di iscrizioni che va aumentando di anno in anno sempre più; è appunto per questo che già una diecina di anni fa un gruppo di insegnanti  decise di fare integrare la lingua italiana nelle scuole pubbliche; e fu così che la nostra lingua divenne materia curriculare in ben quattro istituti scolastici; ci volle del tempo, ma suddetti insegnanti riuscirono a farlo armati solo (stando alla versione ufficiale dei fatti) di determinazione e buona volontà! E di conseguenza è sempre in ragione delle poche iscrizioni ai corsi del sabato, e solo per questo, che si vorrebbe tentare il colpo di fare integrare l’italiano nel maggior numero di scuole pubbliche possibile; ed è questa l’unica ragione della campagna pro integrazione promossa sotto la direzione dell’Ambasciata.

Più sopra accennavo ad un altro fatto che mi ha un pò deluso assistendo alla riunione del 17 dicembre: la mancata convocazione dei genitori a cui spetta il compito di chiedere l’integrazione dell’italiano, tramite lettera, alle direzioni scolastiche frequentate dai figli. Prima di continuare vorrei chiedere il «dammi cinque» al giovane insegnante di cui sopra, nei cui panni mi trovo adesso anch’io dopo un mezzo secolo di emigrazione. Dopo di che mi chiedo come mai ci si è preoccupati di convocare gli insegnanti sì e i genitori no? Non si sarà forse partiti col piede sbagliato? A rischio di far pur’io la figura del sempliciotto del villaggio vorrei ricordare che a Garibaldi bastarono mille volontari per fare l’Italia e metterla, prima ancora di unificarla completamente, nelle mani del suo re a Teano senza reclamare né poltrone né interessi personali. Qui da noi basterebbero pure la metà di quei mille per portare i genitori a conoscenza dei loro diritti, sensibilizzarli in tal senso, raccogliere le loro lettere e portarle alle relative direzioni o commissioni scolastiche. Qual’ora non si avessero le dovute soddisfazioni…ci si potrebbe servire dell’esempio, o ricorrere alla stessa determinazione, di quel gruppo di insegnanti di una diecina di anni fa. Per affermare simili valori ancestrali, piuttosto che dalla ragione, lasciamoci guidare dal cuore, e quei sogni stagliati all’orizzonte non tarderanno a divenire realtà!

Detto questo, nella mia ingenua visione dei fatti, per integrare l’italiano nelle scuole troverei più adatto allo scopo una semplice campagna basata su di un volontariato incondizionato; ragion per cui perché non lasciarsi trasportare dal cuore e andare lì dove lui ci porta? Naturalmente, e a scanzo di equivoci, se proprio proprio si impone la necessità di un nuovo ente ad hoc, da Teano me ne salgo su a Bezzecca ed «obbedisco!»…da buon Giuseppe storico, se non proprio da uomo -giusto o sognatore- biblico. 

vendredi 19 décembre 2014


Maria Ausiliatrice:  30 CANDELINE!

Sono 30 le candeline su cui soffiano questo 22 dicembre i fedeli di Rivière des Prairies. Sembra ieri, eppure sono già trascorsi ben trent’anni da quel 1982 allorché padre Romano Venturelli vedeva benedire la chiesa della sua Missione Maria Ausiliatrice, da lui fortemente voluta in quell’allora neonascente quartiere comunitario a nord est di Montreal. Ormai gli alberelli piantati a suo tempo lì vicino sono cresciuti ed hanno superato in altezza lo stesso edificio. Anche i figli di quei primi abitanti della zona sono cresciuti e fatti grandi: sembra ieri, ma è già passato il tempo di una generazione da quando il richiamo della Maria Ausiliatrice ha cominciato a confortare il cammino della nostra gente in terra emigrante accompagnando con fede le sue speranze. Con particolare orgoglio mi permetto di dire che c’ero anch’io all’epoca e continuo ancora oggi a vivere la sua vita e quella mia stessa all’ombra della sua protezione. Nata parrocchia con padre Romano, è divenuta via via casa con padre Giuseppe Costamagna, famiglia con padre Luc De Montagne;  e adesso va sempre più divenendo  una comunità cristianamente attiva col nuovo parroco padre Jean Pierre Couturier che, pur non essendo di origine italiana, si è  alacremente immerso anima e corpo nella nostra italianità.

Ad inizio anni 70 un mio caro amico, purtroppo prematuramente scomparso, aveva comprato una delle prime case costruite nella zona. Andandolo a trovare gli dissi scherzosamente: «Ennio, ma proprio nel bosco dovevi venire a comprar casa?»; e lui mi rispose: «Ah Peppi, tu non immagini che grande centro cittadino diventerà questo quartiere fra qualche annetto!»; e così disse e così è stato. Le prime famiglie rivierane di allora vennero prese sotto la cura spirituale di due salesiani di don Bosco: padre Giovanni Faita e padre Romano Venturelli. Il 18 novembre del 1973 il mitico Mons. Andrea Maria Cimichella, benedicendo il «Centro Italiano di Riviere des Prairies» da quei missionari fondato, ebbe a dire che quel piccolo seme avrebbe dato grandi frutti in un futuro non lontano; e così disse e così è stato. Il previggente intuito del mio amico Ennio e le profetiche parole di Mons. Cimichella oggi non sono altro che una eloquente realtà di fatti compiuti. Ritornando a quei giorni, in mancanza di una chiesa la Santa Messa veniva celebrata nella casa dei coniugi Renzo e Alda Viero. Con decreto del 19 marzo 1982 l’Arcivescovo di Montreal Mons. Paul Gregoire sanciva la fondazione della parrocchia Maria Ausiliatrice; ed intanto il 16 ottobre dello stesso anno veniva data la prima palata di terra per la costruzione anche di una chiesa parocchiale. La costruzione della nuova casa del Signore venne affidata alla compagnia edile Chemteck Construction il cui presidente, Michele Sangregorio ne eseguiva i lavori. Venne fondato pure un comitato finanziario, sotto la presidenza del sign. Gerolamo Argento, incaricato di una raccolta fondi per il finanziamento dell’impresa che veniva completata e solennemente benedetta nel 1984…esattamente  il 22 dicembre di 30 anni fa!

La linea semplice della struttura architettonica, di corrente postmoderno, è serenamente arricchita dai mosaici delle vetrate che rompono il silenzio della navata, riempiono lo sguardo di colori ed invitano alla preghiera e alla meditazione. Le sei centrali parlano dell’Incarnazione e della Redenzione; quelle laterali rappresentano Maria di Nazaret, Maria Immacolata, Maria Assunta e Maria Ausiliatrice; ci sono altre minori sulle fiancate laterali e sulla stessa facciata: queste e quelle sono tutte opere di Matteo Martirano…che moriva mentre stava ultimando quella della cupola al di sopra dell’altare; sul portone di entrata, infine, si può ammirare un altro mosaico, eseguito da Luigi Scapino, rappresentante il «sogno di don Bosco»: la nave della Chiesa ancorata tra le colonne della salvezza simboleggianti l’Ostia consacrata e Maria Ausiliatrice. Fiore all’occhielo di ogni chiesa è il campanile; quello della nostra, nella sua originale e snella forma geometrica, raduna la gente in preghiera col richiamo di quattro campane così dedicate: a Cristo, a Maria Madre della Chiesa, a don Bosco e a san Domenico Savio. Esse sono il paterno regalo di Giovanni Venturelli fatto al suo grande figlio padre Romano! Era ancora parroco padre Giuseppe Costamagna allorché la sezione dell’altare e del presbiterio prese l’aspetto solare che ancora oggi attira il nostro sguardo; la pavimentazione fu rinnovata in legno; mentre un gioco di luci, provenienti da pannelli laterali, vanno a rifrangersi su di un giallo sole che fa da sfondo al tabernacolo e, con i suoi raggi  luminosi, condivide la gioia del Risorto. Per la circostanza venne fatto un altro significativo regalo alla Maria Ausiliatrice: è quell’organo che ormai da anni accompagna  i canti della corale con le sue melodiche note; il singolare regalo venne offerto dal noto indistriale campopietrese Giuseppe Paventi, il fondatore della sempre più attiva JPMA Global.

Come già detto più sopra, una delle vetrate laterali raffigura Maria come ausiliatrice dei suoi figli in cammino emigrante; e vi pare che non venisse pure in soccorso di quella coppia emigrante che aveva progettato la sua nuova casa nel nascente quartiere rivierano? In quel lontano 1983 gli architetti Giovanni Palumbo e consorte Anna Saroli, per presentare in tempo i disegni della nascente chiesa, avevano rinunciato ad un volo per andare in vacanza; l’aereo su cui si sarebbero duvuti imbarcare fu abbattuto per ragioni  ancora sconosiute; dei presenti a bordo non si salvò nessuno…un miracolo, quindi,  che ben rispecchia il nome di battesimo della nostra chiesa in Riviere des Prairies, a cui esprimo i più cari auguri di Buon Compleanno!  

jeudi 4 décembre 2014


SOTTO A CHI TOCCA

Chi seguiva i miei articoli in “xxi-secolo”  ricorderà di certo il motto latino “res non verba” di cui parlavo in occasione del 125mo della cittadina di San Leonardo. Queste vecchie sagge parole, infatti, rappresentano quasi la parola d’ordine di detta municipalità tutta italiana…stampate così come sono su quello stemma comunale. Fatti dunque e non parole, perché quelli restano e queste se ne vanno via col vento; fatti e  non parole anche nei nostri impegni sociali affinché le nostre parole non  siano voci nel deserto. Voci nel deserto potrebbero diventare quei tanti incontri che si organizzano per sensibilizzare la gente su determinate iniziative allorché poi, senza fatti concreti…passata la festa gabbato lo santo; voci nel deserto, per esempio, potrebbero risultare i due primi incontri sulla campagna a favore dell’integrazione dell’italiano nelle scuole pubbliche, se non li concretizziamo con l’azione; sarebbe un vero peccato se lo spirito con cui sono stati organizzati  fosse quello di una semplice lavata di faccia o una rituale routine a sfondo accademico.

Se mi permetto di ritornare sull’argomento è per chiedermi e per chiedervi da chi e come l’appena iniziata campagna in proposito debba essere continuata affinché sì nobile sogno non resti nel cassetto. Innanzi tutto, e naturalmente, dovremmo continuare a pedalare noialtri che la bicicletta l’abbiamo voluta. Ed allora, noi che il 24 ottobre e il 16 novembre siamo andati a tributare o a ricevere applausi, prima al Centro da Vinci e a quello Santa Famiglia poi, cerchiamo di coinvolgerci pure in  fatti pratici per non essere di quelli che predicano bene e razzolano male. Quanti sono gli Enti e quante sono le Istituzioni volute e sovvenzionate dal governo italiano per venire incontro alle necessità e ai diritti degli italiani all’estero? Fra tutti questi penso che dovrebbe pur esserci qualcuno  o qualcuna che, avvalendosi delle proprie responsabilità, potrebbe prendere a cuore il futuro linguistico dei nostri figli e supportare la causa in questione. Tanti e tante sono pure i sodalizi e le associazioni di stampo paesano che si vantano di mantenere vivo il nostro folclore, attive  le nostre tradizioni, nonché di dare un orientamento all’italianità dei figli. Il testimone di quali valori cerchiamo di mettere nelle loro mani, se ci tiriamo indietro  proprio ora che abbiamo l’opportunità di abituarli a parlare la nostra stessa lingua? Di conseguenza: almeno quelli che si fregiano dell’appellativo di «culturale» potrebbero dare l’esempio facendo il primo passo! Spesso e volentieri si scende prontamente in piazza per raccogliere firme e sottoscrizioni in favore di questa o quell’altra causa comunitaria o sociale che sia. Il futuro della nostra lingua, mi chiedo, non meriterebbe di essere presa in considerazione con lo stesso fervente entusiasmo? La campagna in questione, a mio avviso, è uno di quei valori che non dovrebbero avere né prezzo né frontiere. Ciò premesso sono particolarmente fiero di poterla sostenere in modo chiaro e trasparente, da milite non assoldato: come insegnante ho appeso la penna al chiodo, chi continua a scendere in campo è il Maestro Cuore…l’educatore di italianità!  Tutto sommato, inoltre, detta campagna dovrebbe essere super partes: al di là della riva bianca, al di là della riva nera; né dovrebbe esserci il signor capitano a dire «tu soldato non sei dei miei». Qualora dovessero esserci vessilli a sventolare…io sono per la  nostra stupenda lingua italiana! E beh sì, ecco qui oltre che alla prova del nove, addirittura un banco per provare di essere quegli onesti cittadini a servire la comunità e non a servirsi di essa.

Non so quando e non so come, ma sono pronto a mettermi in gioco a 360 gradi in questa semina che potrebbe dare, un indomani, buoni frutti alla nostra parlata dantesca. Mi dispiacerebbe comunque dover essere la solita unica rondine che lascia il tempo che trova. Se c’è qualche altro ben intenzionato a volere accompagnare il mio cammino, mi dia una voce ed insieme ci sarà più facile vedere da dove e come muovere i primi passi per poi continuare più speditamente la strada. Se su questo trampolino di lancio salissero pure gli enti, i sodalizi e le istituzioni comunitarie, allora sì che si avrebbe un intero stuolo di rondini…a far primavera.

mercredi 19 novembre 2014


CAMPAGNA PRO ITALIANO NELLE SCUOLE

Domenica 16 novembre 2014, ore 15 presso il Centro Santa Famiglia: queste le coordinate del secondo incontro pro integrazione dell’italiano nelle scuole;  è la seconda tappa di una campagna di sensibilizzazione voluta e promossa dalla direttrice didattica Maria  Cristina  Mignatti. Dando il benvenuto ai presenti la Mignatti ha chiarito di aver preso questa iniziativa per far divenire realtà la possibilità  di fare integrare la lingua italiana come materia di insegnamento nelle scuole pubbliche. Dopo di lei il console Lonardo ha sottolineato che suddetta campagna è utile alla nostra stessa identità che è ben più sentita  qui all’estero che  in Italia. In seguito sono stati proiettati alcuni filmati sulla lingua italiana nel mondo: sua salute, suo  studio e utilizzo e sua importanza;  alquanto significativo  quello in cui Benigni esalta, appunto, l’importanza della nostra lingua e la grandezza di tanti italiani, specialmente del sud, che sono il simbolo  di un rinascimento italiano nel mondo.

       Sono quattro le scuole dove l’italiano è già stato integrato: De Coubertin, Dante, General Vanier e East Hill, le ultime due delle quali…hanno dato anche spettacolo nel corso della serata. Carmela Bonifacio, della General Vanier, ha fatto notare che l’italiano  è una lingua di cultura, di studio e di lavoro; tre suoi alunni: Lucia D’Ambrosio, Leila Pozzi e Melissa Petriello si sono esibite nella recita di una favola di Esopo intitolata «L’asino e l’uomo». Per Giovanna Giordano, della East Hill, bisogna insegnare l’italiano anche per dare un senso all’italianità dei nostri studenti; alcuni dei  suoi: Fabrizio Stoppino, Gianpaolo e Massimo Di Dio e Dora Marrone hanno preso la parola per spiegare il motivo per cui studiano l’italiano; Dalia Petruccelli ha cantato accompagnata dalla chitarra di Alessia  Petruccelli. Per qualche minuto è stato concesso il microfono pure a me ed ecco cosa ho detto. “Quello che oggi è storia, ieri fu giornalismo; la quotidianità contemporanea sarà, in appresso, quel dato di fatto che stiamo costruendo noi adesso…anche nel contesto di questo frangente linguistico culturale che ci riguarda.

Le scuole di italiano del sabato mattina sono il frutto di una conquista fatta ieri, allorché nacquero pian pianino, anno dopo anno. Intanto l’ente che le ha gestite fin’ora sta chiudendo i battenti; però è oggi come oggi che possiamo far sì che a questa porta che si chiude, si apra il portone delle scuole pubbliche: la motivazione per cui siamo qui oggi!

Qualche settimana fa si è spento una personalità che mi è piaciuto definire «un modello di emigrazione e un maestro di italianità»; ci è venuto a mancare Ermanno La Riccia, colui che combatté una strenua lotta con la Commissione Scolastica di Montreal per l’ottenimento delle aule necessarie all’insegnamento del sabato mattina. Non vi sembra giunta l’ora di saperne raccogliere il testimone e prenderlo come esempio in questo analogo problema linguistico che si pone al nostro orizzonte?

È nel tempo presente che si gettano le basi per un buon futuro. Diamoci da fare; rimbocchiamoci le maniche e facciamo in modo da non dover chiedere al domani quello che non gli abbiamo saputo preparare oggi: è questo il momento di chiedere l’integrazione dell’italiano nelle scuole pubbliche, onde assicurare un futuro alla nostra bella lingua italiana. Tocca a noi saper mettere il nostro retaggio nelle mani dei nostri figli…oggi perché è il presente il trampolino di lancio per il futuro! Domani porebbe essere troppo tardi!”. Ben pertinente al caso l’intervento, durante il  periodo delle domande, del prof. Carlo D’Avirro che anni fa ritardò di ben quattro anni la sua «entrata in pensione» per permettere l’integrazione nelle prime scuole.

       Siamo stati in tanti domenica 16 novembre al Centro Santa Famiglia, ma potevamo esserci molti di più. Dal momento che quest’anno non insegno, mi sarebbe piaciuto poter stringere la mano a tanti colleghi che non vedo da tempo…sarà per un’altra volta! È mancato all’appello pure quell’associazionismo che durante tutti questi anni di emigrazione si vanta di aver contribuito a cambiare l’aspetto politico, economico e sociale del vasto Canada. Non lamentiamoci, poi, se i nostri sodalizi fanno registrare una carenza di partecipazione giovanile; anche adesso, per esempio, stiamo perdendo il treno che ci porterebbe a motivarli seriamente «a parlare la nostra stessa lingua». Vogliamo applicare una pagina di filosofia a questo momento poco sereno della vita del nostro italiano a Montreal? Secondo voi, chi è più grande Platone oppure Aristotele? Ah sì, sono tutti e due dei colossi del pensiero umano?! Ed allora, affinché  questa campagna promossa dalla dott.sa Mignatti  non resti un evento accademico, o platonico se più vi aggrada, cerchiamo di tradurlo peripateticamente in pratica, magari anche attraverso  qualche passeggiatina…porta a porta: qualora fosse necessario, io ci sono! Battiamo il ferro quando è caldo: adesso, prima che finisca il mandato della direttrice didattica accreditata presso il  consolato generale d’Italia a Montreal., che ringrazio  a nome di tutta l’italianità locale per la previggente idea che ha avuto di lanciare questa campagna a tutto vantaggio del  «dolce sì che suona». 

mardi 4 novembre 2014


SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA

La nostra cara lingua italiana: da dove viene e dove va? Noi, gente del secondo decennio del terzo millennio, siamo ormai ben lontani dal suo giorno natale ed altrettanto lontani da quello…che nessuno vedrà mai perché una lingua né nasce, né muore; semplicemente si trasforma sempre senza mai estinguersi; infatti, cammina col tempo! Semplicistico e scontato dire che deriva dal latino, ma questo da dove deriva a sua volta? Dai rivoli, scaturiti da non so dove, scesi giù dai sette colli, nella Roma antica si formò un laghetto linguistico da cui si diramarono tanti fiumi che ancora oggi vanno a sfociare nei mari del mondo  a forma di delta: creando, cioè, tante altre parlate a loro volta. Il motivo di questo mio prologo è dovuto al fatto che l’argomento «La lingua italiana nel tempo: da dove viene, dove va?» fu il tema trattato nella prima edizione di quella che, ormai da quattordici anni, celebriamo come «La setimana della lingua italiana nel mondo».

Ricorreva, infatti, l’anno 2001 allorché Francesco Sabatini, l’allora direttore dell’Accademia della Crusca,  prendeva l’iniziativa di istituire «l’anno europeo della lingua».  Per quanto riguarda quella nostra nello specifico, essa è curata, oltre che dall’Accademia della Crusca, dal Ministero degli Affari Esteri della Farnesina  ed è patrocinato del presidente della Repubblica Italiana. Da noi all’estero, intanto, è promossa e tenuta in auge dai  consolati, dagli istituti  di cultura, dai Comites, da altri enti locali e, naturalmente dalla Dante Alighieri di carducciana memoria. Lo scopo di questa manifestazione annuale è quello di promuovere e dare un impulso alla lingua italiana in tutte le sue sfaccettature; onde assicurarne un avvenire, poi, è stato inserito proprio ad hoc lo «scrivi con me»: un concorso di scrittura per gli studenti di italiani all’estero che rappresenta quasi il momento clou Della manifestazione. Scendendo in altri paricolari, l’evento si propone di promuovere l’italiano come lingua di cultura classica e contemporanea;  come già detto viene orgonizata dalla Farnesina che l’ha messa in agenda nella terza settimana di ottobre ed è imperniata intorno ad un tema conduttore che, pur variando di anno in anno, è sempre strutturato in base a conferenze, mostre, spettacoli, incontri tra scrittori, e quant’altro cade a proposito onde valorizzare ed allargare il centro di azione del nostro idioma…dantesco; altro punto di base è quello di mettere in risalto il nostro patrimonio culturale, e di incentivare la creatività e la forza della nostra lingua…che, oggi come oggi, è la quarta più studiata al mondo. Oltre al tema del 2001 che, come detto sopra, riguardava l’origine e gli orizzonti  dell’italiano, eccovi pure quelli di tutte la altre edizioni; 2002: L’italiano e le arti della parola; 2003: Temi vari da nazione a nazione e da continente a continente; 2004: L’italiano come lingua di poesia; 2005: La lingua italiana tra narrativa e cinema; 2006: Il cibo e le feste nella lingua e cultura italiana; 2007: La lingua italiana e il mare; 2008: L’Italia in piazza; 2009: L’italiano tra arte, scienza e tecnologia; 2010: Una lingua per amica: l’italiano nostro e degli altri; 2011: Buon compleanno Italia; 2012: L’Italia dei territori e l’Italia  del futuro; 2013: Ricerca, scoperta, innovazione: l’Italia dei sapori; ed infine 2014: Scrivere la nuova Europa! 

E qui a Montreal, come è stata commemorata la nostra lingua nella terza settimana di ottobre? Mi soffermo a parlarvi di quella più significativa tenutasi venerdì 24 ottobre al Centro Comunitario Leonardo da Vinci. Sotto il patrocinio del console generale d’Italia a Montreal, la direttrice didattica Maria Cristina Mignatti  ha organizzato una serata per sensibilizzare i genitori dei nostri studenti a chiedere l’insegnamento dell’italiano nelle scuole pubbliche: finora l’italiano è integrato come materia d’insegnamento in solo quattro scuole…si vorrebbe che ciò avvenisse in tutte le scuole; ma sono i genitori a dover chiedere ai direttori dei relativi istituti detto insegnamento al più presto possibile! Ritornando all’incontro del 24 ottobre, eccone i punti salienti. Parola introduttiva del console; messa a punto dell’integrazione fatta dalla direttrice; testimonianze delle insegnanti Carmela Bonifacio e Giovanna Giordano; esibizione artistica di alcuni studenti; filmati adatti al tema trattato ed esecuzioni musicali; presentazione della lettera da inoltrare alle direzioni scolastiche per chiedere l'integrazione dell'italiano. Anche qui a Montreal, dunque, questo spirito di sensibilizzazione sta divenendo un vero e proprio cavallo di battaglia; sarebbe veramente una manna dal cielo se, adesso che il Picai sta chiudendo i battenti, la lingua italiana venisse integrata in tutte le scuole di Montréal: si verrebbe a confermare il proverbio che se si chiude una porta si apre un portone. Ricordate Ermanno La Riccia e la strenua lotta da lui combattuta per l’ottenimento delle aule per i corsi del sabato mattina? Ci ha lasciati da poco, ebbene onoriamone la memoria «ricombattendo» per una stessa giusta causa. Se mettere il dito nella piaga può servire a rimarginare la ferita, perché non metterci dentro addirittura tutta la mano? Ci siamo appena recati alle urne per la rielezione dei commissari scolastici; ho seguito con attenzione la propaganda fattasi dai candidati, molti dei quali italiani doc; ma lo saranno  anche puro sangue, visto che nelle promese di nessuno ho riscontrato un accenno alla suddetta integrazione che ci sta tanto a cuore? Primo: chiedo scusa se non è materia di loro competenza; secondo: mi rammarico per chi avrebbe dovuto sensibilizzare pure loro in tal senso e non l’ha fatto. Tutti noialtri insegnanti del Picai stiamo dando l’addio al nostro Ente scolastico; magari, da più parti si sta puntando il dito contro i presunti responsabili della disfatta, senza chiederci affatto se ne abbiamo un pò colpa anche noi; invece di piangere il morto perché non ci organizziamo sin d’ora, in vista del prossimo anno scolastico, a schierarci uniti e compatti in favore della tanto decantata integrazione?  

Affinché questo mio scritto non risulti una cattedrale nel deserto, ho promesso a chi di dovere di dare spesso una voce alle nostre coscienze…all’italiana, affiché non cada nel nulla l'iniziativa già presa della lettera di cui sopra e che la sognata integrazione divenga cosa fatta e sogno realizzato. E, poiché ogni promessa è debito, vi assicuro che i debiti li ho sempre pagati!

p.s. Non mi riservo nessun diritto di autore a questo scritto; anzi, ne chiedo un vostro «mi piace» con relativa condivisione!