jeudi 29 février 2024

 

Luci in fondo al tunnel: un volto nuovo  marzo 2021

         Assieme a quello della prima comunione, il primo giorno di scuola è un atto solenne per ogni bimbo che si rispetti: segna il suo primo passo in società! Da piccolo ometto fa le prime amicizie, si confronta con i coetanei, fraternizza con essi e, a volte, torna a casa con qualche occhio livido perché, magari, ha cercato di «correggere» qualche punto di vista diverso dal suo: già sogna, per caso, di divenire un uomo politico? A tu per tu con i compagni diventa a poco a poco cittadino del mondo: in perfetta sintonia di contatti umani e nella bellezza di quella comunicativa armonia con cui si sono andate formando le varie società…almeno fino a qualche anno fa.

         Il coronavirus, purtroppo, è venuto a scombussolare pure questo sereno cammino che ha permesso all’umanità di educarsi nel tempo: la pandemia ad esso dovuta è divenuta, tra l’altro, la mamma della didattica a distanza. Un nuovo insegnamento questo che ha portato di certo un qualche sbandamento nell’equilibrio mentale dei nostri adolescenti e dei nostri giovani. Niente più contatti fisici, niente più sguardi complici, niente più combriccole amichevoli, niente più socializzazioni per stare insieme ed acquisire nuove esperienze di vita, niente più lezioni in classe per nutrire la mente ed educare il loro animo di futuri cittadini; addio innocenti flirt d’amore, addio romantica pansè affidata alle pagine di un vecchio libro di latino. Il covid 19 è venuto a sgretolare i gruppi scolastici e a distanziare i giovani sempre più assetati di compagnia e di costruttiva collaborazione; è giunto a dare una svolta alla crescita della stessa società e a prospettare una nuova visuale all’assestamento stesso dell’indomani dell’uomo. L’interagire scolastico si vede relegato nello schermo di uno strumento telematico, l’apprendimento collettivo si è ridotto ad arricchirsi di nozioni in solitaria calma e silenziosa tranquillità. Lo studente ormai è costretto a rinunziare al pratico e al tangibile; d’ora in poi deve rifugiarsi nell’intimità del virtuale: usanza, questa, alquanto inusuale…almeno fino a qualche anno fa!

         La scuola prepara alla vita, anzi è sempre stata maestra di vita e continuerà ad esserlo anche in appresso. Ciò premesso, e soprattutto visto i tempi che corrono, mi faccio una domanda: «Una volta che sconfiggeremo il nemico -e lo faremo senz’altro- e i nostri visi si sbarazzeranno una volta per tutte di questa soffocante mascherina, quale sarà il volto della nuova società allorché si rimirerà nello specchio delle nuove abitudini, anche in conseguenza di questo imprevisto e nuovo metodo di insegnamento e alla luce di questa rinnovata modalità di preparazione alla vita»?  

Luci in fondo al tunnel: la speranza   marzo 2021

         Dal vagito al rantolo è la speranza a fare da colonna sonora alla nostra esistenza. Lieto di vederci nascere ognuno spera per noi una miriade di cose belle; al momento in cui due giovani sposi salgono l’altare ognuno augura loro una famiglia serena e ricca di prole; quando si ode nell’aria un triste rintocco di campana ognuno prega Iddio di accogliere il trapassato nei regni della pace eterna. E mille e mille altre sono le rosee speranze che accompagnano i passi del nostro cammino terreno e ci incoraggiano ad andare avanti anche a costo di inciampi ed ostacoli da superare. Cosa dire mai della speranza in questo sconfortante periodo di covidianità? È da quando è apparso il virus che essa è divenuta la nota di sottofondo di ogni nostro pensiero e il ritornello di rito in attesa dell’accorato «ritornerà il sereno». Segregati in quarantena, isolati in zone rosse, chiusi in casa per il coprifuoco è stata solo la speranza a consolare la mancanza di abbracci e a riempire il vuoto di esseri cari; e, purtroppo, è ancora essa a dare ossigeno ai nostri respiri soffocati dalle mascherine e a farci intravedere ancora sogni da cullare e desideri da realizzare in attesa del Te Deum da intonare allorché raggiungeremo la fatidica luce in fondo al tunnel.

         Sembra che dal vaso di Pandora sia saltato fuori un estremo malanno ad affliggere il genere umano; fortunatamente la speranza, ultima dea, era lì anch’essa a dare un senso al nostro futuro. Intanto, noi uomini, come lo abbiamo gestito questo sentimento che ci sprona ad affrontare l’avvenire? La speranza, purtroppo, è pur sempre un termine astratto e a mio avviso è il rovescio della medaglia del destino perché siamo noi gli unici artefici del nostro domani. La speranza, al pari del destino, non cammina al posto nostro; essa si limita ad affiancare i nostri passi lungo i sentieri della vita. Nel caso specifico dell’attuale pandemia ci sono stati suggeriti dei punti da rispettare onde evitare il peggio: uso della mascherina, igiene personale, isolamento, coprifuoco ed altro ancora. Laddove queste regole sono state rispettate abbiamo dato anche noi un colpo di mano alla speranza per farci intravedere un sereno futuro all’orizzonte; laddove, invece, queste prescrizioni sono state prese sotto gamba siamo stati ugualmente noi ad ostacolare il compito della speranza, liberata dal vaso per prospettarci tempi migliori…ma sempre grazie alla nostra collaborazione! Anche nel caso di una normale malattia, se il medico curante ci prescrive delle cure e noi  non le rispettiamo, possiamo mai nutrire la «speranza» di guarire? Ugualmente in questo tempo di pandemia, se vogliamo realmente far tornare il sereno sul nostro capo affidiamoci e rispettiamo i suggerimenti di chi si prodiga per la salute del genere umano. In questo tempo di meditativa covidianità mi è passato spesso per la testa il pensiero che quando Dio creò il mondo non gli diede una data di scadenza; gli prescrisse soltanto dei ricostituenti geologici per potersi rigenerare. E questo covid 19 è appunto una ulteriore «divina ricetta» medica che permetterà all’uomo di continuare il suo cammino sulla terra!


vendredi 16 février 2024

 

Luci in fondo al tunnel: fede e scienza  gennaio 2021

         Indietro nel tempo nei momenti di calamità corporali o di avversità naturali ci si rivolgeva a Dio per scongiurare le avversità che giungevano ad affliggere l’intera umanità. La medicina veniva sì in soccorso delle genti, ma le sue vedute di allora poco potevano di fronte ai malanni che seminavano morte e spavento nel mondo di quei tempi. Anche lontano dalla Madre Patria, noialtri emigranti, abbiamo trapiantato la caratra dizione delle feste patronali…santa costumanza a cui, causa coronavirus, abbiamo dovuto dare un attimo di tregua. Anticamente erano appunto i santi patroni che debellavano miracolosamente i flagelli ch esconvolgevano contrade, paesi e città.

         Detti momenti di sconcerto sembravano quasi essere “passati alla storia”…soprattutto alla luce della moderna medicina che, grazie alla scienza e alla ricerca, sembra aver soppiantato la fede e la preghiera! Ed invece un invisibile “alito soffocante” è venuto a rimettere in discussione la stessa vita del genere umano. Con solerzia i virologi sono prontamente passati all’attacco ed hanno già trovato vaccini adatti a respingere il nemico. Ma basterà la scienza da sola a proteggere la vita sulla terra o s’incombe il dovere di rivolgere ancora gli occhi al cielo per proiettare nello spazio l’arcobaleno del “tutto andrà bene”?

         Il sospirato 2021 ha fatto il suo ingresso in mezzo a noi. Il vaccino pure è giunto più che puntuale a confortare le speranze dell’uomo. Anch’esso però, il virus ha preso una variante più rapida e nociva. Affidiamoci alle encomiabili doti dei camici bianchi e alle capacità dei ricercatori; ma, per avvicinarci più velocemente alla luce in fondo al tunnel, non sarebbe consigliabile rimettersi pure nelle mani di Dio, secondo i dettami dei nostri antenati? Infatti, quanti di noi non hann pensato, appena comparso il covid 19, che era forse un castigo del cielo?

         Che sconforto intanto, in questo periodo di pandemia che non accenna a finire, quei tanti trapassi senza l’abbraccio di una prece amica!     

 

Luci in fondo al tunnel: il PICAI in rete   febbraio  2021

Adesso che ci penso un tentativo di insegnamento a distanza l’ho fatto anch’io in seno al PICAI. In un determinato anno fu bandito un concorso che aveva come premio il “patentino” di istitutore per accompagnare dei bimbi di scuole elementari per una vacanza di due settimane a Pestum in provincia di Salerno in Campania. Ci fu pure assegnato un programma da svolgere che, però, poteva essere effettuato in classe solo se tutti gli studenti fossero stati d’accordo; solo pochi alunni si dichiararono interessati e, quindi, dovetti ammainare le vele per la traversata verso “o paese d’o sole”. Notanto, però, un accorato rammarico in quelli che erano favorevoli al progetto, chiesi l’attenzione della scolaresca e feci una proposta: “Sentite ragazzi, visto che non ci sono le condizioni per prepararci in classe posso mettermi a disposizione di chi ne ha voglia via telefono e via e-mail”. E fu così che prese piede quella singolare avventura didattica che, complice il covid, oggigiorno sta divenendo, grazie ai mezzi di informazione odierni, di normale routine in quasi tutte le scuole del globo. Intanto fu sì una bella esperienza, ma quando il sabato mattina contattavo i miei alunni de visu era tutto molto più socievole e reale perché, detto tra noi, l’habitat naturale dell’educazione e dell’istruzione resterà sempre e soltanto la scuola. Anzi mi chiedo quale ripercussione avrà questo nuovo sistema educativo nell’impatto di quella futura società che da oggi in poi appunto la scuola andrà preparando.

Detto questo, o meglio ho detto questo perché anche il PICAI, in questi momenti di covidianità, ha avuto i suoi piccoli o grandi problemi che siano. Il covid ha obbligato anche il nostro Ente linguistico ad adeguarsi ai tempi che corrono interrompendo i corsi e adattandosi  alle norme di igiene sanitaria e di distanziamento sociale. Personalmente è già da anni che non insegno più il sabato mattina, ma mi sento sempre un membro dell’Istituzione ed il mio pensiero non può non seguirne il cammino…anche perché passo spesso dinanzi alla Leonardo da Vinci dove sono stato di casa per oltre un quarto di secolo. Ed allora mi fa piacere farvi partecipi del fatto che, dopo l’oscura pausa dovuta al virus, dal prossimo 30 gennaio le lezioni riprenderanno, anche se con un nuovo palinsesto dovuto al rispetto delle nuove norme educative e dei nuovi sistemi di insegnamento “telematico”; oltre al sabato verranno impartite delle lezioni pure la domenica mattina per venire incontro alle esigenze dei vari studenti. Quindi anche il PICAI si è dovuto inchinare all’insegnamento a distanza tramite le varie piattaforme on rete come per esempio via zoom nel nostro caso specifico. Il presidente Piero Iannuzzi ha accennato pure ad un insegnamento ibrido (in classe e on line) per quanto riguarda il futuro dell’insegnamento della lingua e cultura italiana del sabato mattina. Ne approfitto per sottolineare che lo scorso 29 gennaio, grazie appunto all’applicazione zoom, ha potuto aver luogo la riunione generale dei soci del PICAI; zoom, lo strumento in rete che ha onorato col dono dell’ubiquità pure questi epici missionari della nostra lingua!   E sono contento di questo sprazzo di luce e di quest’aria di positività che è giunta a circondarlo perché è già la seconda volta, in questo terzo millennio, che l’Ente è soggetto a qualche scossone di vitale importanza.

Fortunatamente, mitico tempio della lingua italiana a Montreal, anche stavolta, quasi Fenice, è come rinato dalle ceneri di questa fatale pandemia. Fortunatamente anche stavolta il “carrozzone” si è rimesso in carreggiata per dirigersi con buone speranze incontro alla luce in fondo al tunnel.


dimanche 4 février 2024

 
Luci in fondo al tunnel: coprifuoco  gennaio  2021

         Ricordate il “resto a casa” dell’inizio covidianità? Fu un vero e proprio choc quel doversi adattare agli “arresti domiciliari” che, pertanto, ci fecero tornare alle semplice ed utili cose del normale quotidiano che avevamo quasi dimenticato.

         Ricordate quelle note di violino da un tetto di ospedale, quei canti intonati dai balconi di casa, quei volanti baci inviati sulla punta delle mani giù dalla strada? Tutte cose inabituali che, oltre a diventare normali, ci hanno permesso di tornare alla semplicità della vita e di tener testa all’invisibile nemico giunto a rattristare le nostre giornate!

         Ma ci fu pure chi sfortunatamente quelle utili norme sanitarie, prendendole sotto gamba, andava aggravando la situazione fino  a quasi costringere chi di dovere all’ingiunzione dell’attuale coprifuoco.

         In questo silenzio serale e notturno  cerchiamo di meditare e riflettere al buon da farsi: cerchiamo di valutare questa nuova drastica misura sociale dal lato “prezioso” che potrebbe avere: al pari del “resto a casa”, se rispettato, potrebbe dare i suoi buoni frutti facendoci avvicinare alla luce in fondo al tunnel. 

 

Luci in fondo al tunnel: il vaccino gennaio2021

Molteplici ed entusiastici gli applausi profusi, ad inizio covidianità, ad infermieri e medici che ancora adesso mettono a rischio la loro stessa vita per salvare quella degli altri.

Li ricordate i buon samaritani, i camici bianchi a respigere in prima linea gli attacchi del covid 19? Nel silenzio dei laboratori di ricerca, intanto, scienziati e virologi promettevano alla sofferenza umana il riscatto di un valido vaccino! E questa loro promessa è apparsa all’orizzonte con ampio anticipo  di tempo, nonché con utile vantaggio di quantità e qualità.

La scienza quindi si prodiga per la salute delgenere umano. Come mai  si verifica, allora, una mancanza di entusiasmo, se non proprio scetticismo,  nei confronti di questo tanto scongiurato farmaco? Sembra quasi che i rispettosi elogi di inizio pandemia vengano messi sotto i piedi da eventuali franco tiratori.

Almeno noi, gente comune, sosteniamola la somministrazione di questa “fatidica puntura” che di certo ci permetterà di avvicinarci alla luce in fondo al tunnel.

 

 

 

dimanche 31 décembre 2023

 
Benvenuto 20ventuno  gennaio2021

         Sì, un entusiastico pensiero di benvenuto a te, anno 20ventuno ancora tutto da trascorrere.

L’ultima manifestazione con assembramento consentito è stato il Festival di San Remo nello scorso febbraio…dopo di che terrore nel cuore ed ombre sul capo dell’intera umanità! La kermesse sanremese è sempre stata simbolo, musicalmente parlando, di vita nuova: la musica leggera del nostro Stivale si rigenera attraverso parole e motivi inediti ed originali. Coronavirus ancora insidiosamente nascosto in mezzo a noi, è ancora San Remo all’orizzonte delle nostre speranze. Il suo direttore artistico ha già anticipato una rappresentazione ad alta partecipazione di pubblico, nel doveroso rispetto sempre delle necessarie norme sanitarie: un significativo passo avanti, comunque, sul fronte di questa rincresciosa lotta al covid 19.

         Chi canta prega due volte, diceva sant’Agostino. Auguriamoci, allora, che questa duplice supplica al Signore dal tempio della musica leggera italiana diretta, guarda caso al nome, dal bravo Amadeus, possa maggiormente intenerire i cori celesti e ben disporli a farci camminare più speditamente verso la luce in fondo al tunnel! Nella resilienza della covidianità sembra chet utto possa ripartire da lì…da dove eravamo rimasti!

         Siamo in gennaio, il mese dell’Epifania che tutte le feste porta via; raccomandiamoci ai Re Magi e chiediamo loro di portare al Bambin Gesù il dono di trasformare le nostre speranze nella certezza di quella rinascita agli indispensabili contatt iumani…perché una vita senza abbracci è come un fuoco senza fiamma!

         Intanto, di nuovobenvenuto a te 20ventuno e Buon Anno a tutti!

 

Accogliendo il 20ventuno  gennaio 2021

         L’atteso 20ventuno di certo non poteva che accommiatare con un abbraccio il  suo perfido predecessore 2020. Allora gli ha dato una gomitata di disprezzo e lo ha mandato fuori dal tempo. E così al rituale conto alla rovescia, varcando le soglie del mondo, è giunto tra noi con le più belle delle intenzioni possibili tra spumanti stappati, scintillio di colori e fremiti al cuore.

         Intanto, scorgendo “quest’atomo opaco del male”, non ha potuto fare a meno di fissarlo negli occhi e dargli un consiglio: “E tu ora, misero vermiciattolo, cerca di non indurmi a cambiare idea!”.

vendredi 15 décembre 2023

In natalizia covidianità  dic. 2020                   

         Eccoci in pieno periodo di avvento, tempo in cui attendiamo con ansia la venuta del Salvatore; quest’anno, intanto, siamo anche animate dalla speranza che il Divino Bambinello, scendendo dal cielo, ammanti la terra nella tranquillità di un future più sereno. Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. A quegli uomini, cioè, che almeno in questo periodo di pandemia hanno voglia di collaborare coscienziosamente per il benessere di tutti e su tutta la terra. Già da inizio novembre abbiamo cominciato a chiederci a come sarà il Natale 2020. Ebbene sarà esattamente così come ce lo siamo e ce lo stiamo ancora preparando tutti noi che lo festeggeremo anche questo 25 dicembre di questo fatidico ventesimo anno, primo «quarto», del terzo millennio!

         Qualche anno fa, quando il covid venne a nascodersi in mezzo a noi, vennero a formarsi tre distinte piattaforme sociali per combatterlo o perlomeno renderlo il meno aggressivo possibile. Fu la medicina in primis a fargli da scudo e a tenerlo a bada in modo encomiabile ed eroico nonché in maniera esemplare e scientificamente adatta allo scopo. Luminari di tutto il mondo diagnosticarono all’unanimità la stessa linea di difesa e si trovarono pure tutti d’accordo nel dettare leggi sul da farsi: una mascherina di protezione, un frequente lavarsi le mani, uno stretto distanziamento sociale; e già da allora vaticinarono pure, e sempre di comune accordo, un eventuale vaccino la cui lavorazione è puntualmente in via di sviluppo anche se, a scorno dell’iniziale solidarietà collaborativa, ogni Paese adesso è in corsa alla ricerca di quello proprio;  nello stesso tempo si sentenziò pure di doversi adeguare a delle nuove abitudini di vita perché più nulla in futuro sarà come prima per noialtri comuni mortali che dobbiamo, obtorto collo, farcene una ragione!

         Tutto sommato in questo trascorso anno di pandemia, a trovarsi tra l’incudine e il martello forse sono stati proprio i governanti. Si sono improvvisamente trovati tra le mani una scomoda patata bollente, se non addirittura una bella gatta da pelare. Hanno dovuto imporre le norme sanitarie suggerite dalla medicina e hanno dovuto cercare, nello stesso tempo, di venire incontro alle più disparate esigenze delle attività sociali: lavoro, economia, sport, cultura, spettacolo, divertimento, educazione, insegnamento e chi più ne ha più ne metta. E, come sempre accade in emergenze del genere, se accontenti questo scontenti quell’altro e, come fai fai, ti verrà puntato a prescindere l’indice contro! Ditemi quello che volete ma, dando uno sguardo intorno al mondo, soprattutto in quei Paesi che si spacciano per democratici, mi sa che qui in Canada possiamo ritenerci di buon esempio in questa ancora dilagante covidianità. Ciò premesso, tutti i governi hanno messo i necessari paletti di protezione per affrontare la seconda ondata ed ora stanno prendendo anche le richieste misure per farci trascorrere un sereno Natale, onde evitare una malaugurata terza ondata. Intanto, quali sono le nostre reazioni popolari faccia a faccia a queste loro non facili prese di posizione…a sfondo natalizio?

         Si disse che il covid era giunto su terra per richiamare l’uomo ad una più saggia normalità di vita; se ben ricordo anch’io sottolineai, in un mio primo scritto a riguardo, che questo piccolo atomo terrestre era giunto a ritenersi un padreterno in terra. Ora che è quasi giunto Natale sembra che suddetto pentimento non sia più di dovere e che, almeno per queste festività più suggestive dell’anno, un po’ di più gioia e di più godimento ce lo meritiamo proprio, anche se il nostro nemico è sempre lì in agguato. Cosa ci costa, allora, accettare  di buon grado le norme suggerite  ed  approfittare dell’atmosfera natalizia sia per adattarci alle necessità covidiane e sia per finalmente assuefarci ad una più conveniente normalità? Sono proprio necessariinumerosiassembramenti e le abbondanti tavolate per accogliere il Bambinello e per dare il benvenuto al Nuovo Anno? Quante volte in passato ci siamo rimprovetrati di dare più importanza ai festeggiamenti materiali, anziché prendere in considerazione pure i valori spirituali di queste sante feste? Ed allora rimettiamoci la mano sulla coscienza e cerchiamo di non lamentarci troppo della presenza del virus in mezzo a noi: tutto sommato ci sta porgendo l’occasione di trascorrere un sereno Natale nella gioia della famiglia e nel calore del focolare domestico come ai nostalgici tempi di quando «si stava meglio quando si stava peggio».

         D’altra parte resta fermo un punto: più nulla in futuro sarà più come prima perché con il covid 19 dobbiamo imparare a conviverci! E questo, come in ogni altra cosa che richiede una giusta capacità di adattamento, chi ha la saggezza di farlo lo sta già facendo; chi, invece, non ha il giusto senno per farlo, non vi si abituerà mai…anzi continuerà a parlarne a vanvera senza accorgersi di seminare panico e di stressarsi senza motivo; in questo sopraggiunto clima di convivenza non trascuriamo, dunque, di mettere in agenda il rispetto delle norme, di noi stessi e soprattutto degli altri…se vogliamo realmente avere la meglio sul virus!

vendredi 17 novembre 2023

 

 L  A    C  O  V  I  D  I  A  N  I  T  À

Benché umiliato dalla pandemia, l’uomo

    
                                      ne è uscito ben più rigalluzzito!

In orante covidianità      settembre 2020

         Causa virus i luoghi di culto sono stati tra i primi a chiudere le porte e tra gli ultimi a riaprirle; tutto questo ci ha portati a tenerci in contatto con l’Alto in modo, è veramente il caso di dirlo, completamente «virtuale».

         È stato solo qualche mese fa che anch’io, al richiamo delle sue campane, mi sono recato nella Maria Ausiliatrice per il mio primo ingresso post-covid in chiesa: per il momento preferisco andare a messa a quella meno affollata delle cinque pomeridiane. Precluse da cordoncini colorati, in molte file di banchi è vietato sedersi per la nuova moda del distanziamento sociale; nonostante questo la presenza in chiesa, al pari del peso sulla luna, è ancora la metà della metà: cosa ti prende, mia cara gente? Hai paura del contagio anche nella casa di Dio? Suvvia, coraggio: penso che il Signore, almeno la Sua dimora, la tenga ben disinfettata!  Entro, prendo posto e, mascherina al volto come tutti glioranti, mi guardo intorno. In alto, su due mensole ai lati del presbiterio, la Madonna da un lato e dall’altro san Giuseppe: la mamma e il papà di Gesù; tutt’intorno alla vasta navata, sui mosaici delle vetrate, i fatti salienti del passaggio del Cristo in terra; alla sinistra di chi guarda un vistoso crocifisso; ma lo sguardo viene immediatamente attratto dal Risorto illuminato dai potenti raggi di un sole radioso! Le braccia protese agli astanti il Figlio prediletto sembra dire: «Io sono la via, la verità e la vita».

         Ma cosa ha fatto l’umanità da duemila e rotti anni a questa parte? Quali momenti e quali azioni del figlio dell’uomo ha preso ad esempio per rendersi meritevole del regno promesso? Per comodo o per convenienza si è menata subito per la scorciatoia; ha scartato le rinunce ed i sacrifici e si è messa orgogliosamente sul cammino che porta alla gloria; ha scansato le ombre e si è immerae nella luce; senza passare dal Golgota ha scalato repentinamente il Tabor non considerando che tale corsa poteva costarle cara: ha fissato lo splendore, ma l’improvviso bagliore l’ha accecata! La vista abbagliata, ha perso il controllo delle sue cose e non ha più Saputo gestire i tempi del suo operato; è caduta in confusione e, dinanzi alle provette del suo laboratorio, invece di schiacciare il bottone della vita ha digitato quello della morte, dando la colpa al covid per le tenebre che sono venute ad oscurare il cielo sul suo capo.

         Nella Maria Ausiliatrice, dopo l’ite missa est, non si esce più dall’entrata pricipale, ma bisogna farlo da quelle laterali che danno nel parcheggio; seguendo le frecce per l’uscita sulla sinistra bisogna passare sotto il crocifisso e attraversare la cappella delle mamme coi bambini: non sarà che per diventare buona, l’umanità, debba pentirsi e ritornare bambina?

 Ma non dimentichiamo che l’umanità non è un termine astratto: l’umanità siamo ognuno di noi!   

 

In danzante covidianità    novembre 2020

         Uno dei settori più frustrati dalla pandemia è quello dello spettacolo e della cultura; purtroppo proprio quelli che hanno a che vedere con il sacrosanto riposo settimanale, nonché per un giusto nutrimento mentale. Fortunatamente in «campo sportivo» c’è stata una certa ripresa delle manifestazioni anche se, per precauzioni antivirus, a porte chiuse. Intanto sembra che la maggiore problematica adesso sia legata alle «piste da ballo»: discoteche e danze sociali…giovani da una parte ed anziani dall’altra. Sono questi i luoghi ancora più soggetti a rischio e ancora maggiormente penalizzati…purtroppo!

          Punto fermo della covidianità è stato, sin dall’inizio, l’isolamento e il distanziamento sociale; questo è l’antidoto e non ci sono se e non ci sono ma che tengano: se si vuol sopravvivere bisogna evitare i contatti stretti e tenersi lontani il più possibile, a parte tutte le altre sante regole di igiene personale e pubblica. Poiché centri d’age d’or e discoteche comportano assembramenti di una certa portata, gestire queste attività e conciliare detti punti in contrasto è risultato difficile ed ha richiesto un compromesso di saggia dose di buon senso civico non indifferente. Difatti, come fa l’uomo, questo animale socievole, a tenersi alla larga dai suoi simili e non concedersi il godimento di sani svaghi ricreativi e di relax? Come fa la nostra terza età a privarsi di quegli incontri «ballerini» che ripagano sacrifici e rinunzie in una vita intera? È una vera tortura a cui si è cercato di sfuggire anche sfidando i divieti di circostanza o facendo finta che il covid fosse già qualcosa del passato. Non me ne vogliano neanche i giovani, ma sembra proprio questo l’attuale andazzo pure degli amanti della discoteca.

         Ciò premesso, cari voi negli anni verdi e cari voi dai capelli d’argento, mi permetto di farvi presente che nella filosofia scolastica l’uomo è definito come «animalis rationalis». Non pensate che sia appunto questo il caso di saper fare uso di questa umana facoltà razionale? C’erano buone speranze di una ripresa; ma sembra che siano state distrutte dal comportamento impulsivo cui ho appena accennato. La prevista seconda ondata, infatti, si è verificata e, guarda caso, ha preso di mira pure i giovani che sembravano aver quasi dimenticata la presenza in mezzo a noi del covid. Fortunatamente in questa ricaduta la medicina è pronta all’assalto e sa cosa fare; ma noi umani cosa abbiamo appreso dalla lezione del coronavirus? Se non vogliamo veramente cadere nel baratro, cerchiamo di uniformarci alle nuove norme che il governo ha dovuto imporci almeno per questo colorato mese di ottobre, cercando, una tantum e almeno quando è nel nostro interese, di agire da «animalis rationalis»! 

mercredi 1 novembre 2023

 L  A    C  O  V  I  D  I  A  N  I  T  À

    Se il meditare sul covid è stato utile,

                 perché non riprenderlo in considerazione?

In interrogativa covidianità  agosto 2020

Una delle tante cose che ci chiediamo in questo periodo di pandemia è questa: «Cosa ricorderanno i nostri figli, una volta grandi, di questo scombussolamento covidiano?».

 Vi rispondo subito con un’altra domanda: «Cosa ricordiamo noi, attuali nonnini, di quei catastrofici scombussolamenti causati dalle due guerre mondiali?». Di bombardamenti e di coprifuoco non ricordo niente anche perché, forse, vivevo in un piccolo paesino di provincia; ma di soldati, soprattutto americani, me ne ricordo eccome ed anche molto bene. Mio zio era proprietario di un mulino ad acqua e quindi si affacciavano spesso da quelle parti per scroccare qualche pranzo. Personalmente ricordo che, quando sentivo il motore delle loro jeep, subito scappavo ai bordi della strada e loro mi gettavano scatolette di corn-beef o blocchetti di cioccolata; e ricordo pure che all’asilo infantile ci davano la «farinallatte» bianca e appiccicosa alle labbra: tutto sommato…quasi dei cari ricordi! Noi, piccoli di allora, la guerra non l’abbiamo vissuta direttamente sulla nostra pelle, ma le conseguenze di quelle «nuove abitudini», da essa provocate e a cui dovevamo adattarci, ci hanno spinto sin qui in quest’America lontana: in un Nuovo Mondo!

         Ed allora oggigiorno, in questa nuova covidiana realtà, cosa stanno vivendo i nostri figli? Di cosa ci sentono continuamente parlottare? Immagino che quest’obbligatorio uso della mascherina sarà di certo il ricordo più simpatico e caratteristico che si porteranno dietro con più affetto e nostalgia. Ricordo che quand’ero piccolo io, appena entrati in classe, i maestri come prima cosa ispezionavano le nostre mani e soprattutto le unghie per accertarsi che fossero pulite. E ricordo pure che nei luoghi pubblici e nelle strade passavano sistematicamente degli impiegati comunali per una disinfettazione a base del famoso DDT (diclorodifeniltricloroetano), popolarmente detto «u flit». E voi volete che i nostri figli non si ricordino di questo accurato lavarsi spesso le mani e di questa scrupolosa pratica dell’igiene personale? E scommetto che anch’essi tutte queste cose,  che oggi vivono con gli occhi dell’innocenza, domani, forse, le rivedranno come in un alone di nostalgico sogno! Naturalmente nel nastro della loro memoria resteranno pure le tante «chiacchiere» dette e ridette, scritte e riscritte, lette e rilette virtualmente on line o sentite attraverso radio, televisione ed altri mezzi moderni di comunicazione…chiacchiere dei soliti sapientoni di occasione che, anziché allontanare il contagio, diffondono panico e confusione. Tanto per non andare troppo per le lunghe, un’ultima domanda me la faccio io personalmente che mi chiedo cosa penseranno i nostri figli, una volta grandi, degli abituali litigi e polemiche tra virologi e politici ed anche tra virologi e virologi nonché tra politici e politici per cercare di dare una giusta soluzione a questo benedetto covid 19. Non sarà che, soffocati da tanto fumo e niente arrosto, non se ne vadano a cercar fortuna sulla luna o su di un altro pianeta?

Appena spuntato, il coronavirus dall’est, tutto il globo si è dato la mano per un esemplare girotondo di pace e di benessere; ma già sembra che ognuno abbia dimenticato questo saggio proposito e che, anche in tema di pandemia «passata la festa, gabbato lo santo». Ah scusate, visto che sto parlando dei nostri figli, c’è ancora un altro interrogativo che mi pongo. Possibile che non si trovi un giusto compromesso e non si  opti per un comune accordo almeno per questo già iniziato rientro a scuola, facendo in modo che almeno una volta l’opposizione non intralci il partito al potere? È mai possibile che col virus ancora in giro, e quindi ancora a tu per tu con la morte in faccia, non si sappia prendere una decisione giusta ed unanime nemmeno quando sono in gioco gli albori stessi della vita?

         Riuscirà, qualche sciagura naturale o qualche sventura umana, a rendere l’uomo più buono? Non penso perché, se così fosse, ci sarebbe riuscita a farlo la peste di Atene che, guarda caso, spazzò via, con buona parte della sua famiglia, anche il grande Pericle, colui che aveva portato all’apogeo la Grecia del quinto secolo avanti Cristo. Penso che l’uomo resterà in eterno o figlio di Caino o figlio di Abele…che piova o che splenda il sole; per diventare buono dovrebbe «sapersi» fare un buon esame di coscienza!

 

In lavorativa covidianità   settembre  2020  

         Scongiuri di rito ed amuleti di buona fortuna alla mano onde evitare un’eventuale seconda ondata del covid 19, sembra quasi che le lancette dell’orologio stiano pian pianino riprendendo il loro quotidiano ticchettìo intorno al mondo. Intanto bene o male già ci siamo quasi adattati a quelle nuove modalità di vita che il virus ci va imponendo; ed infatti sono già parecchie le nuove normalità a cui ci stiamo assuefacendo per camminare sottobraccio alla covidianità.

         Naturalmente uno scossone di vasta portata lo sta subendo di certo il settore lavorativo: manuale, di concetto o digitale che sia, le fabbriche ancora non si riprendono, il mondo dello spettacolo è ridotto al minimo e in tutti gli altri settori o ci si arrangia o si arranga. Comunque in nessun posto di lavoro il buon giorno del mattino, il saluto della chiusura, le pause caffè o la sosta pranzo sono come quelli, lieti e spensierati, dell’anti covid. Si fa di tutto per rimettersi in sesto, ma l’umore collaborativo e il contatto fisico di una volta sembrano quasi essere stati messi sotto gamba dal lavoro a distanza. Si lavora per la stessa impresa, ma non ci si può guardare in faccia, non ci si può scambiare sguardi di complice sostegno né, tantomeno, sentirsi uniti dalla soddisfazione di collaborare tutti insieme lì, presenti in loco. In poche parole va sempre più prendendo piede il telelavoro, che prima della pandemia era appannaggio di pochi eletti privilegiati. Ma quello che è più preoccupante è come gestire in sanitaria sicurezza quei lavori prettamente manuali che, magari, richiedono anche una collaborazione gomito a gomito. Il virus si è già messo alle spalle la prima metà di questo sconcertante 2020 e intanto l’uomo si chiede ancora che ne sarà del nostro immediato domani ed anche di quello più lontano: che scia lascerà nel futuro questo drammatico presente? C’è all’ordine del giorno una nuova normalità, una diversa maniera di agire a cui adattarsi per poter sopravvivere: saprà, l’uomo, travare la giusta via per continuare il cammino? È preparato ad affrontare questo differente modus vivendi?

         Ma vogliamo ritornare per un momento indietro nel tempo? Anche in passato ci sono stati dei momenti che ci hanno dato delle preoccupazioni economiche. Ricordo, negli anni 70, lo sbarco in fabbriche ed aziende di robot e mezzi computerizzati: erano macchinari che potevano rimpiazzare la manodopera di più lavoratori e, quindi, avevano la capacità di aumentare gli introiti diminuendo le paghe e di mettere, di conseguenza, gente sul lastrico! E quale gente finiva sul lastrico? Le vecchie manovalanze che, sebbene esperte e competenti, non erano pertanto in grado di familiarizzare con i nuovi congegni della tecnica moderna. Intanto, col tempo, quegli allarmi di allora si sono andati man mano attutendo ed ognuno si è automaticamente assuefatto a quel nuovo fare che, ormai oggi giorno, è anch’esso invecchiato. In quel frangente ebbi a scrivere in qualche mio componimento che, forse, l’uomo «per suo danno il suo progresso impasta» ed in un altro punto che «avvantaggiando il futuro dell’umanità, spesso il progresso rovina il presente dell’uomo». Cabala o non cabala, corsi e ricorsi storici che dir si voglia, mi sembra che si tenta spesso di assestare l’economia mondiale favorendo le fulve chiome giovanili e quelle dorate delle genti mature a scapito di quelle argentate della canizie senile. Non è giunta anche al vostro orecchio la teoria del ringiovanimento della specie umana per ristabilire un giusto equilibrio nell’economia sociale? A tale proposito un bel bravo a te, uomo: quanto sei grande! Dopo essere riuscito a creare la vita in vitro, adesso vai anche rimproverando Iddio per aver messo troppa gente sulla faccia della terra!